Negli angoli di casa

Perché calcare gli stessi passi, calciare gli stessi sassi?


Mi capita di sera, quando non c'è nessun altro in casa, o anche dopo pranzo, quando la sigaretta si mischia all'ultimo sorso di caffè. Mi capita di aver voglia di scrivere, così, come un tempo, buttare le parole una dietro l'altra e vedere dove mi portano.Un'idea, un concetto, un'idea...Lo sapevate che a Roma si sente l'odore del mare? Ve ne accorgete quando ci tornate da un posto che il mare ce l'ha a centinaia di chilometri, e si chiaman tenger, che peraltro è una bella parola. Qui, però, abbiamo un vero fiume. Non come il Tevere flavio, che biondo non è più da un pezzo. Un fiume possente, largo, che si impone e taglia in due il mondo. E di là ci sono le colline, e le ville dei ricchi, i parchi, il castello, la fortezza. Di là c'è Buda e la gente perbene. Mentre di qua è tutto piatto all'infinito, non una salita, non una discesa. Le increspature della pelle della terra si sono fermate di fronte al fiume. E qui, brulica il mondo. Le strade di Pest sono un tripudio sonoro. Ungherese, certo, ma anche francese, inglese, spagnolo, italiano, arabo, cinese, tedesco, e tutte le lingue slave."Se non hai ancora trovato il tuo posto nel mondo, lo puoi trovare qua", mi disse una delle mie più care amiche, che adesso mi insegna la lingua magiara, dalle sei alle otto martedì e venerdì.Budapest è una buona base. Il cuore pulsante d'Europa. Con sei ore di pullman sei a Praga, con sei ore di macchina a Berlino. C'è un viavai di persone che tornano e ripartono, chi va a casa per le feste, chi a fare una tourné. C'è un brulicare di arte e di vita, come se ancora non si fosse dimenticato che la creatività è un dono di ognuno, e svilupparla per ognuno quasi un dovere. Non ho mai visto così tanti giovani camminare per strada con uno strumento in spalla. No, niente pianoforti (però ne ho uno in casa), ma chitarre, violini, bassi, contrabbassi, viole, sassofoni, trombe, clarini...Un mio amico serbo ma cittadino ungherese mentre veniva a cena qui tempo fa ha visto un falconiere sul tram. Con il falco. Che nutriva con pezzi di carne cruda. Davanti agli occhi allibiti dei presenti. Con un copricapo mongolo in testa. E se ne vedono, di cose, solo a camminare per strada. Soprattutto adesso che è primavera, e tutti fanno capolino dai portoni con un'aria dubbiosa, guardano il cielo, varcano la soglia, si guardano intorno e sorridono: è arrivata davvero, non nevicherà più! E spuntano ovunque i tavolini, e i parchi si riempiono di comitive di tutte le età. Per scrollarsi di dosso il riscaldamento artificiale dell'inverno, e il gelo che ti aggrediva sulla porta quando decidevi a malincuore di rinunciare alla pizza a domicilio.Budapest è un posto in cui puoi essere esattamente chi sei. Chiunque tu sia. Oddio, in realtà non è esattamente così, ma della questione del razzismo contro gli zingari non mi interessa parlare questa sera. Diciamo che puoi essere quello che sei se non sei roma. La città invece si scrive con la Ó: "Róma, per carità!" non manca di raccomandarsi la mia insegnante, e una volta eravamo a Eger con T. per una serata e lui aveva la felpa della Roma che gli avevo regalato io. Bell'effetto: un nero che proprio nero nero non è con una felpa con su scritto "zingaro" in una cittadina con forte presenza di skinhead. Che infatti sono venuti nel locale, ma pare ce l'avessero con un tipo in particolare e hanno lasciato che T. suonasse le sue 3 ore senza problemi.Budapest è un gruppo di amici variegato per età, origine, occupazione. Siamo americani, italiani, ungheresi, francesi, serbi, colombiani, africani, australiani, inglesi, irlandesi, austriaci, russi... e ogni discorso è un mondo che prende senso, visto da così tante prospettive.Budapest è una lingua così diversa che cominciare a capirla dà una strana emozione. Che è più forte quando ti sei appena seduta al tuo posto sull'aereo, e hai allacciato la cintura e aperto il libro. Cominciare a capire. Riconoscere le parole, sempre le stesse, ma sempre meglio. E i meccanismi di questa lingua non possono non affascinare. Geniale. Semplicemente geniale. Frutto di un altro tipo di logica, e per questo li guardo e so che pensano in modo alieno. Sentirsi aliena tra gli alieni dà un senso di equilibrio, in un modo che non starò a spiegare.Budapest è, lo posso dire ormai dopo un anno, il mio posto nel mondo.Allora perché calcare gli stessi passi e riscrivere su questo blog?Così, perché certe volte, la sera, mi viene voglia di scribacchiarmela un po'. E non ho in testa una trama che sia una.