UNA DONNA PERDUTA

Mi piaceva tanto


Mi piaceva tanto l’Italia. Dopo gli anni passati in paesi stranieri di abitudini e di sentimenti, sognavo di tornare al paesello, ricca e spietata come il Conte di Montecristo. Sono tornata, ma ho trovato le macerie e i graffi dei leoni, anzi, no, delle iene. E’ tutta artigliata, povera Italia mia, e perde brandelli ogni giorno mentre branchi di parassiti la divorano. Sono parassiti in doppio petto, ma anche zecche nere senza scarpe e nessuno trova un DDT per disinfestare. Sacralizzata dai ricordi e dalla nostalgia, l’Italia dei miei pensieri era il paradiso dove “basta che ce sta ‘o sole e basta che ce sta ‘o mare”, ma il sole non ce sta più coperto da nuvoloni neri e scie torbide e il mare è meglio guardarlo da lontano, almeno non ti impregni di escherichia coli, cioè batteri fecali, cioè merda. Se ne trova già tanta sulla terraferma. Mi piaceva perché ogni sasso era un racconto, ogni fenditura una storia, ogni albero era una leggenda: ma quanti cavalli aveva Garibaldi? Mi piacevano la fantasia, la voglia di cantare, l’arte di arrangiarsi, l‘inventiva e l’assenza del domani. Mi piacevano persino i giorni senza misericordia, quelli del terrore e degli ammazza-ammazza che so’-tutti-‘na-razza perché nella mia giovanile stupidità ci vedevo un passo avanti verso la gloria dei tempi. Mi piaceva tanto l’Italia che è il paese dove sono nata e dove sono cresciuta con i principi e i valori delle generazioni giuste, quelle di mio padre e di mio nonno che era partito per le Americhe su un battello traballante, da solo, lui e la valigia di cartone con dentro il suo mestiere e tanta voglia di fare e quando era arrivato a Nuova Yorche aveva dovuto subire l’umiliazione dell’Ufficio immigrazione a Ellis Island, l’Isola delle Lacrime, del dormitorio pubblico, della fame un giorno sì e l’altro pure, di una società e una lingua ostili. Non osino i buonisti cretinisti paragonare i nostri immigrati alle sanguisughe che infestano oggi il nostro territorio. Quelli erano uomini!
In Italia io ho studiato e mi è stata raccontata una storia di orgoglio e di conquiste, di piazze e colonne e bastioni, di gole tra i monti e di fiumi o tutti accoppati.
La storia di un popolo, sì, di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori e trasmigratori come recitano le parole volute da Mussolini sul Palazzo della Civiltà Italiana all’EUR che di italiano non ha più niente perché è stato venduto ai francesi pure quello. Come sono state vendute la speranza, la laboriosità, la fierezza, la voglia degli italiani. E adesso che sono tornata, sfinita dalla delusione e dall’inganno, ho voglia di scappare dalle macerie fumanti, dalle ferite che non cicatrizzano in un’Italia che non mi appartiene, dove non sono nata, non sono cresciuta, non ho studiato e dove non voglio morire.