Il mondo che vorrei

Post N° 48


Ingegnerizzazione genetica di una razza dominante? La Svalbard Seed Bank comincia a divenire interessante. Ma c'è di meglio. "Il progetto" di cui parlavo prima è il progetto della fondazione Rockefeller e di potenti interessi finanziari che fin dagli anni '20 intende usare l'eugenetica, più tardi rinominata genetica, per giustificare la creazione di una Razza dominante geneticamente modificata. Hitler e i nazisti l'avevano chiamata Razza Ariana.   L'eugenetica di Hitler era in buona parte finanziata dalla stessa fondazione Rockefeller che oggi sta costruendo la "banca genetica dell'Apocalisse" per salvaguardare campioni di ogni seme sul pianeta. La cosa si sta facendo veramente intrigante. La stessa fondazione Rockefeller aveva creato una disciplina pseudoscientifica di biologia molecolare nel suo incessante tentativo di ridurre la vita umana a una "definizione di sequenza genetica" che, sperava, avrebbe potuto poi essere modificata per cambiare a volontà le caratteristiche umane. Gli eugenisti di Hitler, molti dei quali furono poi discretamente trasferiti negli Stati Uniti alla fine della guerra per continuare le ricerche di eugenetica biologica, avevano creato le basi dell'ingegnerizzazione genetica di varie forme viventi, sostenuta apertamente durante buona parte del Terzo Reich dalle generose borse di studio della fondazione Rockefeller.[2]   La stessa fondazione aveva poi dato vita alla cosiddetta Rivoluzione verde, dopo un viaggio in Messico nel 1946 di Nelson Rockefeller e di Henry Wallace, ex segretario all'agricoltura del New Deal e fondatore della Pioneer Hi-Bred Seed Company.  La Rivoluzione verde intendeva risolvere i problemi alimentari del mondo, soprattutto in Messico, India e negli altri paesi in cui lavorava Rockefeller. Norman Borlaug, agronomo della fondazione, ottenne il premio Nobel della pace per il suo lavoro, qualcosa di cui c'è poco da vantarsi visto che persino Henry Kissinger ha ottenuto lo stesso riconoscimento.  In realtà, come salterà fuori anni dopo, la Rivoluzione verde era una brillante trovata della famiglia Rockefeller per sviluppare un'industria agroalimentare mondiale in cui avrebbe avuto il monopolio, proprio come erano riusciti a fare nel settore petrolifero nei cinquanta anni precedenti. Come Henry Kissinger affermò negli anni '70 "Chi controlla il petrolio controlla il paese, chi controlla il cibo controlla la popolazione".  Agroalimentare e Rivoluzione verde dei Rockefeller avanzavano mano nella mano: facevano parte di una strategia globale che qualche anno più tardi includerà anche il finanziamento da parte della fondazione Rockefeller della ricerca per sviluppare l'ingegnerizzazione genetica delle piante e degli animali.  John H. Davis, vicesegretario all'Agricoltura sotto il presidente Dwight Eisenhower all'inizio degli anni '50, lasciò Washington nel 1955 e si spostò all'Harvard Graduate School of Business, all'epoca un posto piuttosto insolito per un esperto agricolo. Ma aveva in mente una precisa strategia. Nel 1956 scrisse un articolo nell'Harvard Business Review in cui dichiarava che "la sola strada per risolvere una volta per tutte il cosiddetto problema agricolo, ed evitare ingombranti programmi statali, era quella di passare dall'agricoltura all'agroalimentare". Sapeva di cosa parlava, anche se pochi altri ne avevano all'epoca un'idea: una rivoluzione nella produzione agricola che avrebbe concentrato il controllo della catena alimentare nelle mani delle multinazionali, lontano dalla tradizionale conduzione agricola familiare. [3]   Un aspetto cruciale che aveva attirato l'interesse della fondazione Rockefeller e delle aziende agroalimentari statunitensi era il fatto che la Rivoluzione verde si basava sulla proliferazione di nuovi semi ibridi nei mercati in via di sviluppo. E una caratteristica vitale dei semi ibridi è l'impossibilità di riprodursi, perché hanno una protezione interna contro la moltiplicazione. A differenza delle normali specie liberamente fecondate, i cui semi danno vita a raccolti simili a quelli di partenza, i raccolti dei semi nati da piante ibride sono sensibilmente inferiori a quelli della prima generazione.  La particolarità dell'impoverimento del raccolto degli ibridi significa che gli agricoltori devono comprare nuovi semi ogni anno per ottenere raccolti abbondanti. Il raccolto inferiore della seconda generazione elimina inoltre il commercio di sementi, spesso fatto dai produttori di semi senza l'autorizzazione dei selezionatori, e impedisce agl'intermediari di ridistribuire le colture commerciali. Se le grandi multinazionali delle sementi potessero controllare direttamente le linee parentali di semi, nessun concorrente o agricoltore potrebbe produrre ibridi. La concentrazione mondiale di brevetti per sementi ibride nelle mani di un gruppetto di giganti dei semi, guidati dalla Pioneer Hi-Bred della DuPont e dalla Dekalb della Monsanto ha spianato il terreno alla successiva rivoluzione dei semi OGM. [4]   In effetti, l'introduzione della moderna tecnologia agricola americana, dei fertilizzanti chimici e dei semi ibridi commerciali, aveva fatto si che nell'insieme gli agricoltori dei paesi in via di sviluppo, e soprattutto quelli più grandi, dipendessero completamente dagli stranieri, in particolare dalle aziende agroalimentari e chimiche statunitensi. Era il primo passo di quello che sarebbe stato un processo decennale attentamente pianificato.  Durante la Rivoluzione verde, l'agroalimentare stava compiendo passi da gigante in mercati prima di accesso limitato per gli esportatori statunitensi. La tendenza verrà dopo propagandata come "agricoltura di mercato", anche se in realtà si trattava di un'agricoltura controllata dal settore agroalimentare.  Durante la Rivoluzione verde, la fondazione Rockefeller e più tardi la fondazione Ford lavorarono mano nella mano per orientare e sostenere gli obiettivi di politica estera dell'USAID (United States Agency for International Development) e della CIA.  Una delle peggiori conseguenze della Rivoluzione verde fu lo spopolamento delle campagne; i contadini dovettero spostarsi nelle bidonville che attorniano le città, alla disperata ricerca di un lavoro. Non fu un episodio accidentale: faceva parte del piano per creare forze di lavoro economiche in vista dell'arrivo delle industrie multinazionali americane, la "globalizzazione" degli ultimi anni.  Quando terminò l'autoesaltazione della Rivoluzione verde, i risultati furono ben diversi da quelli promessi. L'uso indiscriminato dei nuovi pesticidi chimici aveva creato seri problemi, spesso con gravi conseguenze per la salute. Col tempo la monocoltura delle nuove varietà di semi ibridi aveva ridotto la fertilità del suolo e dei raccolti. Dapprima i vantaggi erano apparsi impressionanti (raccolti doppi o tripli per alcune colture, ad esempio frumento e, più tardi, grano in Messico) ma ben presto svanirono.   La Rivoluzione verde era di solito accompagnata da grandi progetti d'irrigazione che spesso prevedevano prestiti della Banca mondiale per costruire nuove grandi dighe, e distruggere nel frattempo aree precedentemente coltivate e fattorie fertili. Il super-frumento produceva, è vero, raccolti più abbondanti, ma saturando ogni ettaro di terra con grandi quantità di fertilizzanti derivati da nitrati e petrolio, entrambi controllati dalle Sette Sorelle, le grandi compagnie petrolifere dominate da Rockefeller.  Venivano inoltre adoperate grandi quantità di erbicidi e pesticidi, dando così vita a nuovi mercati per i giganti petroliferi e chimici. Come ha detto un analista, la Rivoluzione verde è stata in realtà una rivoluzione chimica. I paesi in via di sviluppo non avrebbero mai potuto pagare queste masse di pesticidi e fertilizzanti, se non ci fossero stati i crediti gentilmente concessi dalla Banca mondiale e i prestiti speciali della Chase Bank e di altre importanti banche di New York e garantiti dal governo statunitense.  I prestiti, elargiti a un gran numero di paesi in via di sviluppo, finivano soprattutto ai grandi proprietari terrieri. La situazione era invece differente per i piccoli agricoltori, che non potevano sostenere i costi dei fertilizzanti e delle altre moderne apparecchiature, ed erano quindi costretti a chiedere soldi in prestito. In un primo momento vari programmi statali avevano tentato di elargire piccole somme agli agricoltori per consentire loro di acquistare semi e fertilizzanti, ma quelli che non potevano partecipare a programmi di questo tipo dovevano cercare fondi nel settore privato. A causa degli esorbitanti tassi d'interesse dei finanziamenti non ufficiali, molti piccoli agricoltori non avevano nemmeno profittato dei benefici dei primi raccolti, più abbondanti; a fine stagione dovevano vendere tutto o quasi il prodotto per rimborsare prestito e interessi. Erano così arrivati a dipendere dagli usurai e dai commercianti, e spesso perdevano le loro terre. Anche con i prestiti agevolati delle agenzie governative, i raccolti destinati a garantire l'esistenza lasciavano il posto alla produzione di raccolti al solo scopo di far denaro.[5]   Da decenni gli stessi interessi economici, inclusa la fondazione Rockefeller che aveva sostenuto la Rivoluzione verde, stavano lavorando per promuovere una seconda "rivoluzione genetica", come vari anni orsono la definì il presidente della fondazione Rockefeller Gordon Conway, cioè la diffusione dell'agricoltura industriale e dei prodotti commerciali, inclusi i semi OGM brevettati.