L'angolo di Jane

La fiera delle vanità - W.M. Thackeray


Titolo: La fiera delle vanità Titolo originale: Vanity Fair Autore: William Makepeace Thackeray Traduzione: Anna Banti Casa editrice: Newton Compton pag:662 costo :7 euro
William Makepeace Thackeray fu uno dei maggiori scrittori inglesi di romanzi a puntate di metà ottocento. "La fiera delle vanità" lo consacrò come scrittore anche agli occhi della critica e con esso l'autore giunse quasi a battere nelle grazie del pubblico il suo grande rivale Charles Dickens, vero idolo dei lettori inglesi. Il libro fu pubblicato in una ventina di fascicoli che contenevano più capitoli (in tutto sessantasette) fra il 1847 e il 1848 ed infine ripubblicato in forma di volume nello stesso 1848. Il romanzo aveva come titolo completo "Vanity Fair: a novel without a hero", ovvero "La fiera delle vanità" un romanzo senza un eroe. La vera protagonista della storia è infatti la società,presa  nel suo complesso con le sue contraddizioni: apparentemente si esaltano le buone virtù e la condotta secondo moraltià, ma in realtà di ogni cosa si reclama solo l'apparenza e nella società è vittorioso il più furbo, piuttosto che il più buono. A rappresentare i due tipi di condotta Thackeray sceglie due eroine femminili: l'ingenua, pura e ricca Amelia Sedley e l'arrivista, povera e intelligente Becky Sharp. La storia inizia  quando le due ragazze escono dal collegio dove hanno vissuto insieme (Becky  come giovanissima istitutrice e Amelia come studentessa) e si snoda attraverso quindici anni in cui le due ragazze sceglieranno due modi ben diversi di vivere: Amelia consacrerà quasi tutta la vita al ricordo di un amore perduto molto presto e soffrirà in povertà e amarezze a causa dei propri sentimenti, mentre Becky lotterà con le unghie e con i denti per conquistarsi un posto nel bel mondo, attraversando anch'essa alterne fortune, ricorrendo a qualunque mezzo pur di brillare.Di ogni personaggio vengono mostrati tutti i lati del carattere: alla fine non ci sono davvero eroi in questa storia, di ognuno vengono mostrate le debolezze accanto alle poche buone qualitàBenché il romanzo sia stato scritto oltre 150 anni fa, mi ha davvero colpita come l'occhio impietoso ed acuto di Thackeray sia riuscito a cogliere tante sfumature dei rapporti umani che fanno parte del mondo di ieri come di quello di oggi. "La fiera delle vanità" si tiene in tempi moderni, esattamente come nella vecchia Inghilterra e le domande che le persone si pongono sul proprio stile di vita e su ciò che occorra per farsi strada sono alla fine esattamente le stesse. Perché i buoni e gli onesti pagano molto più degli arrivisti? Perché i posti di riguardo finiscono solo agli incapaci e agli immorali? Perché se la corruzione, il vizio e la disonestà morali ci scorrono ogni giorno sotto gli occhi, ci basta solo far finta che non esistono e non parlarne, piuttosto che scandalizzati affrontarne le cause? I metri di giudizio delle persone mi sono sembrati essere sempre gli stessi: di chi si è figli, quanto denaro si ha a disposizione e quali conoscenze si possono vantare.  L'unica forma di democrazia moderna, rispetto al passato, sembra sia solo quella di aver dato più importanza al fattore "quanto denaro" piuttosto che alla proprie ascendenze. Vi assicuro che è proprio strano leggere un libro in cui le persone vanno in carrozza e scrivono lettere col calamaio e pensare che fra quel mondo e questo non c'è davvero molta differenza. Credo che Thackeray fosse un uomo molto più moderno della propria epoca ed è per questo che ho letto con piacere questo libro, che mi ha davvero fatto riflettere molto.