Negli angoli di casa

le croste (chi la fa l'aspetti)


siedo sul letto circondata dal pavimento bagnato, come su un materassino in mezzo a un mare sereno, con un vago sentore d'arancia. siedo nel centro del mio puzzle finalmente concluso, e guardo intorno tutte le tessere che sono arrivate da ogni dove per combaciare. guardo il violino e penso alla chitarra, osservo i sassi sulle mensole e le decine di foglietti, le piume di corvo, i tappi di bottiglia. guardo i libri (ce l'ho ce l'ho mi manca) e metto su un po' di vecchia trance. e scopro che - anvedi! - non mi piace più. è troppo prevedibile, come la vita tra la casa e il lavoro, troppo legata ai ritmi di un cuore che è solo accelerato, ed è per chimica, il più delle volte, o per insufficienza d'esercizio muscolare. come quegli strappi che si prendono quando fai uno sforzo a cui non sei abituato, come quei doloretti alle braccia dopo aver trasportato pesi. come quelle fitte agli addominali quando è tanto che non facevi l'amore. e come tutto è diverso quando il cuore va in sincopato, e ben più veloce, e non vuole farsi ipnotizzare dalla ripetitività bumbum di una fuga che è anche esteriore. come tutto si presenta lucente e diverso, e la varietà multiforme del mondo si dispiega come un catalogo pantone, e non si possono scegliere i colori, li si può solo leccare, in punta di lingua ben tesa (io la so arrotolare, come sette su dieci), li si può solo succhiare e sorridere con le labbra imbrattate, di viola, di verde, d'azzurro, di tutte le sfumature del grigio, di oro, d'argento e di miele e di panna e di sugo di carne speziata, di ogni grano di polvere vecchia che dà posto a qualcosa di nuovo.siedo sul letto e nel posacenere pulito getto le croste di graffi passati. oggi che è un anno da quando ho preso quell'aereo. oggi che è un anno e la casa profuma di buono, oggi che è un anno e se mi sdraio a pancia all'aria posso vedere tutte le tessere disporsi ridendo sul soffitto. e sì, c'è una giustizia. che non sempre punisce e condanna.