L'angolo di Jane

L'inquietudine (racconto di Blue Willow)


L'esaminatore aprì il pesante fascicolo, diede un'occhiata rapida ai vari fogli che riassumevano il curriculum della biondina minuta che aveva davanti, il viso tempestato di lentiggini che le davano un'aria infantile, facendola sembrare molto più giovane di quanto non fosse realmente.La ragazza non appariva a disagio: poteva essere un buon segno, sintomo di un carattere forte, ma in molti casi significava anche poco interesse per le mansioni da svolgere.Nel piccolo ufficio l'aria era mossa solo da un ventilatore a soffitto, che ronzava monotono, sovrapponendosi al fruscio degli incartamenti."Dunque, lei ha fatto buoni studi, ma come saprà certamente, questo non basta per lavorare con noi. Qual è esattamente il suo talento?" le chiese a bruciapelo, mentre la ragazza distratta aveva iniziato a guardarsi intorno, fissando lo sguardo sui quadri appesi alle pareti.La giovane si volse lentamente verso l'interlocutore, tirò su gli occhiali, con un gesto col quale cercò allo stesso tempo di concentrarsi e ricordare, poi disse:"L'inquietudine".L'uomo si rilassò, per fortuna non era un talento particolarmente pericoloso, stiracchiò le braccia e con aria ironica le rispose: " Sono in molti a sostenerlo, di solito tipi grandi e grossi che non sopportano se stessi e sono convinti che tutti siano della loro stessa opinione. Non è una di quelle cose che riesca poi così facilmente, signorina...  " guardò il fascicolo, ma non riuscì a trovare il nome, poi stufo di scartabellare aggiunse: "Va bene, voglio darle una possibilità. Ha dieci minuti a partire da adesso, mentre continuiamo il colloquio.""Innanzitutto, quali sono i suoi obiettivi e quale il raggio d'azione?" chiese, quasi distratto.La ragazza strizzò gli occhi, attese un attimo, prese fiato e rispose con calma "Solo esseri umani, a distanza di non più di tre metri"."Questo, come capirà facilmente, le preclude i lavori meglio pagati, ma almeno non è una di quelli che pensano di poter mandare nel panico uno stadio affollato" disse ghignando, poi si allargò la cravatta, che aveva cominciato a stringergli il collo in maniera fastidiosa."Se dovesse descrivermi le sue capacità con una metafora, come si definirebbe?".Questa volta la risposta arrivò subito, con voce bassa la ragazza disse: "Immagini una strada molto trafficata. Con tante macchine, che corrono su e giù. Sono così rapide che fa a mala pena in tempo a vederle. Ma lì, in mezzo alla strada c'è una valigia piena di soldi. E' aperta, può osservare bene le banconote che contiene. Pacchi e pacchi di banconote. Qualcuna vola anche via, trascinata dal vento. Le macchine, troppo veloci, schivano la valigia, come se nessuno si fosse accorto di cosa contiene. Lei guarda a destra e poi a sinistra. Se fosse abbastanza rapido, potrebbe prenderla senza troppi rischi. E poi gli automobilisti evitano la valigia, quindi eviterebbero anche lei. Eppure qualcosa la trattiene. Quella valigia è strana. Più la guarda, più se ne convince. Perché sta lì? Chi lascerebbe tutti quei soldi a quel modo? Perché nessuno sembra vederla, tranne lei? Forse è una trappola. No, non ci sono dubbi: lo è certamente. Qualcosa di pericoloso.Allora lei non solo non prende la valigia, ma si allontana in fretta, riprende la strada che stava facendo e in breve si dimentica perfino di averla vista. O almeno, è quello che vuol credere: no, non c'era nessuna valigia. Nessuna, assolutamente. Chi sarebbe così pazzo da lasciare una valigia piena di soldi per strada? E' stato solo un sogno, niente altro.""Quindi lei sarebbe una valigia piena di soldi che nessuno vuole, in mezzo ad una strada trafficata? Interessante" tentò di ridere, ma per qualche motivo un leggero brivido gli percorse la schiena, dove rivoli di sudore scorrevano già da qualche minuto."Fa caldo, oggi eh?" chiese con noncuranza.La ragazza questa volta fece un largo sorriso, sembrava davvero una bambina "Non direi".L'uomo guardò in alto all'improvviso, il ventilatore stava facendo uno strano scricchiolio: forse era per questo che faceva così caldo, non funzionava bene.Poi si fermò a fissarlo: perché era così in basso? Gli sembrava di sentire le pale quasi sfiorargli i capelli. Che qualcuno lo avesse regolato male? La collega con la quale si alternava a volte cambiava la disposizione degli arredi nella stanza: era una cosa che gli dava sempre un grande fastidio.Poi tornò a guardare la ragazza: il sorriso non si era spento sul suo volto, lasciava intravedere i denti bianchi. Così bianchi e affilati. Che strana donna, in effetti. Non se ne era accorto prima, ma aveva un'aria quasi ferina. Non sembrava più così innocua, ora.Decise che aveva bisogno di un po' d'acqua, faceva davvero troppo caldo. Allungò la mano verso la bottiglia che aveva davanti, ma la ragazza sembrò avere avuto la stessa idea. Prese la bottiglia prima di lui, sembrò intuire che anche l'esaminatore avesse sete, versò un bicchiere e glielo porse."Grazie" fece l'uomo esitante, poi allungò una mano per prendere il bicchiere, ma il tempo per raggiungere la piccola delicata mano che glielo stava offrendo, gli sembrò infinito.Nel momento stesso in cui stava per raggiungere il bicchiere, sentì di dover uscire ad ogni costo dalla stanza. Si alzò, aggirò la scrivania, ma la ragazza si mise sulla sua traiettoria."Il colloquio è già finito?" chiese candidamente."Sì. No, no. Esco solo un attimo. Ho bisogno d'aria.  Fa troppo caldo".La ragazza avanzò di un passo verso di lui.L'uomo sentì uno strano senso di terrore scuotergli  le membra, scartò di lato e urlò, senza potersi contenere: "No! No! Stia lontana la prego!". Si buttò contro la porta, la aprì tremando e corse nel lungo corridoio, dove gli altri esaminandi attendevano. Si levò un applauso. "Cavolo era vero!" disse uno. "Brava!" urlarono varie persone, battendo le mani.Ad una opportuna distanza, superiore ai tre metri, l'uomo tornò in sé, ma aveva ancora il fiatone.Si accasciò su una sedia, e poi disse "Va bene, la assumo, vada in segreteria, è nell'edificio accanto. Quando sarà lì, le comunicheranno gli incarichi disponibili".La ragazza gli passò accanto, per andare verso l'uscita. L'uomo si ritrasse per istinto, ma questa volta la biondina aveva smesso di esercitare il suo potere. Lo oltrepassò, poi si girò, tirò di nuovo su gli occhiali e disse allegra "Ci ho messo meno di dieci minuti!". Infine, trotterellò, con passo elastico e giovanile verso la segreteria.Sull'edificio una grossa insegna recitava: "Istituto per le Arti Straordinarie e Soprannaturali".Qualche tempo dopo, l'esaminatore la rivide: era finita a lavorare nell'ufficio reclami dell'Agenzia delle Entrate. Decise che sarebbe tornato un altro giorno.Su questo racconto, "L'inquietudine" di Blue Willow, vale il seguente copyright: tutti i diritti riservati.