L'angolo di Jane

Dio odia il Giappone - Douglas Coupland


Titolo: Dio odia il Giappone. Romanzo d'amore e fine del mondo Titolo originale: God Hates Japan Autore: Douglas Coupland Traduzione: Anna Mioni Illustrazioni: Michael Howatson Casa editrice: ISBN pag: 224 costo: 9 € note: il libro è riccamente illustrato, anche con tavole a colori.
Può sembrare strano che un canadese, come Douglas Coupland, decida di scrivere un libro dalla prospettiva di un giovane giapponese che attraversi la crisi economica nipponica degli anni '90, per di più con l'insolito titolo (soprattutto per noi italiani, che siamo nippofili), che potrebbe dare adito a molte domande, “Dio odia il Giappone”.Lo è forse un po' meno, se si considera che Coupland ha studiato in Giappone, ottenendo nel 1986 un diploma in Scienza Economiche Giapponesi dal Japan-American Institute of Management Science, ed il suo è quindi il punto di vista di qualcuno che conosce un Giappone diverso da quello da cartolina.Nel 2001, Coupland decise di scrivere un volume sul radicale cambiamento della mentalità giapponese, scaturito dalla mancanza di certezze dovuta al crollo del mito di una economia infallibile, dovuto alla scoppio della cosiddetta bubble-economy.Per la prima volta un impiego poteva non essere più “per tutta la vita”, per la prima volta i giovani si sentirono traditi da chi li aveva preceduti, privati di prospettive per il futuro. Il rapporto di fiducia con le istituzioni si ruppe fatalmente, generando un diffuso senso di inquietudine.Nel 1995, un grave attentato nella metropolitana di Tokyo, realizzato con il micidiale gas nervino Sarin, uccise dodici persone e ne intossicò seimila: fu realizzato da una setta religiosa, che professava idee di estrema destra e proponeva un ritorno all'isolamento del Giappone.Da questi spunti iniziali, Coupland imbastisce la storia di Hiro, un giovane giapponese, nato nel 1975 (eh, lo so cosa state pensando, ma negli anni '90 era giovane, ve lo confermo, sono nata nel 1975 pure io), che cerca di capire quale sia il suo futuro in questo nuovo Giappone senza magiche certezze, in cui è difficile ritagliarsi il proprio spazio e dove tutti, anche coloro che sono adulti da tempo, sembrano allo sbando.Hiro ha una storia da raccontarci molto più difficile di quanto non appaia inizialmente, grazie al linguaggio scanzonato ed ironico del protagonista, che ricorda molto quello di uno Young Adults, inframmezzato alle numerose illustrazioni in stile fumettoso che arricchiscono il suo racconto, realizzate da Michael Howatson.La descrizione del  passaggio di Hiro verso la vera e propria età adulta, si snoda anche attraverso delle lettere che il ragazzo scrive ad un suo immaginario clone del futuro, qualcuno che sia fisicamente identico a lui, ma che abbia trovato il modo di risolvere tutti i suoi problemi. Hiro dà molti consigli al suo clone, illustrandogli quali saranno i principali punti deboli della sua vita, con particolare riguardo ai difetti personali di cui dovrà tenere conto.In prima battuta Hiro sembra interessato a capire perché alcune sue compagne di scuola si siano convertite al cristianesimo ad opera di alcuni “gaijin” (stranieri) canadesi, verso cui nutre un certo disprezzo. Con molta ironia Coupland definisce più volte i suoi connazionali, visti da una prospettiva nipponica, come dei bifolchi che non riusciranno mai ad integrarsi, visto che essere giapponesi è come appartenere ad un esclusivo Country Club, in cui non sono ammessi stranieri.Ben presto scopriamo che le persone attorno ad Hiro, gli amici, ma anche la sua famiglia, sono attraversate da una strana inquietudine, che prenderà fatalmente corpo nel coinvolgimento di Naomi, sorella del suo migliore amico Tetsu, nel terribile attentato della metropolitana di Tokio.Quella di Coupland sembra quasi una indagine su cosa riempia le vite, quando vengono meno certezze simili ad ideali religiosi. Nel caso dei giapponesi, venuta meno l'incrollabile fiducia in futuro di benessere assicurato, i vuoti vengono riempiti in maniera imprevista dal desiderio di autodistruzione o addirittura dall'anti-socialità, che porta alcuni personaggi ad aggregarsi a celle terroristiche.Coinvolto, suo malgrado, dalla deriva altrui, Hiro cerca di capire in primo luogo, con le lettere al suo clone, quale sia il suo ruolo e nei cambiamenti in atto, cercando di ridefinirsi come persona: se sia solo un tipico giapponese schiavo della moda o se, grattando la superficie, ci sia un nucleo più puro e solido su cui porre le fondamenta di una vita.Se “Dio odia il Giappone”, come dirà uno dei personaggi, che lo vedono flagellato da eventi terribili ed inspiegabili, è forse perché nella corsa per simulare la perfezione, ci si è dimenticati di trovare risposte per i tanti che invece sentono di vivere vite molto lontane da un ideale troppo abbagliante per essere vero.Il romanzo è suddiviso in tre parti: la prima ambientata in Giappone, la seconda in Canada ed infine una terza nuovamente in terra nipponica.Questo piccolo “giro del mondo” in due paesi, alla ricerca di una fuggitiva Naomi, scomparsa per motivi ignoti, serve ad Hiro scoprire molte cose spiacevoli sugli altri, ma infine, dopo un lungo auto-deprezzamento, per comprendere qualcosa di positivo su se stesso, quando, abbandonata per sempre la scala di valori basata sull'inserimento nel mondo produttivo, il protagonista riesce a percepirsi in primo luogo come persona.“Dio odia il Giappone” è un romanzo che cerca di esplorare la difficoltà dell'essere giapponese: che a scriverlo sia stato un canadese, in effetti è strano, ma non è detto che questo non renda la cosa addirittura più interessante o, quantomeno, più comprensibile da un punto di vista occidentale, cioè per noi “bifolchi gaijin”, per essere precisi!Il romanzo, nonostante i molti difficili temi affrontati, ha una gradevole leggerezza, probabilmente dovuta all'umorismo di Hiro, che stempera molte situazioni con il suo assolutamente dichiarato senso di inadeguatezza. “Secondo me la gente della mia non-generazione, in sostanza, è la versione  corrotta di un sistema più vecchio dalla purezza indiscussa: un sistema semplice, come i Lego. Siamo mattoncini personalizzati e deformati e non ci incastriamo più su nessuna piattaforma: presi in gruppo ci possono anche assemblare per costruire nessuno oggetto in particolare. Non proviamo nemmeno nostalgia per il sistema vecchio e puro, perché era già scomparso prima che noi arrivassimo. E la nostra mancanza di utilità sociale fa sì che vogliamo bandire il vecchio ordine, proprio perché non c'è modo di rientrarvi né ora né mai”.I problemi giapponesi illustrati da Copupland hanno anticipato l'onda che ha poi investito tutto il mondo occidentale, dove la non-generazione di mattoncini che non si incastrano più in nessuna piattaforma è forse ancora più estesaIl libro è stato pubblicato nel 2001 solo in Giappone, quindi quella della casa editrice ISBN è una assoluta anteprima per l'occidente: noi lettori italiani possiamo leggere il libro di Coupland per primi, dopo i giapponesi. Tra le molte peculiarità dell'originale volume di Dougla Coupland, “Dio odia il Giappone” c'è anche quella di essere stato pubblicato già nel 2001, quando i tempi degli e-book non erano ancora maturi, in una forma fruibile da cellulare, con alcuni dei disegni realizzati da Howatson in forma animata. Sembra comunque che a quell'epoca siano stati in pochi a leggere il libro in questa forma (come spiega Coupland in questa interessante intervista).Attualmente invece il libro italiano è solo in formato cartaceo, ma viste le molte tavole inserite, alcune delle quali a colori, si tratta probabilmente della scelta giusta (almeno fino a che gli e-book reader on offriranno schermi più ampi; forse solo i tablet, non molto comodi per leggere, fornirebbero il supporto adatto).Può suonare curioso da dire, ma se amate il Giappone, credo potrebbe interessarvi “Dio odia il Giappone”, per capire qualcosa di più della mentalità nipponica.