L'angolo di Jane

Anathem. Il pellegrino Vol. 1- Neal Stephenson


Titolo: Anathem – Il pellegrino Vol. 1 Titolo originale: Anathem Autore: Neal Stephenson Traduzione: Valentina Ricci Casa editrice: Rizzoli pag: 643 costo: 16 euro“Se sei abituato a leggere opere di letteratura fantastica e ami risolvere i rebus, allora salta la presente avvertenza. Altrimenti, sappi che questo libro non è ambientato sulla Terra, ma sul pianeta di Arbre, che per molti versi le assomiglia”.
Queste le prime righe della “Avvertenza al lettore” che precede l'inizio di Anathem, un originalissimo libro di fantascienza che sembra avere, nelle prime cento pagine, il preciso intento di scioccare il più possibile i lettori, abbandonandoli tutti soli su Arbre, un posto veramente simile al nostro pianeta, ma dove invece ci si ritrova a leggere le parole di una voce narrante che usa termini totalmente sconosciuti a qualunque idioma terrestre, scorrendo sconcertati gli occhi su parole che danno per scontato che conosciamo l'intero sistema sociale, filosofico e scientifico alla base della vita arbriani, congegnati dall'autore in modo da apparire veramente speculari ad alcuni di quelli che ci sono noti, ma da essere in realtà  radicalmente differenti. Sta alla abilità del lettore ricavare il significato dal contesto, attingendo a tutto quello che sa di filosofia, scienza e religione.Ogni tanto ci viene gettato l'osso di una definizione de “Il Dizionario, IV eidizione, A.R. 3000”, allo scopo di chiarire alcuni dei termini stranissimi inventati da Neal Stephenson. In verità c'è anche un glossario alla fine, ma io sono per il “non barare”, oltre al fatto che fuori contesto in ogni caso le definizioni sono difficili da memorizzare, quindi per le prime  pagine di questo volume, credetemi, ho sofferto: ho avuto l'errata convinzione che Stephenson stesse barando, che avesse inventato tutti questi strani termini solo per confondere le acque e far sembrare originale qualcosa magari di trito e ritrito. Perché chiamare “Jeejah” un cellulare ad esempio? Perché definire “Fraa” e “Suur” quelli che a tutti gli effetti sembrano essere frati e suore? Oppure perché chiamare “Concento” quello che sembra un convento? Ovviamente mi riferisco alle traduzioni italiane, sicuramente nell'originale inglese ci saranno simili somiglianze.Ma dopo il primo periodo di assestamento, presa confidenza con “la lingua locale”, Arbre mi ha davvero catturata, sarà forse perché i “Fraa” e le “Suur", che nel  complesso dcostituiscono gli  avout”, di questo strano pianeta non venerano alcun alcuna divinità, ma dedicano i loro tempo alla ricerca filosofica e scientifica, rinchiusi nei loro “mat” (vi state abituando?) seguendo una rigorosa disciplina che impone loro di possedere solo un drappo, una corda ed una sfera di “nuovamateria”. Uomini e donne che  dedicano la vita a conservare l'antico sapere analogico, mentre nel mondo “extramuros” la tecnologia, le idee, il potere politico cambiano vorticosamente a seconda delle mode e degli umori delle folle.I “mat” sono suddivisi in base al loro grado di separazione dal mondo esterno: i mat unariani vengono aperti all'esterno una volta l'anno, i decenariani solo una volta ogni dieci anni, i centenariani una ogni cento anni ed infine i millenariani una volta ogni mille anni. Proprio durante una delle cerimonie di apertura del mat decenariano di Erasmas (l'Apert), il “deca” voce narrante di questa storia, avvengono una serie di eventi che sconvolgono prima il Concento e poi l'intero pianeta Arbre. Il giovane Erasmas, un tempo convinto di avere scelto una vita che non avrebbe mai superato le mura del concento di Saunt Edhar, dovrà invece avventurarsi nel mondo,  per risolvere una serie di misteri che metteranno alla prova tutto il sistema di pensiero su cui ha basato la propria esistenza.Anathem non è un libro semplice: è quasi un trattato di filosofia in miniatura, oltre che la versione in forma di romanzo di una interessantissima “teoria policosmica” su come differenti mondi potrebbero comunicare tra di loro, ed una ardita rappresentazione di possibile futuro scientifico.Il libro è disseminato di dialoghi che non sono altro che dimostrazioni filosofiche ed è presente una appendice con alcune spiegazioni scientifiche.Ovviamente la filosofia  e la scienza arbriane devono molto a quella terrestre: Platone, Gödel e Pitagora devono aver lasciato qualche seme anche su Arbre, prontamente coltivato da Neal Stephenson. Non è quello che definirei un rilassante libro da ombrellone, a meno che di solito per rilassarvi non passiate il tempo a tentare di trovare un modo per risolvere le equazioni di quinto grado...E' un volume che richiede alcune cose fondamentali: una grande immaginazione, capace di raccogliere la sfida di costruire nella propria mente una Arbre plausibile, e uno spiccato amore per tutto ciò  che è scienza, filosofia e capacità di giocare con esse. Purtroppo la Rizzoli ha deciso di pubblicare questo volume in due parti, anziché nell'unico volume originale, perciò lo sviluppo della storia viene bruscamente interrotto a metà.La seconda parte “Anathem – Il nuovo cielo” dovrebbe essere pubblicata entro il 15 Settembre (secondo quanto riportato nelle pagine pubblicitarie finali), nondimeno trovo assurda l'idea di spezzare in due un volume tanto complicato: in pratica non appena ci si sente a proprio agio in mezzo cose come Mondo Teorico Hyleo, fetch, mobi ed altre amenità arbriane, ecco che ci si ritrova a contemplare la parte posteriore della copertina, con l'impressione di aver ricevuto una porta sbattuta in faccia all'improvviso. Rimando pertanto al prossimo volume considerazioni più strettamente inerenti allo sviluppo della trama, sperando che anche la seconda parte di Anathem non sia inferiore alla prima, così promettente.