“No. Glielo ripeto: non ho idea di dove sia mio fratello.” Mentre rispondeva al carabiniere chiamato per ispezionare l'appartamento di Hans, Greta cercava di catturare con lo sguardo ogni più piccolo dettaglio insolito, dalle tendine scostate della finestra, una autentica fobia per il fratello (“Greta, il mondo è pieno di gente che non si fa i fatti suoi, ti prego chiudile”), fino all'aria troppo ordinata della casa, con ogni soprammobile spolverato e ben disposto e nessun foglio volante, nessuna tazza di caffè abbandonata, neanche una sedia che non fosse meno che allineata perfettamente.Fra poco le cose sarebbero cambiate, già un altro carabiniere stava mettendo a soqquadro alcune stanze, alla ricerca di messaggi, indizi che spiegassero perché Hans Gotfried non fosse in casa, non rispondesse al cellulare e fosse scomparso praticamente nel nulla.Quella mattina una telefonata anonima aveva messo in allarme la proprietaria del palazzo: una donna aveva finto di essere una preoccupata Greta, chiedendole la chiave dell'abitazione di Hans, visto che l'uomo non rispondeva né al campanello, né tramite telefono. Evidentemente chi aveva chiamato non aveva idea del fatto che la vecchia Elsa, prima di sposarsi, fosse stata la tata dei gemelli e sarebbe stata capace di riconoscerne le voci anche se avessero pronunciato una sola sillaba.Nessuno meglio di Elsa sapeva quanto Hans e Greta fossero legati, di come fossero capaci di iniziare un discorso su un argomento e portarlo avanti per mesi, tirandolo fuori nel mezzo di qualunque altra discussione e riuscendo sempre a capirsi al volo.C'erano parole riservate a tutti, e parole che appartenevano solo ad Hans e Greta, come se i pensieri dei due ragazzi che aveva cresciuto fossero capaci di viaggiare su frequenze differenti, pubbliche e private.Hans non lo aveva mai detto ad Elsa, ma la donna non aveva alcun dubbio a riguardo: Greta aveva già la chiave di Hans. Allarmata la donna aveva prima chiamato Hans, poi Greta ed infine, non ricevendo risposta da alcuno aveva avvisato i carabinieri, che erano arrivati sul posto scortati dalla proprietaria.Chiamata nuovamente dai carabinieri, Greta era corsa sul posto, ed ora osservava l'annoiato appuntato che faceva domande di rito e cercava in tutti i modi di cavare dalle due donne un buon motivo per andarsene senza dover ricevere una denuncia per scomparsa, visto che nella maggioranza dei casi la gente non scompariva affatto, voleva solo evitare persone come sorelle, padrone di casa e forse fidanzate gelose che facevano telefonate ad ore improbabili, per rintracciare qualcuno che le evitava.Il carabiniere stava appunto cercando di capire se Hans fosse quel tipo d'uomo, ma Greta era distratta, stava letteralmente scannerizzando con lo sguardo tutto quello entrava nel suo raggio visivo, alla ricerca di indizi. La gemella rimasta invece non aveva dubbi: Hans era davvero scomparso e quella casa immacolata ne era la prova. Tutto era troppo a posto, tutto urlava che qualcosa era accaduto al fratello. Se avesse visto un'enorme chiazza di sangue sul pavimento, Greta non avrebbe potuto essere più certa del fatto il suo gemello fosse nei guai.La tendina scostata era solo l'inizio. C'era un posacenere sul tavolo del pc: Greta sperava che Elsa non lo notasse. Hans detestava il fumo: soffriva di forti crisi asmatiche fin da ragazzo e se per caso qualcuno accendeva una sigaretta in una zona riservata a non fumatori, era capace di alzarsi e cacciare a pedate il contravventore, come era accaduto più di una volta in ristoranti, bar e molti altri posti.. Per Hans quello per il fumo era un odio quasi più ideologico che fisico, ne aveva fatto una questione di principio.Il posacenere era vuoto e sembrava nuovissimo, ma Hans non ne avrebbe mai posseduto uno.Se fosse dipeso da Greta, non ci sarebbe stato bisogno di chiamare i carabinieri, ma Elsa era stata precipitosa.Li aveva cresciuti ed amati, ma non sapeva che da adulti i bambini che aveva allevato avevano intrapreso strade dove avrebbero preferito avventurarsi da soli, anche in situazioni difficili: di certo non scortati dalle forze dell'ordine.“Insomma, signora, non ha idea di come potremmo metterci in contatto con suo fratello? Vuole forse sporgere denuncia per scomparsa?” Alla fine il carabiniere aveva dovuto pronunciare quelle parole.In quel momento, subito dopo che Greta ebbe premuto un tasto laterale del cellulare che aveva in mano, senza che il carabiniere se ne accorgesse, il telefono squillò.“Hans, sei tu? Che paura ci hai fatto prendere! Perché non rispondevi? Sai che siamo in casa tua con in carabinieri? Hai spaventato anche Elsa, l'hanno svegliata questa mattina presto per farsi aprire la casa. No, no non è successo niente, stai tranquillo”. La donna sorrise al carabiniere, che le fece cenno per farsi passare il telefono, ma Greta finse di non capire “Eri in aereo? Ah, già è vero, quella conferenza! L'avevo dimenticato. Come devi già ripartire? No, aspetta.” Greta assunse l'espressione costernata di qualcuno a cui hanno sbattuto il telefono in faccia.“Mi spiace, stava per prendere una coincidenza per Los Angeles, ha dovuto spegnere il telefono.” poi aggiunse come qualcuno che provi un forte imbarazzo unito ad un certo senso di colpa “Non so come ho fatto a dimenticarmene, ma in effetti Hans mi aveva detto di dover partecipare ad un convegno sul Software Open-source, ma credevo fosse a Marzo, non in questi giorni. Non ha risposto al telefono perché si trovava sull'aereo che lo stavo portando negli Stati Uniti e doveva tenere il cellulare spento, tutto qui. Non so chi abbia fatto uno scherzo tanto stupido.”Ora che aveva la spiegazione logica che aveva tanto aspettato, il carabiniere sembrò farsi sospettoso: valutò la donna che aveva davanti, per decidere se fosse una bugiarda. “Le lascio il suo numero, potrà provare a chiamarlo più tardi lei stesso” disse infine Greta.Queste parole sembrarono risolvere il dilemma del carabiniere “Ci è già stato dato dalla signora Elsa. Va bene, chiameremo più tardi”. I due carabinieri se ne andarono, poi Greta si rivolse ad Elsa che era rimasta sulla porta “Io rimango a mettere in ordine”. Solo in quel momento Elsa sembrò accorgersi del fatto che la casa era in ordine in modo soprannaturale: sapeva benissimo che il passaggio di Hans in una stanza equivaleva a quello di un ciclone, e che la stessa Greta non era di solito migliore. “Mettere in ordine!”: se glielo avessero chiesto avrebbe giurato che nessuno dei due era in grado di mettere in ordine nemmeno la metà di come era sistemato ora l'appartamento, ma fece finta di credere a Greta, convinta che volesse assicurarsi che non mancasse nulla.“Va bene. Ah, che giornata! Queste emozioni, alla mia età.” E così borbottando se ne andò via, lasciando finalmente il campo alla gemella rimasta.Ora che era sola, Greta fece l'inventario delle cose che stonavano nella casa: la tenda scostata, il portacenere ed infine, beffa sottile che solo lei poteva capire, su una mensola campeggiava una riproduzione in ceramica di una casetta di marzapane. Non una casetta qualunque, l'opera preziosa di un artista molto di moda venti anni prima, quando lei e Hans erano bambini.Sua madre l'aveva adorata, le era costata una piccola fortuna, ma adorava tutti i tipi di stravaganze artigianali. Poi Greta l'aveva rotta, o così aveva detto di aver fatto. In realtà voleva solo far soffrire un poco sua madre, che non degnava mai né lei, né Hans della minima attenzione, così come faceva anche il padre. Non aveva intenzione di romperla davvero, ma quando la madre aveva preso a rimproverarla, chiedendo dove fossero i cocci, Hans si era intromesso e aveva detto: “L'ho rotta io, non Greta. Lei mi vuole solo difendere”. Greta aveva guardato Hans stupita, ma il suo sconcerto fu indicibile quando Hans tirò fuori un sacchetto con dentro tanti cocci colorati di ceramica: la casetta di marzapane in pezzi. Così quello che lei non aveva avuto il coraggio di fare, lo aveva fatto Hans. Il bambino fu punito con una severità che chiunque avrebbe giudicato eccessiva, ma solo Greta sapeva fino in fondo quanto in realtà l'atto di Hans fosse ribelle, perché quella casetta non si era rotta per caso durante un gioco, era stata fatta in pezzi volontariamente.Greta voleva l'attenzione della madre, Hans invece voleva davvero farla soffrire.Ma ora la casetta era lì, davanti ai suoi occhi: non c'erano dubbi, era la stessa. Era un pezzo unico, fatto su commissione: vi erano state incise una G, e le iniziali dei quattro membri della famiglia.La rivelazione per Greta fu scioccante: Hans aveva dei segreti, cose che lei non aveva mai saputo, cose che non le aveva mai detto. Se avesse visto il suo gemello apparire dal nulla nella stanza, non sarebbe stata più meravigliata.Prese la casetta dalla mensola e la rigirò fra le mani, ripensando alla sua infanzia poco felice, poi fece quello che avrebbe dovuto fare anni prima: con un moto di rabbia, che la stupì per la sua forza sincera, schiantò la piccola scultura per terra, riducendola in mille pezzi.Dentro non c'era alcun messaggio di Hans, come aveva sperato. Poco male, in fondo l'aveva sempre odiata.A quel punto Greta non aveva dubbi: l'appartamento stesso era un messaggio, ed era rivolto all'unica persona che avrebbe potuto capirlo senza bisogno di parole.La tendina scostata significava che qualcuno l'avrebbe osservata, il posacenere vicino al pc che Hans avrebbe usato quel mezzo per contattarla, ma non in quel luogo, infine la casetta diceva una cosa sola: “Io mento Greta. Non sei la sola a farlo”.Per tutti Hans Gotfried era un prodigio dell'informatica, un genio che aveva deciso di sfruttare il suo talento non per conquistarsi un posto al sole fra i milionari della Silicon Valley, ma per diffondere alcuni linguaggi Open -Source che aveva contribuito a creare. Secondo Hans la corsa a realizzare computer sempre più potenti che facevano le stesse identiche cose di quelli creati negli anni '80, ma usando software più pesanti e chiudendo a chiave con il lucchetto dei brevetti anche la più ridicola delle applicazioni, era un danno immenso alla possibilità di creare applicazioni eleganti, stabili ed economiche ed un freno ad utilizzare fino in fondo quella potenza di calcolo che veniva sfruttata solo per fare girare programmi da ufficio mostruosamente pesanti. Hans non era però un eccentrico asceta, sullo stile di Richard Stallman, con molta sostanza, ma nessuna cura per l'apparenza, ma un vero e proprio dandy dell'open source, che amava vestire in modo elegante e affascinava tanto per il fatto di essere una abile affabulatore, che per il suo aspetto da ragazzo vincente: alto, slanciato, atletico, con una folta chioma di capelli nerissimi, sembrava la versione geek di superman, e veniva spesso così rappresentato dai suoi fan in rete, che gli avevano dedicato più di una vignetta nei panni del supereroe, soprattutto quando si era battuto più duramente contro le grandi multinazionali del software, che avrebbero brevettato anche la possibilità di contare sulle dita delle mani, se solo avessero potuto.Sebbene fossero gemelli, Greta non assomigliava molto al fratello. Era sempre stata esile, piccola, dalla carnagione pallida e dai fini capelli biondissimi: uno scricciolo fin da bambina rispetto ad Hans, che aveva sempre sentito di doverla proteggere.Hans l'eroe dalla corazza splendente. Hans il ragazzo ribelle, che detestava quei genitori così distanti, tanto che spesso le diceva “Potremmo morire sabato sera Greta, e se ne accorgerebbero forse lunedì mattina, ma solo se la scuola li chiamasse”.Hans che rompeva le cose, marinava la scuola, che rispondeva con voce gelida e gentile da adulto, quando i suoi genitori esasperati gli chiedevano cosa avesse “Niente. Non ho proprio niente”.Durante le vacanze estive dei loro undici anni, l'aveva convinta a scappare di casa. Avevano pianificato la strada da fare, radunato tutto quello che avevano di più caro negli zaini, rubacchiato caramelle e qualche panino in cucina, e poi nella notte afosa, illuminata dalle stelle, erano usciti di casa, decisi a camminare finché avessero potuto, per andare il più lontano possibile. “E se ci prendono?” aveva detto Greta. “Scappiamo di nuovo” aveva risposto.La casa in cui vivevano era in aperta campagna, e camminarono per ore, senza fermarsi, fino a quando Greta non cominciò a lamentarsi “Sono stanca, mi fanno male i piedi”, piagnucolava.Ma Hans non si era fermato “Devi resistere Greta, voglio arrivare alla spiaggia”.“Ma non ce la facciamo Hans. Non essere cattivo, aspettami” aveva implorato Greta.“Cattivo, Greta? C'è sempre un gemello cattivo, non lo sai?” le aveva detto con una faccia che Greta non gli aveva mai visto, piena di rabbia.Greta si era alzata fatica, ma proprio in quel momento avevano intravisto i fanali di una macchina, quella dei loro genitori: era quasi l'alba, il mare si intravedeva in lontananza.Li avevano ripresi, prima di quanto Hans si aspettasse. Al contrario di quanto aveva sostenuto, Hans non era più scappato, ma dopo quell'episodio aveva rotto la casetta di marzapane, o così aveva creduto Greta.Ogni tanto però ripeteva quella frase “C'è sempre un gemello cattivo, Greta” e la guardava con aria di sfida.Lo aveva capito? Forse sì, doveva averlo capito, ora ne era sempre più convinta. La sera in cui erano scappati, Greta aveva regolato la sveglia dei genitori in modo che suonasse alle quattro del mattino. Prima di andarsene, era tornata indietro da sola in casa, fingendo di aver dimenticato un pupazzo a cui teneva, poi aveva lasciato accesa la luce del bagno, con la porta spalancata e aveva lasciato un biglietto in bella appiccicato allo specchio “Io e Hans andiamo alla spiaggia, torniamo presto”.Solo per questo i genitori li avevano trovati così in fretta: Greta sapeva che aveva ragione Hans, diversamente forse la madre e il padre si sarebbero accorti della loro scomparsa solo molto più tardi.Dopo aver chiuso a chiave la casa di Hans, Greta di diresse alla propria.Una volta arrivata, accese il proprio pc, si collegò alla rete digitò il nome del motore di ricerca sperimentale che Hans aveva contribuito a creare.“Dove sei Hans?” scrisse, poi digitò invio.Ottenne una serie di risultati causali, che non rispondevano minimamente alla sua domanda.“Chiedi e ti sarà dato, bussa e ti sarà aperto”. Un'altra delle cose fuori posto nell'appartamento dell'ateo Hans era un microscopico quadretto di una scena religiosa, appeso alla parete, che riportava i versi del vangelo di Matteo.Solo Greta sapeva che quello era il motto preferito di Hans, che sbeffeggiava in quel modo i religiosissimi e bigotti genitori. Non riesci ad ottenere qualcosa da loro? Insisti, insisti, insisti, prima o poi cederanno. Di solito era proprio così. “C'è sempre un gemello cattivo, Greta. Chiedi e ti sarà dato, bussa e ti sarà aperto”.Greta sapeva che Hans aveva sviluppato delle particolari equazioni per il suo motore di ricerca che affinavano i risultati, man mano che la richiesta veniva ripetuta.Certamente, nel suo caso, Hans doveva avere inserito dei filtri relativi anche al suo computer: solo dal suo pc quella richiesta avrebbe ottenuto una qualche forma di risposta.“Dove sei Hans?” La domanda fu ripetuta al motore di ricerca almeno un centinaio di volte, ma infine Greta ottenne il risultato desiderato, quando il primo risultato fu un sito di fan di Hans Gotfried dal titolo “La casetta di marzapane”.Greta cliccò sul link e si aprì una pagina con una serie di domande.“Quiz su Hans Gotfried, verifica quanto sai sul superman dell'open-source”.Cento domande su Hans, tutte su particolari della sua infanzia: cento risposte che solo Greta poteva dare. Capì di avere una sola chance di sapere dove si trovava Hans.Se avesse risposto correttamente a tutte le domande, alla fine avrebbe ottenuto un messaggio che rivelava cosa stava accadendo.Se invece avesse sbagliato anche solo una domanda, quel programma non le avrebbe detto nulla: era l'assicurazione che solo Greta, senza costrizione alcuna, rispondesse. Se invece qualcuno l'avesse ricattata per estorcergli informazioni su Hans, avrebbe lei stesso sbagliato di proposito.Greta ricontrollò con attenzione tutte le cento risposte, poi digitò invio.Si aprì una nuova finestra con un'altra domanda.“C'è sempre un gemello cattivo Greta. Ma chi è? Sei tu o sono io?”Greta conosceva la risposta anche a questa domanda. La digitò e apparve il seguente messaggio.Ciao sorellina.Come avrai capito, sono nei guai. Se leggi questo messaggio significa che ho fatto in tempo ad allestire la mia piccola messa in scena nel mio appartamento. Il messaggio ricevuto da Elsa era registrato: i sintetizzatori vocali fanno miracoli oggigiorno. Spero tu abbia apprezzato: ora sai che non è vero che non posso essere ordinato, se voglio posso, è solo che non voglio.In ogni caso le cose stanno così: mi hanno rapito per violare l'archivio informatico di un grande stato. Sapevo che avrebbero potuto farlo: ho progettato io personalmente tutti i livelli di sicurezza. Da mesi sono costantemente sotto scorta, per questo mi hai visto meno: immaginavo non ti sarebbero sfuggiti per sempre i miei “angeli custodi” e non volevo che loro notassero troppo te. Come potrai immaginare, visto il tuo lavoro, in questi casi sono forse più i miei rapitori a volermi vivo, che non coloro che dovrebbero difendermi. Credo che il loro modo di “salvarmi” sarà piantarmi un proiettile in testa al momento di ritrovarmi. Perché loro mi ritroveranno di certo, visto che ho un chip impiantato sotto il braccio che gli segnala dove sono.Certo, io ho fatto in modo di alterare il programma che segnala la mia posizione, ma la cosa non durerà a lungo, visto che se ne accorgeranno in fretta.Ed è qui che entri in scena tu, mia adorabile sorellina. Se accenderai ora il tuo cellulare, vedrai uno strano tipo di GPS: ecco quel puntino rosso sono io. Ti ho fornito una corsia di accesso libero al mio localizzatore satellitare. Spero tu mi trovi prima che mi uccidano sia i buoni che i cattivi. Ho molta fiducia in te Greta.A proposito: sì lo so, che quella volta che siamo fuggiti di casa avevi fatto la spia, lo avevo capito ancora prima che partissimo. La casetta di marzapane l'ho conservata appositamente per te: sapevo che un giorno avresti avuto il coraggio di romperla tu stessa.C'è sempre un gemello cattivo Greta, ma devo dirti la verità: a volte ce ne sono due. HansGreta Gotfried capì al volo quello che si aspettava da lei. Formalmente Greta era una storica dell'arte e un perito incaricato di valutare oggetti preziosi e antichi per varie case d'aste, e fino a quel momento aveva creduto che anche Hans lo credesse. Viaggiava molto per lavoro, in tutto il mondo.Tra gli oggetti antichi che Greta amava di più, c'erano le armi. Forse quella passione era nata dalla consapevolezza della sua fragilità fisica: l'arma diventava una potente estensione del suo corpo minuto. Fin da ragazza si era allenata nei poligoni di tiro ed aveva persino gareggiato in alcune competizioni ufficiali.Uno dei suoi principali committenti per le valutazioni di opere preziose era un ricchissimo collezionista coreano, oltre che il capo di una delle maggior organizzazioni criminali mondiali ed uno spietato assassino.Fu il primo ad assoldarla come sicario. Come storica dell'arte Greta era insospettabile e poteva avvicinarsi alle persone più influenti che di fronte a lei, apparentemente così innocua, prendevano misure di sorveglianza non troppo strette. Persone importanti rimanevano sole con Greta in presenza di opere d'arte magari trafugate da qualche museo, su cui la donna garantiva di mantenere il più stretto riserbo.A volte riceveva denaro per le sue missioni, altre volte il prezzo del sangue erano le stesse opere d'arte sottratte alle vittime.“La gente fa cose strane per attirare l'attenzione”, pensò Greta.“Hans va in giro a sfidare cybercriminali e multinazionali, io invece... “Greta aprì lo scomparto segreto nella parete dove conservava le armi che usava come sicario “Io invece uccido”.In un piccolo bugigattolo poco illuminato, nei Caraibi, Hans Gotfried, sentiva che la sua esistenza si avviava ad un tragico bivio. Sotto ricatto aveva ceduto alle pressioni dei criminali e aveva aperto loro l'archivio segreto del “grande stato” per il quale aveva curato la sicurezza. Il che in effetti era sempre stato il suo obiettivo fin dall'inizio. Hans Gotfried credeva nella libera circolazione delle informazioni. Del resto, un suo collega, dall'altra parte della barricata, stava facendo esattamente la stessa cosa. Così il gioco restava in pari e finché fosse restato tale, si poteva forse sperare di scongiurare qualche guerra.All'improvviso la stanza si riempì di fumo. Un piccolo gruppo di soldati fece irruzione nella stanza e sparò ai rapitori. Fu in quel momento che apparve Greta. Gli occhi di Hans lacrimavano e sentiva che stava per venir meno, ma una piccola figura vestita di nero gli si avvicinò nella confusione e gli infilò una maschera antigas. Poi, quella stessa persona, spezzò una fiala di gas nervino. A quel punto anche i “salvatori” di Hans furono morti.Hans e Greta di allontanarono nella notte, verso un macchina.Poi Greta tirò fuori un coltello, lo affondò nel braccio di Hans e tagliò via un pezzo profondo di pelle che conteneva il chip tracciante. Fasciò l'uomo come poté e poi aggiunse “Vedi di restare sveglio perché non ce la faccio a trascinarti se svieni”“Questa volta, Greta, spero che tu non abbia lasciato un messaggio in cui descrivevi il nostro itinerario” disse Hans.Greta fece un sorriso sbilenco: “No, questa volta no. Ma temo che prima o poi ci troveranno lo stesso”.Hans sorrise: “Può darsi. Ma non credi di aver esagerato là dentro, con tutto quel gas? Non potevi, che so, ferirli e basta?”.Greta guardò il fratello con aria di sufficienza. “Davvero non l'hai ancora capito fino in fondo? Eppure dovresti saperlo: c'è sempre un gemello cattivo, Hans”. Poi accelerò sul pedale della macchina e si allontanarono nella notte. FINEQuesto racconto è un'opera di fantasia ispirato alla fiaba di Hansel e Gretel dei fratelli Grimm. Ogni riferimento a fatti, luoghi e persone esistiti o realmente esistenti è puramente casualeSu questo racconto vige il seguente copyright: tutti i diritti riservati.Se questa fiaba ti è piaciuta, potrebbe interessarti anche questa:
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