UNA DONNA PERDUTA

Post nostalgico


Abbiamo perso la capacità di arrossire. E questo è grave perché significa che non c’è più vergogna. Significa pure sfacciataggine, arroganza, presunzione, disprezzo. Tutte cose queste che pur non essendo determinanti segnano la fine del mondo alla Jane Eyre, alla Thomas Hardy. Quel mondo  che – lo leggiamo nei libri di fine ‘800 – si muoveva in lentezza, nell’eleganza del linguaggio, nella pudicizia dei sentimenti. Non che non vi fossero i mascalzoni, ma erano una minorità esigua, una deviazione della natura, la classica eccezione alla regola di un mondo controllato dall’onore e dall’integrità morale. Non si ammazzavano i neonati per rubare pochi euro. Non si abbandonavano le navi per salvare la pelle. Certo, i serial killer c’erano anche allora, basti ricordare Jack lo squartatore in Inghilterra, Landru in Francia e Vincenzo Verzeni in Italia, ma erano gli esponenti di inconcepibili depravazioni umane. Poi, come una pietra che rotola o piuttosto come una valanga che s’ingrossa sempre più man mano che rovina a valle, così il crimine si è gonfiato fino ad assumere oggi una connotazione di ordinaria follia. Ordinaria, abituale, comune. Tanto comune che quasi comincio a sentirmi disadatta a questa società. Se avessi un figlio oggi non saprei davvero quale strada indicargli per agevolargli la vita. La furbizia, la disonestà, l’imperizia e l’irresponsabilità sono gli ingredienti base di un comportamento umano sempre più praticato e scimmiottato. Perché faticare, sacrificarsi, aspettare quando il successo sociale si può ottenere in minor tempo e con meno sforzo? Ed ecco la negligenza nello studio, i Grandi Fratelli, le piccole furbizie quotidiane, i furtarelli da supermercato, le truffe ndo' cojo cojo, l’assassinio (impunito, ahimé!). Non si può tornare indietro, ma ho nostalgia di un mondo perduto intriso anche di sottile ipocrisia, indispensabile per allontanare l’uomo dalla sua barbarie e per contenere le sue intemperanze di essere primordiale e rozzo.  Ed ecco anche perché detesto le persone “sincere”, quelle capaci delle peggiori turpitudini verbali pur di dimostrare quanto sono sincere e vere. E benedico quelle che inghiottono parole di verità affilate come mannaie sull’anima e, magari, si dileguano arrossendo.