L'angolo di Jane

Everyman – Philip Roth


Titolo: Everyman Titolo originale: Everyman Autore: Philip Roth Traduzione: Vincenzo Mantovani Casa editrice: Einaudi pag: 123 costo: 13,50 euro
Secondo quanto riportato in seconda di copertina, Everyman deve il proprio titolo ad un dramma quattrocentesco inglese imperniato sulla chiamata di ogni uomo alla morte.Il libro si apre infatti con la celebrazione del funerale del protagonista il cui nome non viene mai rivelato e che quindi può considerarsi egli stesso “Everyman” (letteralmente ogni uomo). Con una serie di flashback non in ordine rigorosamente temporale, Roth ne illustra la vita dall'infanzia alla decadenza dell'età senile.E' proprio la vecchiaia, in effetti, più che la morte, la vera protagonista di questo sottile volume, con i rimorsi per gli errori del passato, il rimpianto per la perduta giovinezza, il dolore per una vita segnata da problemi fisici sempre più frequenti e debilitanti. Roth fa dei problemi di salute del protagonista e del suo corpo i punti chiave attraverso cui narrare tutta la vicenda, come se ognuno di essi avesse inciso e plasmato la vita di Everyman, portandolo ad una svolta nel dirigere la propria esistenza e nel modo in cui egli stesso la considera. Il vigoroso corpo del protagonista nei primi cinquanta anni, lo porta a vivere senza considerare gli altri, la propria famiglia, le persone che dipendono da lui, ad agire in maniera istintiva.Il vecchio corpo dell'anziano che ritroviamo alla fine della storia, non dà scampo ai pensieri, non più mitigati dall'azione, e così l'uomo così portato ad agire è costretto suo malgrado a riflettere, giungendo a formulare un non piacevole giudizio sulla sua intera esistenza, amareggiato dal fatto di ritrovarsi proprio negli ultimi anni in una voluta solitudine.Davanti a sé Everyman ha solo la lotta con la malattia e la morte, che vede sempre più vicina, perdendo ogni altro interesse e scivolando in una cupa tristezza.Roth fa un quadro non molto esaltante della vecchiaia: in mancanza di salute egli la dipinge come una serie di anni passati a lottare con il dolore, nell'impossibilità di avere una vita piena, tanto più difficile, quanto più in precedenza essa era stata intensa. L'autore sembra suggerirci che il dolore fisico possa arrivare ad annullare ogni cosa di quanto si è stati precedentemente, lasciando ogni uomo a vivere in attesa solo della fine,che niente ci può preparare a morire, ma ancora meno cose sembrano prepararci al fatto di diventare vecchi: viviamo come se tutta la forza che abbiamo fosse eterna, ma ognuno di noi potrebbe diventare Everyman.Lungi da me sottovalutare quanto il dolore possa essere debilitante per le persone, ma la visione della vecchiaia di Roth mi è sembrata fin troppo sconfortante, per quanto certamente realistica in molti casi. E' vero che tanti anziani vivono, in mancanza di stimoli, gli ultimi anni della propria vita in maniera difficile, ma credo che anche in questo, dove non vi siano problemi economici, a fare la differenza fra una buona ed una cattiva vecchiaia sia sopratutto il carattere delle persone, il modo in cui reagiscono ai trucchi da baro del destino, il fatto di non vivere in solitudine. Per saperne di più su Philip Roth:Sito ufficiale “The Philip Roth Society” (in inglese)Pagina di Wikipedia su Philip Roth