L'angolo di Jane

L'apprendista di Venezia – Elle Newmark


Titolo: L'apprendista di Venezia Titolo originale: The book of Unholy Mischief Autrice: Ellis Newmark Traduzione: Elisabetta Valdrè Casa editrice: Longanesi: pag: 375
Mescolate insieme la Venezia del 1498, il cartone animato disneyano Ratatouille,  un pizzico de “Il codice da Vinci” ad una totale e voluta mancanza di coerenza storica ed otterrete “L'apprendista di Venezia”.Come espressamente dichiarato da Elle Newmark ,nella breve nota dell'autrice che precede l'inizio del libro, la Venezia in cui è ambientata la storia non è assolutamente realistica. A pochi anni dal viaggio di Colombo, quando ancora non era ancora del tutto compresa la portata delle scoperte fatte dal navigatore genovese  e in molti ignoravano persino che esistesse “un nuovo mondo”, Elle Newmark si diverte ad inventare una setta segreta che già conosce l'uso dei pomodori, delle patate, del caffè e di tante altre cose entrate nell'uso comune in realtà a secoli di distanza. Una setta dedita a questo genere di segreti può sembrare un po' strana, ma non se a farne parte sono dei cuochi molto speciali, anzi, per usare un altro anacronismo, degli “chef”, che usano cibi raffinatissimi come mezzo per tramandarsi conoscenze e per manipolare i potenti.La storia è narrata in prima persona dal giovanissimo Luciano, un ragazzo di strada, assunto per motivi a lui ignoti dal capocuoco del doge, per diventare il suo apprendista. Luciano però intuisce che il suo maestro non è un cuoco qualunque e che il suo modo di cucinare nasconde qualcosa di più che una sapiente arte di mescolare gli ingredienti. I piatti cucinati dallo chef Amato cementano amicizie, commuovono, ispirano riflessioni filosofiche, sono perfino in grado di impedire al doge di sbattere in prigione i propri commensali. Nel frattempo in tutta Venezia circola la voce che esista un libro che contiene la soluzione ad ogni problema umano: la formula della vita eterna, filtri d'amore e infinite altre in grado di dare un immenso potere a chi le possiede. Luciano comincia a sospettare del capocuoco e le sue indagini metteranno in moto un complesso meccanismo che farà precipitare gli eventi, con conseguenze impreviste.Il libro, anacronismi a parte, è tutto sommato scritto piuttosto bene, soprattutto nelle scene che descrivono il modo in cui i cibi cucinati con maestria e presentati con arte riescono a far volgere i pensieri di chi li consuma nella direzione voluta da chi li ha preparati. Così un piatto apparentemente semplice, ma che nasconde un ricco ripieno, suggerisce di diffidare dalle apparenze, oppure un altro a base di selvaggina invita gli astanti a  riflessioni sulla fragilità della vita. I personaggi del capocuoco, di Luciano e dei suoi amici di strada sono resi con efficacia, mentre gli altri hanno contorni molto più sfumati. Il punto debole è senz'altro l'intreccio che sembra promettere molto, ma poi si risolve in maniera affrettata e semplice, come se tutta la vena creativa di Elle Newmark fosse stata consumata nel creare questo mondo alternativo. Purtroppo anche in questo libro c'è una scena che è un vero tormentone per tutti i romanzi di ispirazione storica scritti dopo “Il nome della rosa”: c'è il libro, c'è il complotto, può forse mancare....? Che cosa indovinatelo, io vi dirò solo fuoco o fuochino! (e se non riuscite ad indovinarlo vi consiglio caldamente di leggere “Il nome della rosa” di Umberto Eco che invece è storicamente attendibilissimo).