L'angolo di Jane

Il caso - Joseph Conrad


Titolo: Il caso Titolo originale: Chance Autore: Joseph Conrad Traduzione: Richard Ambrosini Casa editrice: Adelphi pag: 400
“Chance”, titolo originale di “Il caso” di Joseph Conrad, recentemente ripubblicato da Adelphi, è una parola adattissima a definire l'intera opera di Conrad perché ha un significato ambiguo: è il caso, ma è anche il destino e la fortuna, qualcosa con cui tutti i suoi personaggi, in tuttti i suoi romanzi, devono venire a patti, ciò che è al di fuori delle loro aspirazioni, dei loro sogni e desideri e di tutto ciò per cui si sentono inclini, ma che per qualche motivo travolge le loro vite e innesca una spirale di lotta e cambiamento, mai indolore. “Chance” è la tempesta imprevista in alto mare, la sfida a cui non si era preparati, ogni avvenimento che spinge il carattere di una donna o di un uomo al limite della propria sopportazione e a chiedersi se valga la pena vivere. Protagonista di questa storia è, contrariamente al solito, una donna, Flora de Barral, figlia di un banchiere finito in rovina a causa di speculazioni finanziarie disastrose, trascinando nel disastro tutti i piccoli risparmiatori che gli avevano affidato il proprio denaro, ed infine rinchiuso in carcere.La giovanissima Flora, orfana di madre, passa da una vita agiata alla più miseranda povertà e, cosa ancora peggiore, ad una solitudine incolmabile, dopo essere divenuta all'improvviso una reietta, additata come la figlia di un uomo spregevole, un galeotto. Per la ragazza non ci sono mai veri amici, ma solo persone che concedono una carità concessa sempre con freddezza, anche se talora con le migliori intenzioni. Il caso, un tiro di dadi sfortunato al gioco della vita, ha portato Flora a desiderare la morte, ma lo stesso caso, porta sulla sua strada, in un momento di estrema disperazione Roderick Anthony, capitano della Femdale, un uomo che ha sempre vissuto per mare e che come Flora non ha posto nel mondo “di terra”, dominato da convenzioni, pregiudizi, avidità e menzogna. Due solitudini, due persone profondamente ingenue perché troppo autentiche e senza maschere si ritroveranno ad attrarsi, a desiderarsi, ma purtroppo non a capirsi: ci vorrà ancora molto lavoro da parte del “caso” per fare in modo che riescano infine a trovare il coraggio di amarsi, restituendo a Flora quella dose di affetto, e di fiducia nel fatto di meritarlo, che ha a lungo bramato. Il caso però non è mai buono: è il lancio di una monetina che può dare un esito qualunque, ma che lungo il percorso trancia vite, rompe amicizie, sconvolge e solo molto raramente consola, perciò non vi aspettate un troppo scontato happy-ending in questa storia (vi dirò solo che c'è e non c'è, dipende dai punti di vista). A suo modo questo romanzo è una specie di educazione sentimentale: prima Flora de Barral si ritiene totalmente indegna d'amore, poi scopre che può essere amata e infine può vivere una storia tranquilla, semplice, lontana da drammi ed eccezionalità. Però non aspettatevi, come ho detto, niente di troppo scontato.Nonostante sia Flora il nucleo intorno a cui ruota tutta la storia, Conrad ci avvicina alla sua protagonista un po' alla volta attraverso il racconto di Marlow, il marinaio filosofo, suo narratore prediletto (già usato ad esempio in Lord Jim) che incontra (ovviamente) “per caso” un collega, Charles Powell, che ha lavorato a lungo a bordo della Femdale. Dal racconto di come per un colpo inaspettato di fortuna Powell abbia ottenuto il suo primo incarico da secondo ufficiale proprio sulla nave del capitano Anthony, Marlow ricostruisce in una lunga narrazione, divisa in due parti, tutta la vita di Flora de Barral. Per scrivere “Il caso” Conrad ricorre ad una serie di narrazioni nella narrazione, innestando nel racconto di Marlow i punti di vista di molti altri personaggi. “Il caso” fu uno dei pochi successi commerciali di Joseph Conrad, ottenuto, dopo aver scritto autentici capolavori che non ottennero però grande popolarità, nel 1913. Eppure, credetemi, questo non è il miglior Conrad: la tecnica del racconto nel racconto, ad esempio, è a volte un po' forzata e poco elegante (se non proprio confusa) rispetto al solito. Tuttavia, non mi risulta difficile capire perché questo romanzo abbia avuto successo, al contrario di altri dello scrittore: i drammi e le lotte interiori dei personaggi di Conrad forse possono sfuggire ad animi non inclini alla riflessione e all'autonalisi, ma in questo romanzo sono vissuti attraverso una contrastata, complicata storia d'amore, affiancata dal dramma della caduta nella scala sociale: temi forse più facili da afferrare e perciò più adatti al grande pubblico.Sappiate che ho chiuso un occhi, anzi tutti e due, sugli sproloqui di Marlow sul femminismo, sulle femministe e sulle sue idee di femminilità e mascolinità: forse per il fatto di dover gestire una protagonista femminile, cosa non molto frequente per lo scrittore, sembra che Conrad si sia sentito in dovere di mettere in bocca al suo narratore tutte le idee sulle donne che potessero venirgli in mente e la stessa parola “donna” è molto frequente in tutto il libro. In questo volume le donne sono: le uniche creature in grado di fare follie per amore, manipolatrici che si arrabbiano se non riescono a rigirare gli uomini come desiderano, dotate di un intuito superiore agli uomini (anzi, un uomo veramente superiore secondo Marlow deve avere un animo “femminile” in questo senso), creature che hanno la loro forza solo in una specie di resistenza passiva, che non sono angeli o bambole ma creature molto simili allo stesso narratore. Il caro Marlow sembra allo stesso tempo uno che odia il femminismo, ma sembra desiderare che venga messo in pratica, solo con molto tatto e gentilezza (in maniera “femminile”, se mi passate il termine). In un certo senso è come vedere Conrad lottare con le idee portate dal femminismo di inizio '900: ritenute forse giuste, ma difficili da digerire.Posso perdonare Conrad per la misoginia di Marlow (più ostenta forse che reale)? Solo in nome del fatto che Conrad scrive dannatamente troppo bene perché possa prendermela con la sua più che evidente confusione. “Il caso” riserva dei momenti davvero toccanti, nonostante questo non sia un Conrad ai suoi massimi livelli, troppo incline al melodramma popolare per i miei gusti: il libro non entra di certo tra i miei preferiti dello scrittore, ma le scene in cui Flora e il capitano Anthony finiscono per capirsi più senza parole che attraverso di esse, anzi nonostante esse, sono un baluginio più che sufficiente del suo genio per dare smalto a questo romanzo e renderlo comunque una buona lettura.