UNA DONNA PERDUTA

San Rocco e il cane


Si chiamava Roma, che è un nome ben stupido pure per un cane. Non era una parente stretta  e forse proprio per questo ci amavamo molto. L’avevo trovata là in quella grande casa campagnola dove mio padre mi aveva parcheggiato durante le vacanze estive. Era un cane ricco di sentimenti e di pulci e stavamo sempre insieme tranne la notte perché a lei non era permesso entrare in casa. Allora si accucciava sotto le mie finestre e aspettava il mattino attenta ad ogni sussurro, a un respiro appena diverso, a uno sbadiglio soffocato. Appena mi svegliavo mi correva incontro dimenando la coda tanto che temevo le si staccasse per l'agitazione e poi andava a raccogliere un sassetto o un pezzo di legno o qualsiasi altra coserella inutile per giocare insieme o forse perché pensava di farmi felice cosi'. San Rocco e il cane, dicevano, laddove io ero San Rocco e lei, ovviamente, il cane. Un giorno si lascio’ irretire da un bastardaccio pomicione e me la ritrovai d’un colpo circondata da una decina di cuccioli e questo la trasformo’ in una belva feroce con chiunque si avvicinasse, ma non con me. Capii che li avrebbero uccisi, non ho scuse, no. Mi chiesero di distrarla mentre loro avrebbero preso i piccoli e quando mi rifiutai mi minacciarono e io – per viltà! - alla fine la portai, riluttante, lontano dai suoi figli. Non raccontero’ come li uccisero per lasciare, a chi ancora ce l’ha, l’illusione di un'umanità umana, ma io giuro che la mia anima inizio’ a squarciarsi quel giorno. Chiusa, lei non vedeva, non sentiva eppure un urlo alto, lungo, straziato usci’ da quella povera bestia e riempi’ l’aria intorno e penetro’ dentro le mie ossa e il vento fermo' le foglie e persino gli uccelli e le cicale smisero il loro canto e si zittirono, pietosi di tanto dolore. Dopo tanti anni con le ossa ormai indebolite e l’anima ridotta a un brandello sottile pieno di buchi ancora oggi il guaito di un cane mi fa sanguinare e mi riporta inesorabile a quel mio primo atto di infedeltà crudele …