Titolo: Il buio oltre la siepe Titolo originale: To Kill a Mockingbird Autrice: Harper Lee Traduzione: Amalia D'Agostino Schanzer Casa editrice: Feltrinelli pag: 320
“Il buio oltre la siepe”, pubblicato per la prima volta nel 1960, e vincitore nel 1961 di un premio Pulitzer, è diventato negli anni un vero e proprio classico della letteratura americana ed uno dei libri più letti nelle scuole USA. C'è da sorprendersi quindi che la sua autrice, Harper Lee, non abbia mai scritto altri romanzi oltre questo: un po' come Margaret Mitchell, con il suo “Via col vento”, suo unico grande successo, forse è stata colpita dalla sindrome di “troppo buona la prima”. Il successo del romanzo fu in effetti travolgente, soprattutto perché i temi, negli anni '60, erano piuttosto scottanti: razzismo, un accusa di stupro, la mentalità chiusa della provincia sudista americana.Eppure, nonostante la durezza degli argomenti trattati, “Il buio oltre la siepe” è un libro dotato di una leggerezza unica, grazie alla prospettiva della voce narrante, quella di una bambina, “Scout”, che tenta di decifrare le motivazioni degli adulti e di dare un senso ad azioni che in effetti non ne hanno alcuna.La storia viene narrata come un lungo racconto a flashback da parte di una Scout più adulta, che cerca di ricordare come il fratello più grande Jem si sia fatto male ad una spalla: ne scaturisce la rievocazione di un lungo pezzo d'infanzia, raccontato con gli occhi di una Scout invece giovanissima, a partire dai sei anni.L'ambientazione è quella dei primi anni '30, un periodo durissimo della storia americana, gli anni della grande Depressione, ma per Scout e Jem gli anni di una infanzia passata tra i primi ricordi di scuola e le estati trascorse a giocare con l'amico Dill, immaginando fantasiose storie sui vicini di casa. Fra costoro ad attirare maggiormente l'attenzione dei tre bambini c'è Boo Radley, un vicino di casa misterioso, chiuso in casa da trenta anni, su cui circolano storie di un passato violento e che avrà una parte importante in questa storia.Ben presto la tranquilla infanzia di Scout e Jem, viene messa alla prova dal compito assegnato al padre Atticus Finch, un avvocato che accetta di difendere Tom Robinson, un uomo accusato di aver stuprato una donna bianca, Mayella Ewell, benché ci siano molte evidenze che la cosa non sia affatto avvenuta, e che l'accusa sia frutto del delirio d'odio del padre di Mayella, Bob Ewell.Scout scoprirà l'esistenza del male nella società che la circonda e come questo possa scaturire dal nulla, distruggendo tutto ciò che incontra. Bob Ewell incarnerà a pieno questa forma d'odio, diventando un vero e proprio persecutore della famiglia Finch, ma ad essere additata come colpevole in questo libro è in realtà tutta quella società sudista che predica rigore e cristianità, ma è pronta a sacrificare un innocente in nome del bruciante odio razziale.Atticus Finch, il padre dei ragazzi, sarà la loro guida in questo passaggio dal mondo infantile alla vita adulta, mostrando come non ci si debba piegare al male mai, qualunque siano gli esiti. Dirà infatti:“Vedi Scout, a un avvocato succede almeno una volta nella sua carriera, proprio per la natura del suo lavoro, che un caso abbia ripercussione diretta sulla sua vita. Evidentemente è venuta la mia volta. Può darsi che a scuola tu senta parlare male di questa faccenda, ma se vuoi aiutarmi devi fare una cosa sola: tenere la testa alta e le mani a posto. Non badare a quello che ti dicono, non diventare il loro bersaglio. Cerca di batterti col cervello e non con i pugni, una volta tanto... È una buona testa, la tua, anche se è dura a imparare!""Atticus, vinceremo la causa?""No, tesoro.""Ma allora, perché...""Non è una buona ragione non cercare di vincere sol perché si è battuti in partenza," disse Atticus. “Non è forse un caso che in origine Haper Lee avesse avuto l'idea di chiamare questo libro “Atticus”, proprio come l'avvocato idealista padre di Scout e Jem, per poi ripiegare su “To Kill a Mockinbird”, che invece fa riferimento al finale (bellissimo, ma tranquilli non ve lo rivelo!) di questo volume. “Mockinbird” è il nome della ghiandaia o tordo, che in questo libro è diventato un usignolo: infatti “uccidere un tordo” in italiano appare assai poco poetico e soprattutto non rende bene il significato della frase, che intende che uccidere un “mockingbird” significhi annientare una creatura fragile che regala solo bellezza con il suo canto.Questo libro avvince con il racconto, spesso umoristico (impagabile Dill), di una infanzia passata nell'assolato Alabama, di giochi e amicizie, della scoperta di modi di vivere diversi dal proprio, tutti descritti in modo così vivido che sembra di avere sotto gli occhi ogni singola scena.La levità del volume nelle sue parti più ricche d'humour non toglie però nulla alla forza della denuncia dell'ingiustizia sociale fatta da Harper Lee: tutte quelle brave persone che ogni giorno Scout incontra nella sua vita, possono trasformarsi in un'aula di tribunale in tanti assassini.Bellissimo e intenso, questo libro merita assolutamente di essere letto: non stupisce che da cinquanta anni goda di un incontrastato successo.