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Eccidio dei 54 Martiri di Bellona

Post n°2 pubblicato il 17 Gennaio 2007 da anfimcampania

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, le truppe tedesche operanti in Italia compirono contro inermi popolazioni civili numerosi atti di violenza e di sopraffazione.Soprattutto in Campania, il crescente timore che l'insurrezione napoletana delle Quattro Giornate potesse ripetersi altrove, trasformando il territorio in un campo di battaglia infido ed insicuro, spinse i tedeschi a prevenire ad ogni costo, o a reprimere con la maggiore durezza possibile, atti di ostilità e di sabotaggio che avrebbero loro impedito di muoversi con la sicurezza necessaria per la prosecuzione delle operazioni militari. In siffatta situazione a Bellona, isolata dai centri della pianura campana dopo il crollo dei ponti sul Volturno, non poteva di certo svilupparsi un sistema complesso di resistenza organizzata. E tuttavia, pur in un quadro di cosi gravi difficoltà, si svilupparono le prime manifestazioni di insofferenza e di resistenza passiva della popolazione che si concretarono dapprima nella mancanza di collaborazione e, successivamente, nel tentativo, pressoché generalizzato, di sottrarsi al lavoro coatto sovente imposto dai tedeschi.Già ai primi di ottobre si ebbero nelle campagne bellonesi le prime vittime. In contrada Ferranzano vennero trucidati i tre fratelli Antimo, Gennaro e Giuseppe Cafaro.La tensione assumeva, quindi, con il passare dei giorni toni che destavano una crescente preoccupazione nei tedeschi. Testimonianza di questo stato d'animo era un manifesto affisso in pin parti del paese, che nel contenuto richiamava il proclama del 12 settembre del colonnello Scholl, comandante della piazza di Napoli: ogni soldato tedesco ferito o ucciso sarebbe stato vendicato cento volte.
L’episodio che scatenò la rabbia dei tedeschi accadde la sera del 6 ottobre. Due, secondo alcuni, tre, secondo altri, soldati tedeschi entrarono in un'abitazione di via della Vittoria, oggi via 54 Martiri, e tentarono di far violenza ad alcune donne. Contro di loro reagì il fratello di una di queste che, per difendersi dalle armi da fuoco dei soldati, lanciò una bomba e uccise uno dei militari. L’altro, ferito, riuscì a fuggire informando dell'accaduto il comando del reparto insediato alla periferia del paese. La mattina seguente, sul far del giorno, numerosi gruppi di militari tedeschi circondarono il paese, bloccandone le vie di accesso. Altri gruppi scatenarono una feroce caccia all’uomo, mettendo a soqquadro ogni casa. Circa duecento persone vennero catturate e concentrate nella cappella di S. Michele. Alle grida disperate delle madri e delle mogli si rispose che i loro uomini sarebbero stati condotti al lavoro. Poi, a gruppi di dieci, secondo un progetto di sterminio di massa che per la prima volta veniva inaugurato sul territorio italiano contro civili indifesi, le persone catturate raggiunsero una vicina cava di tufo e qui vennero passate per le armi. Ad uno dei gruppi vennero associati quattro militari, rimasti senza nome, probabilmente arrestati lungo il percorso dalla cappella alla cava. Cinque gruppi raggiunsero la tragica destinazione. Il sesto fu fermato ad un centinaio di metri dal luogo dell’esecuzione e cosi pure il settimo, da poco uscito dalla cappella di S. Michele. Dopo l'esecuzione, le pareti della cava vennero fatte crollare con delle mine. I corpi vennero cosi sepolti sotto un'enorme massa di terriccio che la pioggia di quei giorni rese oltremodo duro e compatto.
Nel pomeriggio dello stesso giorno il paese fu fatto evacuare e nessuno conobbe il destino dei Cinquantaquattro. Solo il 17 ottobre, all'arrivo delle prime pattuglie inglesi, il crimine consumato fu scoperto in tutto il suo orrore. Le tragiche vicende dell'eccidio riemergono dalla lontananza del tempo attraverso le testimonianze di coloro che vissero in prima persona quei giorni tremendi. I familiari di alcune delle vittime ci introdurranno in quell'atmosfera di atrocità e di sofferenze che investì loro stessi,
i loro cari e la comunità bellonese. In questo coro di voci, manca il dolore delle madri, segno di un limite che non si e mai voluto oltrepassare e che l’inesorabile trascorrere del tempo ha oggi cancellato del tutto.

 
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