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La capacità d’indignarsi ancora. Il 2008 è stato l’anno del 60° della Dichiarazione Universale dei diritti Umani. Ebbene:quale diritto umano è più universale, più naturale, più vitale, del diritto all’acqua? Eppure L’ONU, L’Unione Europea, i G8, la stragrande maggioranza dei governi del mondo compreso il nostro, si rifiutano di dichiarare l’acqua come Diritto Umano e si rifiutano di definire 50 litri di acqua di buona qualità per persona al giorno, come la quantità minima per vivere dignitosamente, così come afferma l’OMS ( organizzazione Mondiale della Sanità). L’ONU non si pronuncia e a Marzo il suo il suo Consiglio dei diritti umani ha rinviato di tre anni il suo rapporto. Ma nel nostro paese nessun politico sembra indignarsi di questo fatto. L’acqua è un Bene Comune? Lo afferma il Compendio alla Dottrina sociale della Chiesa, il CNEL sostiene che l’acqua non è un prodotto commerciale e persino il ministro Tremonti dichiara che non può essere regolato dal mercato. Eppure il 6 Agosto il parlamento italiano ha votato la legge 133 dove all’articolo 23 bis, si fa obbligo ai comuni di privatizzare tutti i servizi pubblici locali, compreso i servizi idrici, dichiarandoli servizi “di interesse economico” in una parola l’acqua potabile diventa un bene economico affidato al mercato. Ma cosa vuol dire privatizzare tutti i servizi pubblici locali? E’ svuotare d’ogni funzione i comuni è minare un fondamento della democrazia: le autorità locali. Cosa resta ai Comuni? Resta solo da gestire le paure dei cittadini per gli extracomunitari. Resta loro da vendere il territorio per fare cassa, “i parchi a Firenze, le coste in Liguria e vendere sempre ai noti speculatori quelli che da 20 anni stanno sulle cronache e corrompono il paese. Oppure, resta loro la facoltà di mettersi a giocare in borsa con i derivati e trascinare i comuni nella bancarotta del sistema finanziario. Questo succede in Italia, ma di questo nessuno si indigna. Ci chiediamo e lo chiediamo alla Lega: che senso ha parlare ancora di federalismo quando tutti i beni comuni fondamentali dei territori, vengono consegnati a delle multinazionali? Assolutamente nessuno! Eppure per questa questione si minacciano sollevazioni di massa. Privatizzare tutta l’acqua potabile del nostro paese è un terribile salto nel buio. E’ privatizzare la vita stessa dei cittadini italiani, giocarsela in borsa, consegnarla al privato a colui che priva, a un cartello monopolistico composto da 4 multiutility ( ACEA – IRIDE – HERA – A2A), 2 multinazionali francesi Suez Lyonnes des eaux e Veolia, alcune banche come il Monte dei Paschi e a imprenditori come Caltagirone e Pisante al centro di ogni “affare” all’italiana. E’ il riproporsi dell’intreccio perverso che sta degradando la politica e le istituzioni nel nostro paese. Per non girare attorno alle parole: le privatizzazioni e l’art. 23 bis., sono la nuova colossale tangentopoli italiana e la conferma che nel nostro paese la questione morale è un grumo trasversale. Eppure nel nostro paese pochi sembrano indignarsi delle privatizzazioni, nemmeno i sindacati. Il Comune di Parigi toglie a Suez e Veolia il servizio idrico e lo riprende nelle proprie mani pubbliche, i paesi latino americani dichiarano nelle Costituzioni che l’acqua è un diritto umano e un bene comune pubblico, nella stessa Europa paesi come il Belgio dichiarano che l’acqua è un bene da gestire pubblicamente. In Italia invece la politica partorisce la legge 133 art. 23 bis e lo fa di comune accordo, con la maggioranza che vota una simile legge e l’opposizione la attacca perché non ha privatizzato ancora di più e con più decisione. Ma nessuno si ribella nel nostro paese, nessuno scende nelle piazze o sommerge con una valanga di mail i propri partiti. Qualche sindaco ha un moto di dignità e protesta, oppone resistenza, qualche coraggioso giornalista denuncia con forza la gravità di quanto sta accadendo, ma l’indifferenza della società civile sconcerta. Sconcerta la opinione pubblica civile…di“sinistra”, quella ancora capace di appassionarsi per dei diritti, che invece sembra ormai orientata ad indignarsi e manifestare, solo per quei diritti che sottendono le scelte individuali: l’eutanasia, la fecondazione assistita, il matrimonio gay, cose importantissime, ma che appunto sottendono la scelta individuale. Liberi di scegliere…ma ciò che si è perso, è la capacità di reagire per i grandi diritti sociali, collettivi e universali: il bere acqua potabile, lavorare con dignità e sicurezza, avere cibo e averlo sano, avere una casa, una istruzione, delle cure, non possono diventare scelte personali, sono diritti alla vita, sono l’art. 3 della dichiarazione universale. Sono imprescrittibili, non li scegli o li hai o muori. L’acqua potabile nelle mani delle multinazionali o della criminalità organizzata, l’aria di cui si vendono le quote di inquinamento, le morti sul lavoro, la mancanza di cibo, la privatizzazione delle Università e della Conoscenza, cancellano, questi diritti universali e collettivi. Ma per questi non c’è indignazione, ne mobilitazione, nemmeno tra i lavoratori, chiusi di fatto in una dimensione corporativa. Solo gli studenti, con la loro lotta si collocano dentro e contro questo passaggio epocale che è la mercificazione dei beni comuni di cui la 133 è la concretizzazione. L’acqua che pure è donna e madre, è fertilità, non suscita reazioni nei movimenti femminili e femministi, non le suscita nei movimenti per i diritti degli omosessuali, eppure il diritto negato all’acqua, discrimina chi non ha i mezzi per pagarla ed è la negazione d’ogni civiltà. Il bene comune chiede a tutti di cogliere l’interesse generale, il contenuto che non divide ma che unifica la comunità, che chiama alla partecipazione. Ecco perché a chiusura del 2008, come Comitato italiano per un Contratto Mondiale sull’Acqua, lanciamo un appello a tutti i movimenti e a tutte le associazioni, affinché condividano la nostra indignazione per l’art. 23bis E’ un appello che rivolgiamo anche alla Chiesa italiana e alle sue massime autorità. Anche per loro il diritto alla vita sta’ solo nelle scelte personali che dividono le comunità, anche in loro manca l’indignazione per il non riconoscimento del diritto Universale all’Acqua e manca per la vendita obbligata del dono di DIO per eccellenza: l’ACQUA E’ un appello che rivolgiamo ai Parlamentari Europei, affinché concretizzino i principi della loro risoluzione del marzo 2006, alla commissione europea perché al 5° Forum Mondiale di Istanbul sostenga il diritto all’acqua e affidi all’ONU il prossimo Forum Mondiale. Ai parlamentari italiani affinché ripensino sull’articolo 23 bis. Alla politica affinché si voti una grande opera, un piano di investimenti pubblici per riparare le reti idriche, le fognarie e depurare le acqua e per finanziare progetti pubblici che portino l’acqua potabile a chi nel mondo non ne ha. Carissimi amici: nel 2006 l’ONU ci ha informato che c’è una Crisi Mondiale dell’Acqua, che entro 30 anni il 60% della popolazione vivrà al di sotto della soglia del conflitto idrico di 1000 m/cubi anno per persona, che il 48% della domanda di acqua resterà senza risposta, che gli epicentri della crisi saranno: Cina –India, USA, Mediterraneo, che 820 milioni di contadini della sussistenza verranno spazzati via e che 1 miliardo di profughi idrici si aggirerà disperata per il mondo. Ma 4 Forum Mondiali dell’Acqua, presieduti dalle multinazionali Suez Lyonnes des eaux e Veolia, hanno impedito l’affermarsi del diritto umano all’acqua,l’ONU quest’anno ha conferito ad un gruppo di imprese ( Nestlè, Coca Cola, Pepsi Cola, Unilever, Levi Straus, General Elettric) il mandato di redigere un “patto mondiale per l’acqua” il mandato di redigere un “Patto Mondiale per l’Acqua” da presentate come proposte per il 5° Forum Mondiale dell’acqua (marzo 2009 Istanbul) . Tacere di fronte a queste scenari è un crimine, che ci rende tutti responsabili di aver firmato una cambiale per le prossime terribili guerre. Denunciare questa indifferenza è il modo migliore per onorare la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani .
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