UNA DONNA PERDUTA

Paolina Bonaparte


Paolina era bella, decisa e ardita, un mix che spalanca le porte del mondo. I tempi erano duri, l’inetto re Luigi XVI aveva perso la corona con tutta la testa e al suo posto regnava una gran confusione. Non è certo se Paolina e sua sorella Elisa si dessero per fame al meretricio che ancorché illegittimo poteva, data la situazione,  essere comprensibile. E’ certo che per un po’  fece la cameriera e la sartina. A 15 anni si innamorò follemente di un uomo brutto che metà bastava, più vecchio di lei di 25 anni, con amante e figli al seguito. Quando Napoleone lo seppe andò su tutte le furie e le impose di sposare un certo Leclerc, giovane ma altrettanto brutto ufficiale, di bassa statura come il suo  futuro imperatore e come tanti altri personaggi che hanno fatto la storia, da Giulio Cesare a Cavour, da Mussolini a Berlusconi, da Stalin a Tito, a riprova della giustezza di certi detti popolari. Paolina obbedì, ma non si fece mancare niente. Le sue “distrazioni” erano infinite. Aveva stuoli di ammiratori che usava e gettava senza rimpianti né rimorsi finché suo fratello non la spedì, al seguito del marito, nelle Antille che nel frattempo si erano ribellate al dominio francese. La traversata fu lunga e noiosa e Paolina ammazzò il tempo sbatacchiandosi a turno (ma anche tutti insieme) i più giovani e aitanti ufficiali e prendendo il sole nuda sul ponte della nave. Non fu facile dominare la rivolta a Santo Domingo, capitanata dall’indigeno Toussaint-Louverture, ma alla fine Leclerc ci riuscì. Quella che invece non riuscì a debellare fu la febbre gialla che se lo portò via mentre malediceva Napoleone (“Ha voluto uccidermi. Ha voluto uccidermi”) e benediceva la moglie e la Francia. C’è da dire che un’epidemia come quella non si era mai verificata in nessun altro luogo, ma neanche questo o forse proprio per godere al massimo della vita in un momento di morte, Paolina si dette alla pazza gioia in un fandango di balli, banchetti e balletti verdi. Non si negò neanche agli indigeni. Subito dopo la morte del marito decise di tornare in Francia con la salma e in mezzo al mare annegò il suo dolore tra le braccia del contrammiraglio Huber. E non solo. Si vestì a lutto pur continuando a spogliarsi, fino a che Napoleone, infastidito, non trovò altro rimedio che darle un nuovo marito e la scelta cadde su Camillo Borghese un nobile romano, brutto, ignorante, volgare ma ricco sfondato. Paolina accettò, insistendo comunque con la sua vita libertina e indipendente. Ma a Roma si annoiava nonostante i tanti amori e il matrimonio con Camillo, che lei chiamava “l’eunuco”, si stava irrimediabilmente sfaldando sotto i colpi degli illimitati tradimenti. Tornò a Parigi dove riprese la vita di sempre tra amori di una notte, una settimana, un mese e poi via tra soggiorni termali di cui era maniaca e danze e ricevimenti sfarzosi. La fine arrivò con la morte di Napoleone a cui era legatissima, con i tradimenti che subì dai suoi ultimi amanti e anche da suo marito che nel frattempo si era innamorato di Margherita Lante della Rovere, ma soprattutto con i suoi furori uterini. Il famoso ginecologo che la visitò le diagnosticò “una grave forma d’isteria sessuale, di eccitazione nervosa sconfinante con la ninfomania”, verdetto confermato anche da altri specialisti che aggiunsero il sospetto che Paolina si abbandonasse al piacere solitario “usando pretestuosamente cannule e tubi”. Fatto sta che a soli 45 anni Paola Bonaparte, ormai ridotta a una figura scheletrica, pallida e sfinita abbandonò la vita che aveva tanto amato. Di lei ci resta la meravigliosa scultura di Antonio Canova conservata nella Galleria Borghese a Roma.