L'angolo di Jane

Il club dei filosofi dilettanti – A. McCall Smith


Titolo: Il club dei filosofi dilettanti Titolo originale: The Sunday Philosophy Club Autore: Alexander McCall Smith Traduzione: Giovanni Garbellini Casa editrice: TEA pag:263 costo: 8,60
Di solito non cito gli “strilli” di copertina dei libri,cioè quelle frasi tratte da recensioni di riviste prestigiose e riportate per invogliare all'acquisto, perché è chiaro come il sole che anche per il migliore dei volumi sono un concentrato di falsità tale che probabilmente coloro che li scrivono avranno un girone apposito all'inferno,ma quello di questo libro merita una menzione“Miss Marple è risorta a Edimburgo” - Vanity Fair.Immagino che Miss Marple sia uscita dalla propria tomba di carta per acquistare una copia de “Il club dei filosofi dilettanti”  e bruciarla personalmente sulla pubblica piazza, in difesa del nome della propria autrice, Agatha Christie. Non so a chi possa venire in mente di chiamare questo libro “giallo” e poi azzardarsi anche ad un paragone con Agatha Christie, ma sappiate oh ingenui lettori che persone simili sono tra noi, potrebbero essere chiunque e potrebbero perfino regalarvi dei libri. Quindi state bene attenti a quello che fate, usate sempre le dovute precauzioni e non accettate libri da sconosciuti.A questo punto vi chiederete cosa c'è che non va in questo libro: in effetti ne ho letti di peggiori, ma considerate che leggo molto e al peggio non c'è limite.Innanzitutto scordatevi il club. Se avete immaginato dall'ingannevole titolo e dall'ancor più ingannevole strillo che questo libro parli di un gruppo di filosofi giallisti, avete commesso un grossolano errore. Di filosofa ce n'è una sola ,Isabel Dalhouisie ,e non è nemmeno dilettante, l'autore ne fa infatti la direttrice di una rivista di etica applicata che pubblica articoli di livello universitario ad Edimburgo.Il club dei filosofi, a cui Isabel si dedica solo la domenica, non si riunisce nemmeno una volta in tutto il libro. Di dilettantesco Isabel ha principalmente la sua passione per l'investigazione, visto che decide di indagare sulla morte di un ragazzo, avvenuta in un teatro al termine di un concerto a cui la stessa protagonista ha assistito. Perché il giovane Marc è precipitato dalla balconata del loggione proprio davanti agli occhi di Isabel? E' stato un incidente o qualcuno aveva dei motivi per eliminarlo?Ho il sospetto fondato che Marc si sia suicidato nelle prime tre pagine per non leggere il resto del libro e se lo leggerete anche voi, seguendo la tortuosa e sconclusionata indagine di Isabel, sono sicura che non potrete far altro che concordare con me: è una spiegazione migliore di quella trovata dall'autore, credetemi.Il limite principale del volume è infatti che non c'è alcuna trama gialla da risolvere, sebbene ve ne sia l'apparenza. Il giallo è un pretesto per dare ad Isabel l'opportunità di impicciarsi degli affari di tutti (la propria nipote Cat, il suo ex Jamie, i colleghi della vittima Marc) ed esporre qualche problema di filosofia pratica e spicciola, il tutto con una scrittura piuttosto insipida che rende ancora meno appassionante la già traballante trama. Alexander McCall Smith è l'autore di due diverse serie di libri che hanno per tema l'investigazione: la serie di Precous Ramotswe, detective del Botswana, e quella di Isabel Dalhouisie ambientata invece ad Edimburgo. Avevo letto in passato “Le lacrime della giraffa”, primo libro della saga africana, e devo dire che non mi aveva entusiasmata, ma aveva almeno il pregio di sapere rendere bene l'atmosfera di un continente diverso e aveva personaggi meglio caratterizzati. La serie edimburghese è invece decisamente meno appassionante.C'è un solo interrogativo di etica applicata che ho trovato interessante nel libro e che vi sottopongo.Se un alcolista, senza nascondere il fatto di essere dipendente dall'alcol, vi dicesse che bere fa male e che tutti dovrebbero evitarlo, sarebbe un ipocrita?Se una persona che mangia dolci a profusione, che è obesa e ha il colosterolo ai limiti massimi, vi dicesse che mangiare dolci fa male sarebbe un ipocrita?La risposta di Isabel è che se queste persone dicessero ad altri di non fare ciò che a loro fa male senza nascondere le proprie debolezze, cioè senza mentire, allora non li si potrebbe accusare di ipocrisia.Sono curiosa di sapere cosa ne pensate,però sembra una conclusione logica: l'ipocrita è chi mente, chi cerca di mostrarsi diverso da quello che è.Però c'è un interrogativo simile, quasi identico, che suscita in me reazioni opposte.Se un noto libertino, dedito ad avventure di ogni genere, incapace di essere fedele ad una donna, capace di tradire la propria moglie, vi dicesse che essere infedeli è la rovina della vita e che voi dovreste essere tutti fedeli, perché è evidente che l'infedeltà è una scelta sbagliata, sarebbe un ipocrita? Rifletteteci bene, immaginate che questa persona non nasconda le proprie infedeltà,ma predichi lo stesso ad altri la morigeratezza. Sarebbe in questo caso un ipocrita, pur dicendo la verità su di sé?In teoria è la stessa domanda di prima, ma in questo caso mi sembra ovvio dare una risposta opposta: si è un ipocrita! Ma perché? Non lo so.