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L'angolo di Jane

Tutto su Jane Austen e sui libri che mi piacciono!

L'ANGOLO DI JANE

Benvenuti nel mio blog!

Questo spazio è dedicato a recensioni di libri e film, ai miei racconti,  a riflessioni personali di varia natura e soprattutto a Jane Austen, una delle mie scrittrici preferite.

Sono una stella del firmamento
che osserva il mondo, disprezza il mondo
e si consuma nella propria luce.
Sono il mare che di notte si infuria,
il mare che si lamenta, pesante di vittime
che ad antichi peccati, nuovi ne accumula.
Sono bandito dal vostro mondo
cresciuto nell'orgoglio e dall'orgoglio tradito,
sono il re senza terra.
Sono la passione muta
in casa senza camino, in guerra senza spada
e ammalato sono della propria forza.

(Hermann Hesse)

 


 

 

JANE AUSTEN -RITRATTO

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Tutto quello che non amo in un libro

Post n°963 pubblicato il 14 Gennaio 2013 da bluewillow
 

Mi capita sempre più spesso di leggere libri acclamatissimi e di trovarli praticamente insopportabili o quantomeno sopravvalutati. Naturalmente questo è più che naturale: come le persone, nemmeno i libri possono piacere a tutti. Allo stesso tempo sono abbastanza seccata di essere spesso proprio io  la sola voce dissonante nel coro di lodi per alcuni volumi, vorrei davvero amare tutti i libri che leggo, ma forse la cosa capita anche perché, leggendo spesso classici, sono abituata ad essere trattata bene dagli scrittori: stili impeccabili, trame coerenti, profondità di pensiero, in pratica la scrittura, e l'umanità, al loro meglio.
La delusione, però, porta alla riflessione e pertanto ho cercato di stilare un elenco di cose che trovo spesso intollerabili nei romanzi. In verità credo di essere piuttosto elastica (se qualcuno sostiene di non amare Jane Austen non ha certo il mio odio, semmai la mia compassione), ma ecco cosa non sopporto.

Mentalità ristretta nei confronti delle donne.

Raramente amo libri in cui la figura femminile sia ridotta a pura comparsa.  In “Miele” (recensito qui) Ian McEwan fa dire alla sua protagonista Serena “i romanzi senza personaggi femminili erano un deserto privo di vita”: forse non arrivo all'estremo di considerarli così poco, ma ammetto di preferire una realtà rappresentata nella sua interezza, cioè donne comprese.
Tuttavia c'è qualcosa che trovo peggiore della assenza di personaggi femminili in un libro ed è la loro presenza come semplici oggetti sessuali. Figure senza peso e senza pensieri che sono solo corpi, più o meno attraenti, la cui vita fra le pagine è compresa fra due lenzuola. Persone che si “possiedono”, che sono ornamenti per l'ego di altri personaggi. Cose, non esseri umani. Quando leggo i libri di scrittori che creano personaggi che non hanno alcuna considerazione per le donne e mostrano di pensarla esattamente come le loro creature letterarie, ho come l'impressione di appartenere ad una differente razza umana. Io vedo persone. Loro vedono corpi. Mi chiedo perfino se il linguaggio che parliamo, io e questi scrittori, abbia dei punti in comune.
Se posso tollerare, in un libro scritto secoli fa, che la mentalità di uno scrittore non sia sempre conforme alla modernità, l'arretratezza mentale di uno scrittore moderno invece mi secca terribilmente. Abbiamo bisogno di libri di questo genere? Io posso farne a meno. La stessa cosa vale non solo per la considerazione verso le donne, ma per ogni tipo di pregiudizio.

Divagazioni

Un'altra cosa che apprezzo poco in un libro è l'apertura di infinite parentesi per discettare di ogni tipo di argomento che non è assolutamente inerente alla storia, come se lo scrittore o la scrittrice dovessero fare sfoggio di tutto quello che sanno su qualunque argomento. Qualche divagazione, per parlare di qualcosa di interessante, può anche essere accettabile, un libro di divagazioni no. Credo ci siano perfino scrittori che adottano questo modo di scrivere come stile, ma io me ne tengo alla larga.

Descrizioni eccessive o assenti

Un buon libro sa equilibrare la necessità di descrivere personaggi, ambienti, panorami, per creare l'immagine mentale che lo scrittore o la scrittrice desidera nel lettore, con il fatto che nessuno potrà mai rendere fino in fondo la realtà a parole. Libri con pagine e pagine di descrizioni di paesaggi mi fanno stramazzare (ma li ho letti, esempio: Il castello di Udolpho di Ann Radcliffe), mentre libri in cui siano assenti elementi descrittivi mi sembrano vuoti e percorsi da ventate gelide di noia. Gli scrittori sopraffini sanno fare in modo che siano gli stessi personaggi a completare il quadro scenico per loro, aggiungendo elementi che sarebbe noioso descrivere.

Cosa vale la pena scrivere e cosa no

La vita può essere contenuta in un libro? E in che forma? Ad un estremo di una immaginaria scala di aderenza al reale ci sono scrittori che pensano che un libro sia un documentario sulla vita e non se ne debba ignorare alcun istante: questi scrittori faranno sempre chiudere la porta ad un loro personaggio quando esce di casa, ma vi diranno anche se si soffia il naso, se beve un bicchiere d'acqua, se rassetta la tavola dopo pranzo, se si riavvia i capelli, limitandosi forse, per pudore, a la lasciare sole le loro creature solo quando la natura li richiama alla toilette (ma potrebbero comunque dirvi che ci vanno). Vi descriveranno con estremo rigore gli abiti, facendo riferimento non solo a fogge e colori, ma perfino alle marche. Il tempo atmosferico non sarà mai solo bello o brutto e se piove di ci saranno infiniti modi in cui cade la pioggia. Non vi risparmieranno le file alla posta, negli uffici e le più sciocche incombenze, per non parlare delle conversazioni, fatte di banalità, con gli amici incontrati per strada. E tutto questo mentre nella trama non accade assolutamente nulla. La vita dei personaggi degli scrittori iper-realistici è lunga centinaia di pagine di una noia desolante.
All'altro estremo della scala abbiamo libri che si aprono in media res, magari con un dialogo che vi porta già nel mezzo dell'azione. I personaggi faranno riferimento a fatti che daranno per scontati, ma che in realtà capirete solo dopo qualche pagina (e forse dolo dopo molte). Gli scrittori non vi spiegheranno la realtà in maniera didascalica, vi diranno solo le cose che i loro personaggi giudicano importanti. All'inizio farete fatica ad entrare in questo tipo di mondo, come se vi avessero dato le tessere di un puzzle e voi doveste ricomporle per capire cosa state guardando.
Fra i due estremi ci sono infinite sfumature. Cosa vale la pena leggere?
Secondo me un libro fatto bene offre “il succo” della vita, piuttosto che la vita stessa. Tentare di riprodurre nel dettaglio estremo l'esistenza umana è una operazione inutile e noiosa. La mente umana, sembrerà strano, è fatta per dimenticare, non per ricordare: è un filtro verso l'esterno, fa in modo che rimangano solo le cose importanti. Un libro è un filtro del filtro: dovrebbe offrire il meglio, non gli scarti.
Per essere brevi: detesto i libri con porzioni inutili che appesantiscono la scrittura.

Visto che ho appena scritto che divagamenti ed eccessiva lunghezza sono fra le cose che più detesto, temo di dover porre un limite a questo post, già troppo lungo. Ovviamente, ci possono essere delle eccezioni a queste regole: libri iperdescrittivi e bellissimi (ma brevi) o libri molto essenziali, in cui a giocare la differenza fra bellezza e noia è soprattutto uno stile originale, ma sono, appunto, eccezioni

 
 
 
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-nessuno mi regala i libri
-nessuno mi regala i biglietti del cinema
-nessuno mi paga per scrivere e per dire quello che penso...
- e nemmeno quello che non penso!
- perchè se il "Giornale del Grande Fratello" èuna testata giornalistica, va a finire che io sarei la CNN! (questa l'ho quasi copiata da un altro blogger!).
Se volete leggere altre definizioni simili e più divertenti (magari vi torna comodo) potete trovarle QUI

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