L'angolo di Jane

La passione di Artemisia - Susan Vreeland


Titolo: La passione di Artemisia Titolo originale: The Passion of Artemisia Autrice: Susan Vreeland Traduzione: Francesca Diano Casa editrice: BEAT pag: 329 costo: 9 euro
Artemisia Gentileschi fu una straordinaria eccezione nel panorama pittorico del XVII secolo: figlia del pittore Orazio Gentileschi, fu la prima donna ad essere ammessa, ne 1616, alla prestigiosa Accademia di Firenze, e fu anche una delle poche interpreti di una pittura, di ispirazione caravaggesca, che metteva al centro delle proprie composizioni figure femminili intense, a volte forti ed eroiche, come nella sua celebre "Giuditta che uccide Oloferne", altre tormentate ed inquiete, come in "Susanna e i vecchioni" o "La conversione della Maddalena", ma sempre costantemente "pensanti". Anche se quella di Artemisia Gentileschi è una pittura estremamente sensuale, le sue donne non sono mai solo begli oggetti da ammirare, ma creature vive, con una storia da raccontare, vere protagoniste delle proprie tele.Nel suo "La passione di Artemisia", Susan Vreeland tenta una versione romanzata della vita della pittrice, narrata in prima persona dalla stessa. Come l'autrice specifica nella nota finale, il libro non rispecchia fedelmente i dettagli storici, ma cerca soprattutto di rendere lo spirito del personaggio, che ebbe vita dura per affermare il proprio diritto ad esprimere la sua più grande passione, quella per la pittura. Le differenze sono minime,ma comunque presenti: ad esempio Artemisia ebbe quattro figli, non una figlia unica, anche se in effetti a sopravvivere fu solo una bambina, il cui nome era Prudentia, non Palmira come invece viene scritto nel libro (anche se in uno dei capitoli finali viene chiamata Palmira Prudentia)Il volume si apre con la vicenda biografica più nota della pittrice: il processo per stupro contro Agostino Tassi, il maestro di prospettiva sia di Artemisa che del padre Orazio. L'episodio scelto da Susan Vreeland, con la giovane Gentileschi sottoposta alla tortura della Sibilla, procedura in cui venivano strette delle corde attorno alle dita di un testimone fino a farle sanguinare, perché si riteneva che solo un innocente avrebbe sopportato tale dolore pur di avere giustizia, rende bene l'idea di quale valore si desse a quel tempo alle donne e alla loro parola: la vittima torturata al posto del colpevole, un atteggiamento questo che in parte persiste perfino oggi.Susan Vreeland imposta tutto il proprio romanzo proprio sul trauma creato nella pittrice non solo dalla violenza subita, ma anche dall'umiliazione dello scandalo pubblico, dalla mancanza di solidarietà del padre, che intentò il processo non per avere giustizia di un delitto, ma per essere risarcito del fatto che la figlia era stata danneggiata in quanto vergine e in quanto pittrice, che da quel momento avrebbe avuto un "valore minore", come se insomma si trattasse del danneggiamento di una merce preziosa, piuttosto che di una violenza inflitta ad un essere senziente.Vreeland  racconta quindi la storia di una donna che deve perennemente confrontarsi con la calunnia, come se fosse colpevole di quanto accadutogli, con la sensazione di essere stata abbandonata al proprio destino dal padre, che l'ha esposta pubblicamente, pregiudicandole un futuro felice, e con il generale pregiudizio contro le donne, quando tentino di uscire dagli steccati costruiti attorno a loro.La ricostruzione dei passaggi che portano alla progettazione di quadri più famosi della pittrice, dei dubbi e delle angosce, nel cercare la migliore chiave interpretativa per eroine e personaggi rappresentati molte volte da altri pittori, sono sicuramente dei punti di forza del volume: incuriosiscono al punto da dover assolutamente cercare immagini dei quadri citati. In effetti se fossero state inserite certamente la lettura sarebbe stata ancora più appassionante: viviamo in un epoca informatica, e su internet ci sono tutte le riproduzioni che si desiderano, ma sicuramente sarebbe stato un tocco in più allegarle al volume.Davvero molto interessanti, ad esempio, le considerazioni sulle differenza fra la "Giuditta che uccide Oloferne" di Caravaggio e quella di Artemisia Gentileschi. In quella caravaggesca si vede una bella fanciulla la cui spada si muove quasi da sola: a compiere giustizia è la volontà di Dio, la ragazza è solo uno strumento senza una  volontà propria, al centro del quadro c'è la testa di Oloferne, un uomo. La Giuditta di Artemisa Genitileschi è invece una donna a cui è richiesta tutta la propria forza per compiere la volontà divina: l'uccisione di Oloferne è un atto violento, selvaggio, sanguinario. La Giuditta di Artemisia ha la fronte serena, perché compie un atto richiesto dal Signore, ma il suo non è un atto semplice ed inconsapevole, e richiede impegno. Il quadro è infinitamente più drammatico di quello di Caravaggio. Alcuni hanno interpretato questo quadro di Artemisia Gentileschi come una rivalsa sul suo assalitore, rappresentato come Oloferne, ma la cosa è dubbia.Qui sotto i due quadri: il primo è di Artemisia Gentileschi, il secondo di Caravaggio
La debolezza di questo volume  sta invece nel non aver invece creato un personaggio capace di trasmettere l'indubbia forza e tenacia di Artemisia Gentileschi, che invece appare un personaggio un po' piatto, quasi spento, forse anche penalizzato da una trama imbastita come una biografia, ma senza veri significativi episodi chiave: di passione  alla fine ce n'è davvero poca.Il libro rimane comunque una lettura interessante, ma molto più apprezzabile per per la storia dei quadri, davvero ben raccontata (anche se non so quanto affidabile), che per la qualità intrinseca della scrittura di Susan Vreeland. Una buona biografia romanzata, ma forse, in sé, un romanzo non sempre avvincente.