L'angolo di Jane

Le due vite di Laila – J.M.G. Le Clézio


Titolo: Le due vite di Laila Titolo originale: Poisson d'or Autore:Traduzione: Massimo Caviglione Casa editrice: Il Saggiatore pag:186 costo: 12 euro J    ean-Marie Gustave Le Clézio
Come molti sapranno Jean-Marie Gustave Le Clézio è il vincitore del premio Nobel per la letteratura del 2008, assegnatogli  perché (citazione testuale) ” Autore di nuove sperimentazioni, avventure poetiche e di sensuale estasi; esploratore di un’umanità dentro e fuori la civiltà imperante”.In Italia Le Clézio non è ancora molto noto: fino a pochi mesi fa nelle librerie si potevano trovare pochissimi libri di questo scrittore, ma sull'onda della gloria dei recenti allori molti dei suoi libri sono stati ripubblicati o tradotti.Sicuramente un solo libro è troppo poco per giudicare se gli accademici svedesi abbiano davvero scelto le parole giuste per motivare il Nobel a questo scrittore, ma leggendo “Le due vite di Laila” almeno  una parte della promessa, quella relativa alla scelta di parlare di coloro che non fanno parte della civiltà al potere, è stata mantenuta: la storia ruota infatti attorno alla vita di Laila, una giovane africana senza radici,perché rapita in tenera età da banditi e rivenduta poi alla anziana marocchina Lalla Asma, per farle da cameriera.  Il libro è un vero e proprio romanzo di formazione, in cui Laila, attraverso molte peripezie che la porteranno da adulta anche in Europa, dovrà trovare una propria identità, sfuggendo a tutti coloro che in qualche modo proveranno a sfruttarla, ad appoggiarsi a lei in cerca di cure, amicizia, sostegno senza dare indietro nulla, togliendole anzi spesso dignità.Per molti versi è un romanzo molto crudo che mostra un mondo crudele e barbaro, in cui le insidie maggiori non vengono da chi, povero come Laila, ha poco da condividere se non la propria amicizia, ma proprio da coloro che, godendo di maggior benessere ,per cultura e posizione sociale potrebbero offrire aiuto ed invece approfittano della propria condizione di potere per soggiogare ed umiliare chi invece è debole.Riguardo invece alle “nuove sperimentazioni, avventure poetiche e sensuali estasi”, al momento non sono pervenute e ho i miei dubbi che la scrittura di Le Clézio provocherà mai i miei entusiasmi: questo scrittore ha uno stile molto semplice, asciutto, assolutamente scorrevole, ma ahimé anche decisamente poco originale, al contrario invece dei temi trattati che sicuramente non sono tra quelli che di solito conquistano i podi delle classifiche di libri. E' una scrittura lenta, riflessiva e calma, quasi da saggista,  assolutamente funzionale ai temi trattati,  non aspettatevi di essere  trascinati dal vortice dell'emozione oppure, stupiti da accostamenti innovativi, da immagini indimenticabili o da uno stile scoppiettante.  Se devo giudicare solo da questo libro (e forse non devo, ma in fondo chi può impedirmelo?) la mia modesta, personalissima opinione, è che questo scrittore sia stato premiato molto più per l'impegno sociale dei suoi scritti che non per una sua influenza in campo strettamente letterario. Da questo punto di vista, parlando cioè di stile, talento, originalità e di tutto ciò che crea la “magia” che lega il lettore all'opera letteraria e ispira altri scrittori, molti concorrenti al Nobel di quest'anno erano leggermente avvantaggiati rispetto a Le Clézio. Sempre mio modesto parere: Philp Roth potrebbe fare colazione facendo pancake di Le Clezio, Murakami Haruki potrebbe idealmente trasformarlo sashimi e anche la brava Doris Lesssing, premiata l'anno scorso, in una gara di stile trasformerebbe Le Clezio in pudding. Ma, ripeto, sono miei pareri, derivati in fondo dalla lettura di un solo libro, sono sicura che in Svezia li hanno letti tutti (e ammetto che non li invidio molto).