UNA DONNA PERDUTA

I sette peccati capitali


Dei sette peccati capitali almeno cinque mi appartenevano da sempre. Me li ritrovavo addosso a volte con rabbia altre volte con orgoglio, da che mi ricordi. Agli altri due, l’avarizia e l’invidia, mi sentivo estranea. Fino a ieri. Il tempo, si sa, produce strani accordi, leviga e sfoltisce, smussa e acuisce e io mi accorgo oggi di quanto esso abbia lavorato su di me, senza mai interpellarmi del resto. Di fatto, avvinghiati al mio corpo resistono impavidi il peccato di gola, nonostante le molte battaglie combattute e inesorabilmente perse,  e il suo fido alleato l’accidia, altro nemico agguerritissimo. Si sono placati invece, seppure con saltuari sprazzi di vitalità, l’ira, la superbia e la lussuria. Per sopraggiunti limiti di età. Mi preoccupa da qualche tempo l’avanzata a passo pesante dell’avarizia, in parte giustificata dal periodo economico attuale e che si manifesta con piccoli gesti meschini che in alcun modo riparano alla spensierata prodigalità degli anni passati. Altro motivo di preoccupazione è l’affacciarsi nell’animo dell’invidia, della peggiore, quella della vita. E’ un’invidia che non fa male a nessuno se non a me stessa e la allontano con forza, eppure … eppure mi ritorna nell’energia inesauribile di un bambino, nel canto a gola spiegata di una giovane donna, nei moti amorosi dei ragazzi, nella caparbietà di un sogno futuribile, nella sicurezza di un destino, nella baldanza di certuni  verso il tempo ...