UNA DONNA PERDUTA

Il Papa che prega Allah è meglio se resta allà


di Mario GiordanoSarà pur stata un’“adorazione silenziosa”, e non una vera e propria preghiera. Sarà pur stato un gesto simile a quello compiuto da Benedetto XVI nel 2006, come s’affanna a precisare il preoccupato portavoce della Santa Sede. Sarà tutto quel che si vuole, ma fa un certo effetto vedere il Papa che si mette a mani giunte verso la Mecca nella Moschea Blu di Istanbul, mentre l’imam recita i versetti del Corano. (Io non ci volli nemmeno entrare per non togliermi le scarpe e dare loro sia pure quel minimo di credito). E fa ancor più effetto pensare che quel Corano è lo stesso che, poco distante da lì, gli islamici usano per eccitare le folle a squartare i cristiani, a impalarli e crocefiggerli. A spazzarli via. C’è un contrasto troppo forte fra il Papa che rispetta fino all’ultimo tutti i riti dell’Islam, si toglie le scarpe e s’inchina al “mihrab”, e gli islamici che a pochi chilometri dalla Moschea Blu non rispettano nulla dei cristiani. Non le loro chiese, non le tradizioni, non i riti. E nemmeno la loro vita. Papa Francesco vuole dialogare con l’Islam, si capisce. Ma come si fa a dialogare con chi non vuole farlo? Come si fa dialogare con chi vuole solo abbatterti? Come si fa a dialogare con chi vuole piantare la bandiera del Califfato in piazza San Pietro? Il dialogo è una parola bellissima, che permette discorsi straordinari, preghiere comuni, gesti esemplari. Ci si toglie le scarpe insieme. Ci si inchina alla Mecca. Ci si trova d’accordo con l’imam e il gran muftì. Ma poi, in realtà, gli islamici non vogliono dialogare. L’hanno dichiarato apertamente: vogliono conquistarci. E distruggerci. L’Islam buono e l’Islam cattivo? Una favola. Se fosse vero che i terroristi sono pochi fanatici marginali, non li avrebbero forse già messi a tacere? Non li avrebbero combattuti? Non li avrebbero almeno condannati con durezza? Invece no. Non sento dure condanne unite del mondo islamico contro gli orrori dei tagliagole. Non vedo mobilitazioni dei pellegrini della Mecca per fermare le mani dei loro confratelli. Non vedo fremiti di sdegno contro i massacri che vengono perpetrati contro i cristiani. Anzi: vedo silenzio. Quasi compiacimento. E, anzi, vedo fremiti di anti-cristianità che scuotono tutto il mondo arabo e arrivano perfino in Paesi fino a ieri laici e nostri amici. A cominciare proprio dalla Turchia che sta scivolando sempre di più nell’Islam radicale, che non a caso sostiene sottobanco le milizie dell’Isis. E il cui presidente Erdogan ha appena riunito i 57 Paesi islamici per incitarli alla rivolta contro di noi: «L’Occidente ci sfrutta, vuole le nostre ricchezze – ha detto -. Fino a quando sopporteremo?». Qualcuno ha cercato di spiegarmi che c’è pure una differenza tra il gesto di Benedetto XVI (che in moschea si fermò in raccoglimento ma non giunse le mani in preghiera) e quello di Francesco (che invece le ha unite, proprio come se stesse pregando). Se fosse vero, sarebbe un motivo in più per rimanere un po’ perplessi. Ma per rimanere perplesso a me basta, per la verità, vedere un Papa che si rivolge alla Mecca insieme con gli islamici proprio mentre molti islamici che si stanno rivolgendo alla Mecca hanno le mani sporche del sangue dei cristiani.