L'angolo di Jane

La leggenda del santo bevitore, Fuga senza fine - Joseph Roth


Titolo: La leggenda del santo bevitore - Fuga senza fine  Titoli originali: Die Legende vom heiligen Trinker; Die Flucht ohne Ende Autore: Joseph Roth Traduzione: Monica Pesetti, Madeira Giacci Casa editrice: Newton Compton pag: 139 costo: 3,90 euro (acquistato in promozione, il prezzo pieno è 6 euro)
Nel 1939 moriva, a soli quarantaquattro anni, Joseph Roth, scrittore austriaco considerato uno dei principali cantori della decadenza dell'impero austro-ungarico. A 70 anni dalla morte,  il limite legale per la decadenza dei diritti d'autore, le opere di Joseph Roth (da non confondere con l'americano Philip Roth, tuttora vivente) sono liberamente pubblicabili da qualunque editore, col solo ovvio limite di rispettare i diritti morali di proprietà dell'opera ( ovvero, come si direbbe su internet, di rispettare i crediti dell'autore!). Newton Compton ha colto al balzo l'opportunità e ha appena dato alle stampe ben tre libri, che raccolgono nel complesso quattro romanzi di questo scrittore: "La cripta dei cappuccini"e"La marcia di Radetzky", imperniati sulle vicende della famiglia Trotta in due fasi differenti della storia dell'impero, e il volume che raccoglie due scritti brevi, oggetto di questa recensione, "La leggenda del santo bevitore" e "Fuga senza fine". A breve dovrebbe essere pubblicato anche il romanzo "Giobbe".La vita di Roth fu segnata, durante tutto il suo breve corso,da molte difficoltà, che spinsero l'autore sulla via dell'alcolismo. Mancò nella sua vita la figura del padre, che venne dichiarato pazzo e visse lontano dalla famiglia. Tristemente anche la moglie dell'autore, sei anni dopo il matrimonio, impazzì. A partire dal 1933 l'autore, di origine ebraica per parte di madre, fu costretto a lasciare l'Austria per timore delle persecuzioni naziste. Al centro delle opere di Roth c'è  spesso un uomo solo, trascinato da eventi così grandi rispetto alle risorse del singolo, da lasciare i protagonsiti come sotto shock, stupefatti, quasi incapaci di reagire. I personaggi di Roth non possono opporsi al ritmo frenetico della Storia che li travolge e che finisce per influenzare non solo il destino delle masse, ma ancor più quello dell'individuo. Una barriera di solitudine, impenetrabile, sembra circondare i protagonisti di questo autore, un muro innalzato dalla incomunicabilità di sentimenti che sembrano sempre così poco in sintonia con il resto di un universo in cambiamento, dominato da ideologie ciniche e spersonalizzanti. I protagonisti di Roth sono "fermi" rispetto alla Storia e sembrano lanciare di tanto in tanto deboli S.O.S, non tanto per essere salvati, perché per esserlo dovrebbero rinunciare ad essere ciò che sono, ma solo per cercare un affinità, un simile, qualcuno che raccolga quel timido tentativo di stabilre un contatto con altri in grado di capire senza giudicare, senza tentare di cambiare quello che sono diventati, persone magari che hanno deciso di "fermarsi", di non seguire più gli eventi."La leggenda del santo bevitore", scritto profeticamente nel 1939, anno della morte dell'autore, è un brevissimo racconto,con molti elementi autobiografici, ambientato a Parigi,che ha per protagonista Andreas,un esule austriaco alcolizzato (come era lo stesso Roth), finito a vivere per strada dopo essere uscito di prigione, per aver ucciso il marito violento della donna che amava. L'uomo sembra ormai totalmente indifferente al degrado della propria vita e non v'è traccia alcuna nel suo cuore della passione precedente. Ancora una volta, un  uomo che ha rinunciato a lottare, che ha deciso di fermarsi. Un giorno, un misterioso benefattore regala duecento franchi all'uomo, chiedendogli in cambio solo di restituirli, se mai le sue condizioni miglioreranno e ne avrà l'occasione, a Santa Thérése (Thérese de Lisieux, detta anche Santa Teresa del Gesù Bambino, morta a ventiquattro anni e patrona di Francia), la cui statua si trova nella chiesa di St. Marie de Batignolle. Dal momento in cui riceve il denaro Andreas sembra "perseguitato" dalla fortuna e ha più volte l'occasione di resistutire il denaro, ma qualche evento imprevisto fa sempre in modo che non ci riesca. Andreas si sente profondamente in debito con Thérèse, a cui sente di dovere la propria buona sorte.Il finale rappresenta benissimo la psicologia dei personaggi dei libri di Roth: in cerca di un contatto umano, di un segno di vicinanza, l'uomo verrà infine travolto dall'illusione, frutto dell'alcool, che la piccola santa l'abbia degnato dell'onore di cercarlo personalmente. In"Fuga senza fine" (del 1927) , Joseph Roth finge di raccontare una storia vera (e che in parte lo è davvero, per gli spunti autobiografici), tratta dalle memorie di un amico: Franz Tunda, un tenente dell'esercito austriaco che nel 1916 finisce prigioniero dell'armata russa. Come un moderno Ulisse, Tunda impiega molti anni prima di riuscire a tornare in patria, costruendosi una vita alternativa in Russia, dove partecipa anche alla rivoluzione, cercando esteriormente di adeguarsi ai nuovi canoni di vita imposti dal regime, ma totalmente incapace in realtà di accettare un totale cambiamento del proprio sistema di pensiero. Il mito della patria perduta sembra sempre aleggiare nella mente di Tunda, portandolo infine alla fuga dalla Russia. Il ritorno in Austria è però profondamente deludente: l'impero è ormai un mondo perduto e la fuga di Tunda, dall'indifferenza e dalla solitudine, è destinata a non finire mai. Il romanzo finisce in maniera quasi tronca, con un Tunda che, giunto a Parigi, medita sulla propria condizione:"In quell'ora il mio amico Tunda, trentadue anni, fresco e in salute, uomo giovane e forte, dai molti talenti, si trovava sulla piazza della Madeleine, al centro della capitale del mondo e non sapeva cosa doveva fare. Non aveva lavoro, non aveva amore, non aveva desiderio, non aveva speranza, non aveva ambizione e nemmeno egoismo.Così superfluo come lui non c'era nessuno al mondo".