L'angolo di Jane

La cavalcata dei morti - Fred Vargas


Titolo: La cavalcata dei morti Titolo originale: L'Armée furieuse Autrice: Fred Vargas Traduzione: Margherita Botto Casa editrice: Einaudi pag: 428 costo: 19,50 euro
"La cavalcata dei morti" vede il ritorno sulla scena del crimine del personaggio più famoso di Fred Vargas, il commissario Adamsberg: lo spalatore di nuvole, apparentemente sempre distratto e altrove con la mente, ma al quale non sfugge nemmeno il più piccolo dettaglio, capace di decidere dell'innocenza o della colpevolezza di un indagato anche solo dall'espressione del viso, ovviamente senza mai sbagliare un colpo.Il volume è un vero e proprio proseguimento del precedente capitolo "Un luogo incerto" (recensito nel post n° 470), sia perché ritroviamo sulla scena Zerk, il figlio ventottenne, che Adamsberg ha appena scoperto di avere (a proposito di distrazione!), a sua volta legato da parentela a Veyrenc, l'amico-nemico, rivale e collaboratore dello stesso Adamsberg, sia per il ritorno del tema del sovrannaturale, strettamente legato all'indagine principale.Se in "Un luogo incerto" Fred Vargas aveva scelto di cavalcare l'argomento più alla moda del momento, quello dei vampiri,  questa volta decide di far cavalcare per le strade di un borgo della Normandia, portando morte e terrore, un personaggio scaturito dalle più antiche, e forse dimenticate, leggende europee: il sire Hellequin, capo dell'Armata Furiosa, detta anche Caccia Selvaggia, una schiera di demoni che percorrono da centinaia di anni sempre gli stessi sentieri, noti come grimweld, annunciando la morte di coloro che in vita si siano macchiati di crimini terribili, per poi ghermili e portarli via con sè.
Si tratta di una colta citazione storica, la masnada di Hellequin è infatti presente in molte leggende, nate nel periodo in cui il cristianesimo stava soppiantando gli antichi riti pagani: alcuni ritengono che il demone non sia altro che una rappresentazione della divinità celtica Odino, sotto più conformi vesti cristiane. Più curioso è invece il fatto che dalla figura di Hellequin sia poi derivata, in epoca successiva, quella di una delle più note maschere della Commedia dell'Arte: Arlecchino. Come sia nata questa fusione non è del tutto certo. Sappiamo che le compagnie girovaghe di attori erano solite rappresentare i più svariati tipi di spettacoli, fra cui anche alcune che vedevano come protagonista il demone che portava un crudele tipo di giustizia fra i malvagi. Nel XVI secolo però il vero protagonista delle commedie era lo Zanni, la maschera che rappresentava un servo furbo, a cui erano riservate le migliori parti comiche. Forse i tiri birboni di Zanni ad Hellequin devono averlo ammorbidito nel tempo, trasformando lo stesso in una specie di spalla comica, questa volta però nella parte di un servo sciocco, o ingenuo,caratterizzato da una grande agilità fisica, vale a dire Arlecchino. L' unica traccia delle demoniache ascendenze di Arlecchino è la sua tradizionale maschera, che a ben guardare ha un espressione tutt'altro che rassicurante o ingenua, ma anzi assai accigliata.Pur non trattando nello specifico di tutte le ramificazioni del mito di Hellequin, la stessa Fred Vargas ci omaggia di citazioni tratte da veri testi medioevali, riportate nel testo ovviamente da Danglard, il coltissimo assistente di Adamsberg, dalla memoria fenomenale, afflitto da attacchi di emotività e da una cronica dipendenza da alcool.
Questa volta l'indagine del commissario si svolge su un doppio binario: in parte a Parigi, sede ufficiale di Adamsberg, dove dovrà vedersela con un delitto commesso da assassini ricchissimi e potenti che tentano di far incriminare un innocente, e in parte in Normandia, dove verrà chiamato in via straordinaria in seguito all'apparizione di Hellequin e alla contemporanea scomparsa di un uomo noto per essere estremamente malvagio: la leggenda è fin troppo opportuna per non essere una buona scusa per un umanissimo assassino.Sullo sfondo,  come se due indagini fossero già poche, c'è infine una terza pista, non del tutto risolta, ma che lascia spazio per uno sviluppo in un libro successivo: un crudele torturatore di piccioni si aggira per Parigi, legando loro le zampe per impedire che volino, facendoli morire di fame.Il libro è estremamente denso, ricco di colpi di scena, ma soprattutto di studi di carattere, come è nello stile di Fred Vargas. Tutti i collaboratori e assistenti di Adamsberg, prima fra tutti la "dea" Violette Retancourt, capace di risolvere qualunque emergenza, dall'aspetto imponente, ma dalla incredibile delicatezza, fanno la loro apparizione, con i loro caratteristici tic e fissazioni, che li rendono ormai famigliari ai lettori, mentre viene riservato a Zerk un promettente inizio di "carriera" come personaggio fisso, scoprendo un po' alla volta le notevoli somiglianze con il carattere paterno.Il  giallo è senz'altro ben riuscito, sebbene complicatissimo, lasciando lo spazio a molti possibili colpevoli, rendendo quindi la lettura tutt'altro che scontata.Un volume appassionante, che lascia solo il rimpianto che non sia già in libreria un altro capitolo delle indagini di Adamsberg.