UNA DONNA PERDUTA

Prepariamo una bara per il cinema italiano


Il cinema italiano è morto. E’ finita l’era dei mostri sacri del dopoguerra, ora ci restano i tanti Nanni Moretti, Paolo Sorrentino, Marco Bellocchio, cineasti tristi osannati dalla critica di sinistra. Tutta gente che non sa emozionare né raccontare. Pseudo registi che dall’alto della loro presunzione pretendono di indottrinare un popolo che non li sa apprezzare. Un popolo composto, secondo loro, di caproni cretini imbarbariti dalla tv di Berlusconi. E lo fanno con i soldi nostri, quei soldi che lo Stato eroga loro sotto forma di sovvenzioni perché alleggeriscano dagli affanni quotidiani gli animi dei caproni per un paio di ore. E ai caproni italiani non restano che i cinepanettone dei Vanzina o le grandi produzioni americane che loro, gli pseudo registi impegnati, i geni incompresi, disprezzano profondamente e vanno avanti con le loro madrasse cinematografiche predicando e concionando da veri talebani dello schermo. La loro non è espressione della creatività, ma della protervia e se il popolo non li apprezza non resta loro che sciogliere quel popolo e nominarne uno nuovo come diceva Bertolt Brecht. E i critici e gli “esperti” premiano Moretti con la Palma d’oro e Benigni e Troisi con l’Oscar per dei film mortalmente noiosi e soporiferi! Personalmente, con la testardaggine arietina che mi distingue, ho cercato ben tre volte di guardare “La vita è bella” e “Il Postino” e per ben tre volte ho fallito cedendo al sonno dopo la prima mezz’ora di proiezione. Eppure i grandi signori del cinema italiano del dopoguerra – che pure erano quasi tutti di sinistra – crearono i loro capolavori senza le sovvenzioni statali, in modo a volte artigianale, ma con serietà e sacrificio e tanto pregni di sensibilità e passione da restare impressi nella storia della cinematografia mondiale per sempre!  Ricordiamo Rossellini, Monicelli (oggi completamente rincoglionito), De Sica, Visconti, Risi, il primo Fellini e quelli appena più recenti come Bertolucci, i fratelli Taviani, Scola. Non è che non esistano registi di destra che sappiano dare al mondo opere immortali, ci sono … ci sono, si pensi a Zeffirelli o a Pupi Avati o, sia pure a denti stretti, a Squitieri. E’ che – guarda un po’ – loro le sovvenzioni statali non le ricevono, eh no, non sono abbastanza sinistri per meritarle e allora a molti conviene a volte dichiarare un’appartenenza politica a cui essi stessi non credono. E a certi critici sinistrorsi io consiglierei di dedicarsi all’ippica o alla nostra generosa terra di Ciociaria invece di imbrattare la carta su cui riversano le loro recensionucce faziose