Negli angoli di casa

Un tempo era il fondo di un mare


Un tempo questa pianura infinita era il fondo di un mare. C'erano i pesci sopra la mia testa, e dovevano essere pesci ben strani, magari con sei occhi, o forse non erano nemmeno pesci, creature lontane che si possono solo immaginare. C'erano metri e metri d'acqua, e alghe, e magari molluschi e crostacei. Doveva esserci un grande silenzio.Come c'è adesso le domeniche pomeriggio, quando tutti scappano al lago, perché il mare, quello che era sopra la mia testa, non c'è più da un pezzo, e in città si schiuma di calore. Doveva essere tutto diverso, un tempo. Di sicuro non c'erano i negozi 24 ore. O magari ce n'erano di meno. E se non c'erano campi, nessuno poteva coltivare, e così niente palinka che fa venire voglia di cantare anche ai più stonati. Eh sì, doveva esserci proprio un bel silenzio.Io però penso che il mare, tutto sommato, ci sia ancora. Perché cos'era se non navigare il nostro correre verso sud, ora vicini, ora lontani dal Danubio, ora in silenzio ora battendo il ritmo sulle portiere. E cosa se non immergersi il veder scorrere mais e girasoli per tutta la grande pianura pannonica, e ritrovare il Danubio, e la Sava, che si fondono in un amplesso sotto la fortezza della città bianca.E cos'è, se non acqua salata, questo tepore liquido in cui galleggio, in cui non ho motivo di aver paura, in cui mi dondolo e sorrido indolente, e quando arrivano, perché lo fanno ancora, i brutti ceffi dalle nebbie del passato, che cos'è, se non acqua, a impedire che mi giungano le loro voci?Spiriti inquieti che aspettano dietro le porte, che provano ad afferrarmi le caviglie quando vado a spegnere la luce, che mi fanno sfuggire le posate mentre ho le mani a mollo nel sapone. Mi basta guardarli aprire la bocca e richiuderla (so leggere il labiale) per sapere cos'hanno da dire. Sbadiglio.Io so che qui una volta c'era il mare. E adesso ci siamo noi.