L'angolo di Jane

Limonov - Emmanuel Carrère


Titolo: Limonov Titolo originale: Limonov Autore: Emmanuel Carrère Traduzione: Francesco Bergamasco Casa editrice: Adelphi pag: 365 formato: ebook costo: 2,99 €
Vincitore di prestigiosi premi, dichiarato libro dell'anno da Repubblica e Corriere della Sera, “Limonov” di Emmanuel Carrére è un libro che ha suscitato molti entusiasmi nella critica e tra i lettori. Come mi capita sempre più spesso, purtroppo, non condivido i toni entusiastici nei confronti di questo volume di successo, anche se comprendo perfettamente perché lo si possa trovare interessante e perfino istruttivo, visto che se c'è una cosa (a mio avviso la sola) che ha di buono questo libro è quella di proporre una originale analisi storica degli ultimi anni dell'unione sovietica e di quelli più recenti della storia russa, mettendo in luce un punto di vista interno, spesso assai differente da quello occidentale. In teoria questo volume si presenta come una biografia di Eduard Limonov, al secolo Eduard Veniamovič Savenko, scrittore e fondatore di un partito politico estremo: che estremo esattamente, è difficile dirlo, visto che il suo nome è partito nazionalbolscevico, ha come simbolo falce e martello in un ovale bianco circondato di rosso, che ricorda una bandiera nazista, e i suoi appartenenti vanno in giro con la testa rasata. Un partito, per usare una parola di Carrère, “rossonero”: che significhi esattamente non lo so, ma in questa epoca di ideologie fallite, indica probabilmente una incomprensibile nostalgia per i totalitarismi da parte di persone che non ne hanno mai sperimentato la durezza.Carrére ci spiega subito che, al contrario di quanto potrebbe apparire, i nazbol, così si chiamano gli appartenenti a questo partito, non sono antisemiti, ma “ragazzi di buon cuore” (spesso lo scrittore, dove fallisce la ragione, che indica cose contrarie, si affiderà alle sue sensazioni sulla bontà d'animo  altrui) e che il rifarsi a certe simbologie è una specie di provocazione: sarebbero in realtà uno dei pochi partiti autenticamente dissidenti, rispetto alla egemonia del premier russo Putin. Ci dice anche, e credo sia vero, che la giornalista Anna Politkovskaja, che si sospetta sia stata uccisa per i suoi articoli contro Putin,  ha più volte difeso i nazbol. Proprio sul finire del libro, afferma però di ritenere Putin un grande statista. E' un punto di vista abbastanza contraddittorio, che forse si può giustificare solo in un modo: gli anni di transizione alla economia di mercato dopo il comunismo nell'ex-unione sovietica sono stati segnati da così tanta instabilità e violenza, che Putin, nella visione di Carrère, ha almeno avuto il pregio di garantire stabilità al suo paese. Che poi sia anche un uomo che ha autorizzato vere e proprie stragi sui civili, sembra che non influisca sulla opinione che Carrère ha di questo “grande statista”, rafforzando in me la sensazione che anche il cuore di questo scrittore sia forse affascinato dal “rossonero”.Come ho già accennato, questo volume solo in teoria è un biografia di Limonov, perché alle vicende di quest'ultimo spesso e volentieri Carrère intercala pezzi della propria biografia, da cui apprendiamo che lui, Carrère, è un ricco borghese, in gioventù fieramente destrorso, figlio di papà dalla nascita (anzi di mammà,  perché la madre è un nota storica), che se da giovane andava in vacanza si sentiva come un “aristocratico” fra “plebei” e che è capace di dire che in un certo anno “tutti i piccoli borghesi dell'Europa occidentale, me incluso, sono andati a trascorrere il Capodanno a Praga o Berlino”. All'inizio ho pensato che questo infilarsi nella biografia di un altro fosse un atto di sincerità: Carrère voleva farci capire che se giudicava Limonov in un certo modo era anche per la sua formazione personale, assai diversa dall'origine umile del soggetto di cui parlava. Poi ho capito che invece Carrère è semplicemente e compulsivamente egocentrico: deve parlare di sé, costi quel che costi, sia pur essere ridicolo, tanto che alla fine di quella che si presume sia stata la sua intervista a Limonov, si lamenterà pure che questo gli abbia fatto il torto di non chiedergli nulla di sé.Tornando a Limonov, la sua è una storia molto complessa che attraversa la gloria e il crollo dell'unione sovietica e comprende anche una esperienza come esule all'estero, in America e Francia. Dopo aver tentato di diventare artista in patria, Limonov infatti abbandonerà l'URSS, all'epoca un viaggio considerato senza ritorno, insieme alla bellissima moglie Tanja che aspira a sua volta a diventare fotomodella. Per entrambi sarà una grossa delusione: Tanja abbandonerà Limonov e lui, finito senza lavoro, vivrà in miseria e tenterà perfino di prostituirsi, dopo aver scoperto di amare anche gli uomini.Attraverso una serie di peripezie diventerà maggiordomo di un miliardario americano poi, dopo essere stato pubblicato in Francia, si trasferirà in questo paese dove per tirare a campare scriverà molti libri autobiografici di modesto successo.Fino a questo punto della biografia, Limonov viene descritto da Carrère come una specie di “loser” triste, ma per questo quasi simpatico, una testa calda che tenta due volte il suicidio, nostalgico del vecchio comunismo (da cui è fuggito), capace di amare solo donne che sistematicamente lo abbandonano o lo tradiscono e verso cui lui stesso si comporta in modo orribile, giudicandole fondamentalmente solo come “oggetti” sessuali (gli dà anche un voto con lettere da A ad F). E qui lo ammetto, trovo molto triste l'atteggiamento di Carrère, che quasi invidioso del ricordo di Limonov per la sua Tanja si affretta a scimmiottarlo ricordando una sua storia amorosa di ventenne con una ragazza dal corpo perfetto (dimostrando, dopo averlo criticata, una mentalità identica a quella di Limonov).Dopo gli eventi successivi al crollo del muro di Berlino, che lo riporteranno spesso in patria, Limonov inizierà la fase più da “avventuriero” della sua esistenza: a 50 anni suonati , tenterà di aiutare i serbi durante gli scontri nella ex-Jugoslavia, stringendo amicizia con personaggi sanguinari e feroci, e successivamente fonderà il partito nazionalbolscevico, per causa del quale finirà anche in prigione accusato di terrorismo.Nel complesso Limonov viene descritto come un uomo allo stesso tempo sulfureo e affascinante, ma di un fascino, lo ammetto, che a me sfugge, probabilmente perché il “rossonero” non fa per me.Purtroppo, come lo stesso scrittore ammette più volte, Carrère non è molto bravo nelle descrizioni, tanto che in tutto questo libro non c'è una sola descrizione fisica decente di Limonov, di cui fondamentalmente sappiamo solo che è un piccoletto con i capelli a spazzola e che ama vestire come un soldato della rimpianta armata rossa.Il volume è scritto come un lunghissimo articolo di giornale, lontano da qualunque lirismo e con uno stile davvero assai poco evocativo, sebbene puntuale in quella che è la parte più strettamente storica e “giornalistica” del libro a cui, ovviamente questo stile si adatta. Gli unici brani in cui Carrère si discosta da questo schema sono quelli, non pochi, in cui descrive i rapporti sessuali del suo personaggio, dove invece sembra che lo scrittore dia sfogo a tutta la sua vena “plebea”  usando un linguaggio francamente scurrile, che credo farebbe arrossire più di uno scaricatore di porto.Ho trovato questo libro davvero difficile da digerire , lo ammetto per obiettività, soprattutto per la profonda e immediata antipatia che ho provato verso il suo scrittore, così desideroso di mettersi sempre in primo piano, così pronto ad abbracciare le derive machiste del suo personaggio: la sua scarsa considerazione per le donne, viste solo come una parola di quattro lettere che inizia per f, il suo entusiasmo per la guerra come sfida maschia, in una porzione di questo libro, quando poi è lo stesso Carrère a dirci di aver evitato il servizio militare in Francia, il suo ondeggiare continuamente fra ammirazione e disprezzo verso il suo personaggio non per autentico amore/odio, ma più che evidentemente per una questione di accettabilità sociale e convenienze, visto la sua clemenza verso i trascorsi fascisti altrui.Alla fine, proprio al termine del testo, in cui Carrère ci ha fatto credere di aver intervistato a lungo Limonov, ci lo scrittore ci rivela che gran parte di quello che ha scritto lo ha derivato da libri e non dal racconto diretto dello stesso Limonov e visto che questo volume è pieno di scene assai intime, ne deduco che sia in gran parte una specie di falso. Ho fatto fatica a finire "Limonov": lo giudico noioso, machista, terribilmente egocentrico, non vero, ma sono probabilmente l'unica a pensarla così, visto il suo successo.