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L'angolo di Jane

Tutto su Jane Austen e sui libri che mi piacciono!

L'ANGOLO DI JANE

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Questo spazio è dedicato a recensioni di libri e film, ai miei racconti,  a riflessioni personali di varia natura e soprattutto a Jane Austen, una delle mie scrittrici preferite.

Sono una stella del firmamento
che osserva il mondo, disprezza il mondo
e si consuma nella propria luce.
Sono il mare che di notte si infuria,
il mare che si lamenta, pesante di vittime
che ad antichi peccati, nuovi ne accumula.
Sono bandito dal vostro mondo
cresciuto nell'orgoglio e dall'orgoglio tradito,
sono il re senza terra.
Sono la passione muta
in casa senza camino, in guerra senza spada
e ammalato sono della propria forza.

(Hermann Hesse)

 


 

 

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La buona terra – Pearl S. Buck

Post n°1087 pubblicato il 24 Giugno 2013 da bluewillow
 

Titolo: La buona terra Titolo originale: The Good Earth Autrice: Pearl Sydenstricker Buck Traduzione:  Andrea Damiano Casa editrice: Mondadori pag: 350

la buona terra copertinaSe qualcuno vi desse da leggere “La buona terra” rimuovendo la copertina e le prime pagine, in cui ne viene citata l'autrice, sono assolutamente certa che leggereste questo libro nell'assoluta convinzione che a scriverlo sia stato una scrittrice o uno scrittore cinese o quantomeno orientale.
Invece a raccontare l'ascesa e le molte traversie della famiglia di Wang Lung un contadino cinese, arricchendo la narrazione di ogni più piccolo dettaglio della vita comune,  è l'americana Pearl S. Buck, nata in Virginia, la cui profonda conoscenza della mentalità e degli usi cinesi derivava da una infanzia e adolescenza trascorsa in Cina con i genitori missionari prima per poi tornarvi nuovamente, dopo una assenza dovuta agli studi in scuole americane, nel 1914 a seguito del primo marito John Lossing Buck, anche lui missionario.
Quello che stupisce in “La buona terra” è la capacità di Buck di immergersi totalmente nella mentalità dei suoi personaggi, i cui pensieri e ragionamenti, che possono risultare talora anche terribilmente crudeli e inaccettabili per un occidentale, come quando si parla di vendere una figlia come schiava a causa dell'estrema povertà, sono riportati evitando ogni genere di giudizio.
Il risultato è una narrazione affascinante e incredibilmente realistica che inizia il giorno del matrimonio di Wang Lung con O-Lan, una ragazza ventenne, schiava della grande famiglia Hwang.
Come tutti i contadini, la vita di Wang Lung è legata al ciclo della terra, la sola cosa solida e perenne che resista a siccità, carestie, inondazioni e quella a cui il protagonista attribuisce il valore maggiore, capace di donare benessere e abbondanza quando la natura è favorevole, ma anche di diventare arida e crudele quando invece gli elementi sono contrari.
Solo con molto dolore Wang Lung abbandonerà, nel corso di questa storia, la sua terra, insieme alla sua famiglia, quando la fame sarà tale che solo il trasferimento in una città del Sud potrà salvarlo dalla morte per deperimento.
Pearl S. Buck racconta con semplicità, ma anche con grande efficacia, la vita di milioni di persone come Wang Lung, capaci di trasformarsi in maniera alterna in benestanti contadini e poveri accattoni, nel giro di pochi anni, a seconda del favore o meno degli elementi naturali.
Quella di Wang Lung è però una storia particolare, rispetto a quella della gran parte della massa, perché è quella di una ascesa, di un uomo che per una serie di circostanze, in parte legate anche alla fortuna, riesce a passare da povero agricoltore a ricco possidente, realizzando i propri sogni.
Se c'è un elemento tipicamente “americano” in questa storia è proprio (e solo) questo: la scalata sociale, un tema amatissimo sul suolo U.S.A.
Non si tratta però di una narrazione fiabesca: la vita della famiglia di Wang Lung passa attraverso prove terribili, che vanno dal rischio di morire per inedia, al riscatto sociale acquistato con denaro ottenuto con mezzi illeciti. Ribadisco: Pearl S. Buck non giudica mai i propri personaggi e riesce a rendere con tanta forza il modo in cui essi ragionano, che perfino il furto vi sembrerà poca cosa, quando Wang Lung troverà in questo il modo di salvare i propri figli dalla fame o dalla schiavitù e tornare così finalmente alla sua amatissima terra.
“La buona terra” è in un certo senso un romanzo ipnotico: iniziarlo e finirlo sono esattamente la stessa cosa, perché non si riesce a lasciarlo senza arrivare alla sua fine. La vita di Wang Lu e della sua famiglia, che dalla terra ricavano ogni cosa, soprattutto nelle fasi iniziali della storia, mi ha fatto più volte pensare a Robinson Crusoe, a come la povertà assomigli in un certo senso ad un naufragio terrestre, da cui solo un carattere indomito e una tenacia che mai si arrende riescono a riscattare gli uomini e le donne che la affrontano, sebbene spesso non basti neanche questo.
La vita semplice della povertà, viene poi rimpiazzata dai complicati rapporti interni di una famiglia sempre più grande, quando Wang Lung raggiunge il benessere.
Pubblicato nel 1931, il volume vinse il premio Pulitzer nel 1932, fu un grande best-seller, come pochi capace di far conoscere la vita cinese al mondo occidentale, e sicuramente ebbe un peso nel far attribuire il premio Nobel a Pearl S. Buck nel 1938 per “la sua ricca e veritiera rappresentazione della vita contadina in Cina e per i suoi capolavori biografici”.
“La buona terra” fu il primo della trilogia “The House of Earth”, seguito nel 1933 da “Figli” (“Sons” ) e nel 1935 da “Famiglia dispersa” ( “A House Divided”) che narrano la storia della famiglia Wang nelle sue generazioni succesive.
Il volume ebbe un grande successo anche nella stessa Cina, tanto che ebbe ben tre traduzioni e la scrittrice vi è nota soprattutto con il suo nome cinese di Sai Zhenzhu ( e potrei scommetterci quello che volete che senza leggere le note introduttive anche un cinese crederebbe che questo libro non è stato scritto da un'occidentale).

 
 
 
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