L'angolo di Jane

Z la città perduta – David Grann


Titolo: Z la città perduta Titolo originale: The Lost City of Z Autore: David Grann Traduzione: Paolo Brovelli Casa editrice: Corbaccio pag: 386 costo: 19,90 euro
Il mondo è oggi  terribilmente piccolo e sono pochi davvero i luoghi sconosciuti alla potenza dei satelliti, o alla capacità colonizzatrice della civiltà occidentale.Ma all'inizio del secolo scorso, quando l'aviazione era ancora agli albori e le prime radio senza fili cominciavano a diventare appena più piccole di un comò, il mondo era ancora abbastanza misterioso per permettere ad esploratori senza paura di avventurarsi in uno dei territori più inesplorarti della Terra: l'Amazzonia.Per quasi un secolo la Royal Geographic Society, la nosta associazione britannica consacrata alla mappatura del pianeta, che aveva visto fra i suoi membri alcuni dei più noti scienziati e intellettuali dell'epoca (un inglese non iscritto alla RGS non era davvero illustre), avevo guidato e finanziato alcune delle più importanti missioni esplorative.I primi mappatori del globo non erano scienziati di professione, ma dei veri e propri avventurieri, il cui coraggio era provato dalla capacità di affrontare fame, malattie e disperazione per il brivido della gloria: David Livingstone che scoprì le cascate Vittoria era un missionario, Henry Morton Stanley, che intraprese una missione per salvare Livingstone, quando questo scomparve in Africa senza dare più notizie, era invece un giornalista (fra parentesi, quando Stanley trovò infine Livigstone, in Tanzania, dopo un viaggio stremante e difficilissimo, durante il quale erano morte decine di persone, lo salutò con un molto inglese "Il dottor Livingstone, suppongo")."Z la città perduta" è il rescoconto di una missione molto simile a quella di Stanley nei confronti di Livingstone. David Grann, giornalista newyorkese cerca  di chiarire il mistero della scomparsa di uno degli ultimi esploratori "dilettanti", ma in realtà veri e propri professionisti di sopravvivenza in condizioni estreme: Percy Harrison Fawcett, scomparso in Amazzonia nel 1925, insieme al figlio Jack e all'amico di quest'ultimo Raleigh Rimmel.Dopo una carriera consacrata da molti successi esplorativi in Sud America, Fawcett, all'epoca cinquantottenne, partì per quella che considerava la missione definitiva e il coronamento del sogno di una vita: trovare i resti di una città perduta, che chiamò Z, costruita nei secoli passati da una civiltà avanzata, proprio nel mezzo dell'Amazzonia.Ogni evidenza sembrava contraria all'esistenza di Z: l'Amazzonia, così ricca di forme di vita, era considerata da biologi e antropologi un "paradiso illusorio". Proprio quell'eccesso di vita, vegetazione e insetti di ogni tipo, era da sempre l'ostacolo più grande al sorgere di qualunque civiltà complessa. La prova, che tutti additavano a Fawcett, stava nel fatto che gli indigeni, gli Indios, vivessero da sempre in piccolissime tribù e per loro fosse quasi del tutto sconosciuta l'agricoltura, impossibile in terreni costantemente dilavati e impoveriti da piogge torrenziali.
Ma "il colonnello", come amava farsi chiamare, sebbene come militare avesse ricevuto solo i gradi i "tenente colonello", sapeva che spesso gli indios trovavano, nascosti nel terreno, piccoli pezzi di ceramica decorata, che usavano come ornamenti. Viaggiando per anni in territori desolati Fawcett aveva intuito che quelli che venivano definiti "selvaggi", possedevano in realtà molte abilità sconosciute ai loro colonizzatori: dove i "superiori" occidentali cadevano come mosche, sterminati da parassiti o fame, gli indigeni invece prosperavano in condizioni giudicate incredibilmente ostili, grazie alla perfetta conoscenza del territorio, di rimedi vegetali e di armi apparentemente primitive, ma perfettamente adatte allo scopo.Sembra incredibile, ma per molto tempo gli Indios vennero considerate quasi sub-umani, e sterminati in nome di una presunta superiorità occidentale, persino con la benedizione di alcuni missionari cristiani.Sebbene David Grann ci dica che anche Fawcett non fosse del tutto immune al senso di superiorità inglese, quello che ci descrive è un uomo  molto diverso dai suoi colleghi più aggressivi nei confronti degli abitanti amazzonici: praticamente vegetariano, con una salute di ferro e una grandissima fiducia in sé stesso, Fawcett vietava ai suoi uomini di sparare agli Indios, invitandoli anzi a gettare subito le armi non appena ne avvistavano. Con le mani alzate e un grande sorriso in faccia, Percy H. Fawcett si avvicinava senza paura agli indigeni, offrendo doni in cambio di collaborazione, perfino se questi lo minacciavano con frecce e lance. Grazie ai suoi metodi poco ortodossi per l'epoca, gli zaini di Fawcett erano molto più leggeri e di solito le sue missioni, sebbene non prive di caduti sul campo, potevano spingersi più lontano, contando sull'aiuto della popolazione locale.Il colonnello Fawcett divenne quasi una leggenda e i resoconti dei suoi viaggi stampati in tutto il mondo. Sembra che il libro  "Il mondo perduto" di Arthur Conan Doyle, anch'egli membro della Royal Geographic Society e amico dell'esploratore, sia stato ispirato proprio dalle avventure ed idee di Fawcett,: in particolare sembra che lo scrittore abbia raffigurato in John Roxton, uno dei personaggi, proprio il colonnello.A partire dal 1927, due anni dopo la sua scomparsa, un tempo che lo stesso Fawcett, aveva indicato come necessario a trovare Z, molte missioni partirono alla ricerca dell'esploratore e dei suoi due giovani accompagnatori. Centinaia di persone morirono o scomparvero nel tentativo, ma nessuna verità emerse sulla fine di Fawcett o sulla leggendaria Z.A ottanta anni dalla scomparsa di PHF (come lo chiamavano in famiglia), la ricerca di Grann è stata condotta molto più su libri e documenti storici che non sul campo (sebbene si sia recato anche in Brasile), ma con soprendenti risultati.David Grann è infatti riuscito a contattare alcuni dei discendenti di Fawcett che hanno accettato di farlo accedere ad alcuni documenti riservati, mai mostrati in precedenza, conservati dalla nipote dell'esploratore, Rolette de Montet- Guerin. Leggendo i diari di Fawcett e sentendo le descrizioni dei famigliari relative alla figura del colonnello, Grann è giunto alla conclusione che se molte delle missioni erano fallite, questo si deve soprattutto al fatto che, nel timore di venire scippato della scoperta di Z dai suoi rivali, Fawcett aveva seminato molti falsi indizi relativi al luogo reale di partenza. Dopo aver trovato il vero "punto X", David Grann è riuscito a trovare l'ultima tribù ad aver parlato con Fawcett, presso la quale il passaggio dei tre inglesi, i primi bianchi mai visti, si era conservato come un racconto orale (se volete sapere cosa accadde a Fawcett, leggete il primo commento a questo post, non voglio fare spoiler a chi volesse leggere il libro).David Grann è riuscito anche a chiarire che quello di Z non era forse del tutto un mito, sebbene la città cercata da Fawcett, forse suggestionato dalla scoperta del Machu Picchu in Perù, avvenuta poco tempo prima, era di natura completamente differente da quanto l'esporatore si aspettava: niente templi favolosi, palazzi o alte colonne.L'archeolgo Michael Heckenberger, ha infatti trovato di recente, proprio vicino al luogo da cui partì la spedizione di Fawcett, i resti di una estesa città, realizzata però in "orizzontale" e non "in verticale", come una grande distesa di basse case di legno, residuo di una civiltà certamente avanzata e collegata ad altre città simili. I Conquistadores spagnoli furono forse gli ultimi a vedere questi assembramenti, prima che epidemie e massacri distruggessero forse una delle più antiche civiltà umane. La giungla, che tutto inghiotte in Amazzonia, ha probabilmente cancellato gran parte delle tracce visibili di questi assembramenti che, essendo realizzati in materia organica, sono scomparsi molto rapidamente, dopo che venne meno l'autorità centrale, a causa degli stermini degli spagnoli e di tutti coloro che li seguirono.Il libro di David Grann è un appassionante resoconto non solo della vita di Percy Harrison Fawcett, descritta nel dettaglio, ma anche di una intera epoca di esplorazioni e favolose avventure, di rivalità fra personaggi temerari e forse un po' folli, quando ad esempio i miliardari, come il grande antagonista di Fawcett, il medico Alexander Hamilton Rice, usavano il proprio denaro con prodigalità per conquistare un piccolo pezzo di gloria, affrontando i pericoli di terre insidiose come l'Amazzonia.La ricerca di Grann è stata a tutto tondo e ha avuto successo forse proprio per questo: ricostruire il carattere di Fawcett, attraverso i suoi diari e le testimonianze scritte, è stato forse il passo decisivo per capire i suoi movimenti, e grazie a questa minuziosa opera possiamo rivivere dall'interno un appassionante resoconto di una avventure forse sfortunata, ma incredibilmente suggestiva.P.S: non ho mai dedicato i miei post a nessuno, ma questo devo assolutamente dedicarlo al mio professore di italiano delle scuole medie che, fra tutti i libri che potevano capitarmi in sorte, presi dalla biblioteca scolastica, decise di dare proprio a me il resoconto delle avventure di Henry Morton Stanley, il salvatore di Livingstone. Professore, lo confessso: non l'ho mai finito!Stanley sarà stato un grande esploratore, ma per una dodicenne magari non era proprio il più appassionante degli scrittori...