L'angolo di Jane

Dalia nera - James Ellroy


Titolo: Dalia Nera Titolo originale: The Black Dahlia Autore: James Ellroy Traduzione: Luciano Lorenzin Casa editrice: Oscar Mondadori pag: 349 costo: 8,80 euro
Difficile dare un unico giudizio su questo libro, il primo della cosiddetta quadrilogia della Los Angeles nera di James Ellroy (che comprende anche "Il grande nulla", "L.A. Confidential" e "White Jazz"),perché in un certo senso leggerlo è stato un po' come traformarsi nel protagonista del libro e voce narrante, Bucky Bleichert, a cui passano sotto il naso molte bugie, tutte credibili nel loro contesto, ma che alla fine diventano troppe e troppo grandi per essere ignorate.Alla ricerca del nero più nero, James Ellroy reinventa, questo il termine più adatto, il caso della "Dalia Nera", un autentico omicidio avvenuto a Los Angeles nel 1947: vittima Elizabeth Short, ventiduenne e sconosciuta aspirante attrice di Hollywood. Il corpo della giovane fu ritrovato in un prato, in un luogo di passaggio, tranciato in due, con gli organi interni rimossi e il viso sfigurato da un taglio da orecchio ad orecchio che dava al volto l'apparenza di un terrificante ghigno clownesco postmortem. Il caso ebbe un grandissimo clamore, i cui echi non si sono ancora spenti, perchè coinvolse l'intera polizia di Los Angeles, portò all'interrogatorio di centinaia di potenziali sospetti e fece letteralmente impazzire i giornali, che non lesinarono titoli cubitali e articoli assurdi, definendo l'assassino come una specie di  lupo mannaro e inventando molte bugie sulla stessa vittima, la cui vita venne passata al setaccio. Elizabeht Short venne soprannominata Dalia nera", nome con cui   venne sostenuto la chiamassero i suoi stessi amici,per l'abitudine di vestire spesso di nero e per la passione per il film "La Dalia Azzurra", non è però del tutto certo se in realtà non si sia trattato solo di uno stratagemma, inventato dagli stessi giornalisti, per rendere più affascinante la vita di una ragazza che aveva avuto diverse difficoltà familiari, ma fondamentalmente era una persona molto comune, non molto differente da centinaia di altre ragazze in cerca di fama e fortuna ad Hollywood.James Ellroy sembra voler proseguire proprio sull'onda sensazionalistica lanciata dai giornali d'epoca, costruendo una vita alternativa, totalmente inventata per Elizabeth Short, nel tentativo di dare una soluzione ad un delitto che, nonostante il grandissimo spiegamento di forze, rimase del tutto irrisolto.  Decine di persone si autoccusarono dell'orrendo crimine, molte altre furono inserite nella lista dei sospetti e, cosa assolutamente incredibile, l'assassino stesso inviò una lettera alla polizia, spedendo alcuni effetti personali di Elizabeht Short che avrebbero potuto essere in possesso solo dell'omicida. L'esame del DNA sulla lettera avrebbe forse potuto gettare una luce, in tempi moderni, sul mistero, ma quando qualcuno pensò a questa eventualità per chiarire il più intricato delitto di Los Angeles, si scoprì che questa era scomparsa, rubata chissà da chi.Inventare una "Dalia Nera", una ragazza spregiudicata, promiscua, bugiarda, fragile e che sembra correre di continuo incontro alla morte, vivendo una vita torbida, in contatto continuo con il lato più marcio di Losa Angeles, non mi sembra il modo migliore di ricordare Elizabeth Short, e soprattutto mi sembra una scelta fin troppo scontata. Una donna è morta, uccisa in modo orribile, ma attribuirle ogni genere di perversione o debolezza, inventarsi che abbia girato film pornografici o che si sia dedicata alla prostituzione, quando le evidenze storiche non provano niente di tutto questo, mi sembra orribile. Infatti gran parte di quanto Ellroy scrive riguardo alla vita di Elizabeth Short è totalmente falso. Mi sembra che si voglia trasformare la vittima in una specie di colpevole. Sì, James Ellroy sembra andare controcorrente quando descrive una polizia corrotta, un insieme di persone potenti e senza scrupoli che dominano Los Angeles, ed un mondo senza un briciolo di umanità o pietà per i deboli. Ma è molto conformista, davvero rassicurante per le masse, quando ci dice invece che la vittima in fondo se l'è un po' cercata e che ci fa credere che per finire così male, per incontrare un folle, un essere totalmente devastato nella mente, si debba essere in qualche modo responsabili di qualcosa.Nella Los Angeles di James Ellroy nessuno però è buono, nessuno è innocente, l'ombra nera del male si allunga su tutto, anche sul protagonista, che nella sua ricerca di una verità nel caso della Dalia Nera, commette non pochi crimini e altrettante crudeltà. Se si considera questo solo un romanzo, un libro di fantasia, allora quella di Ellroy è forse un filtro applicato alla reltà, per metterne in evidenza alcuni aspetti. Ma se lo si considera invece un tentativo di inchiesta, sotto forma di storia romanzata, su un caso realmente accaduto, allora questo libro è un cumulo di spazzatura. Le uniche note reali, nel mare di illusioni create dallo scrittore stanno nel aver messo in evidenza che il caso Dalia Nera non fu risolto anche perché la polizia era corrotta e probabilmente chi vi era implicato doveva essere molto in alto. Ellroy tratta il suo lettore in maniera non molto diffrente da come tutti i personaggi del libro trattano Bucky Bleichert: bugie, bugie, bugie. Nel volume si intrecciano in realtà due storie: quella di ispirazione diciamo "storica", legata al caso Dalia nera, ed una di fantasia che invece è incentrata su un triangolo di amore e amicizia fra l'ex pugile e poliziotto Bucky Bleichart (voce narrante, chiamato ad investigare sul caso) , il suo collega, sempre poliziotto ed ex-pugile, Lee Blanchard e la di lui fidanzata Kay.Bucky e Lee sono Ghiaccio e Fuoco, due pugili  dallo stile differente sul ring, ma uniti da una strana forma di amicizia-lealtà che sembra non voler crollare anche di fronte a molti tradimenti, di ogni tipo. In questo libro in effetti Bucky sembra flirtare o avere una storia di sesso o sentimentale con quasi ogni donna citata nel volume (una cosa molto comune in tanti libri, anche di successo: confesso che penso sempre molto male di chi deve immaginare un mondo fatto in questo modo) , compresa la vittima, ma sembra amare in realtà un solo essere umano sul serio: Lee Blanchard, l'unico a cui resta davvero fedele. Amicizia, o forse lealtà, anche se unilaterale, e ostinazione per la ricerca della verità sono le due sole luci di questa storia, dominata dai lati più oscuri della vita di una metropoli.La trama è davvero intricatissima e ricca di colpi di scena, almeno nell'intreccio Ellroy non è certo scontato: come in un gioco di scatole cinesi, si scopre sempre una menzogna , nascosta dentro una apparente verità. Forse la storia è persino troppo complicata: per quanto  Bucky si vanti ogni tanto delle proprie doti investigative, alla fine del libro è difficile non pensare che in realtà il protagonista si sia lasciato passare sotto il naso così tante bugie da non poter essere certo definito una "volpe". I personaggi sembrano usciti da un classico film noir anni '40: uomini duri, donne misteriose, fiumi di cinismo e disincanto. Se qualcosa non va, si possono sempre menar le mani o tirare fuori le pistole. La differenza con i classici noir del passato è che quello di Ellroy è un mondo senza censure: tutta la pervesione di una città viene rivesata nel libro. A volte si ha l'impressione di una visione troppo in bianco e nero, ma è un attimo: in effetti è tutto NERO e basta!In definitiva, se volete leggere questo libro, tenete conto di un fatto: non è la realtà, è solo un romanzo.Dal libro è stato tratto anche un film del 2006, diretto da Brian De Palma, recensito nel post n°548