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mostra di Pablo Echaurren La contropittura dai fumetti alla politica


Un’ampia personale che, negli spazi della GNAM di Roma, presenta oltre 200 opere dell’artista – tele, disegni, collage – dagli anni settanta ad oggi, per ripercorrere la carriera di un artista eclettico. “Pittura e fumetto, artista perfetto!”. Questo è lo slogan che, in modo sintetico, ci fa intuire una parte fondamentale della poetica di Pablo Echaurren e ci connette con la mostra Contropittura, allestita alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma fino al 3 aprile 2016. Nonostante il nome cileno, la città dove nasce e lavora è Roma; figlio dell’artista Sebastian Matta, non è però lui a trasmettergli la passione per la pittura, fu invece grazie a Gianfranco Baruchello che Pablo iniziò a inserirsi rapidamente nel mondo dell’arte. A quel tempo l’artista, come lui stesso dichiara, non considerava ancora quella come la sua strada, suonava il basso e voleva diventare il quinto dei Beatles, quando Baruchello portò le sue illustrazioni al gallerista Arturo Schwarz che le comprò tutte. Da un lato conquista fin da subito il giovane pubblico con le sue illustrazioni, in particolare quella per il romanzo cult “Porci con le ali” del 1977, dall’altro viene in qualche modo emarginato dagli altri artisti per questa sua commistione tra pittura, disegno e fumetto che all’epoca suscitava critiche e scalpore in ambito artistico.
La varietà dei disegni nelle sue tele insieme alle scritte e ai rimandi fumettistici catturano subito l’attenzione, grazie alla luminosità di questi colori sgargianti utilizzati. Le linee nere ben definite, i colori piatti, le scritte che si mescolano e si nascondono tra le immagini, creano un tutt’uno in composizioni che nel loro complesso risaltano esteticamente all’occhio dello spettatore. Di fatto, la cultura nella quale egli è cresciuto è quella Pop, che lui interpreta in chiave graffitista, dato che le sue opere ricordano più dei murales che dei quadri da museo. Uno street artist ante litteram, egli rappresenta la propria realtà in maniera critica, non in modo agguerrito ed aggressivo come Basquiat, ma sicuramente tocca dei temi caldi con sarcasmo ed ironia. Basti pensare alla serie di opere nelle quale esprime il suo desiderio di sovvertire il sistema dell’arte, che sembra ormai ai suoi occhi solo una macchina produttrice di guadagni, dove ciò che conta è solamente il valore economico delle opere mentre il contenuto e la creatività risultano secondari se non indifferenti.
Che valore ha allora il lavoro del genio creativo che risiede dietro ogni opera? Un’acuta riflessione su quanta poca libertà d’estro si riserva in realtà ad una attività così creativa, se bisogna adeguarsi a ciò che può essere più facilmente venduto e possa piacere di più all’élite di pubblico che conta. Come il valore economico prevale su quello artistico, così anche la pittura sembra prevalere sugli altri generi ritenuti minori, come il disegno a fumetti e il collage e l’artista si prefigge il compito di restituire dignità ad ogni forma espressiva che possa trasmettere un segno e quindi un messaggio. Il linguaggio pittorico di Pablo, pur nascondendosi dietro un geometrismo che richiama l’Informale, a prima vista quasi astratto, rivela ad una più attenta osservazione tutta la sua concretezza ed aderenza alla realtà. In alcune tele emergono anche pagine della nostra storia, come quando rappresenta la caduta del muro di Berlino e i conflitti del Golfo Persico, ma sempre mescolati ad elementi simbolici e allegorie. In altre invece, ritornano riflessioni meno storiche e più filosofiche, come ad esempio in quelle con la serie di teschi che si sovrappongono e si nascondono in un horror vacui che più che un memento mori è una costante consapevolezza che, nonostante l’intensa attività della vita, la morte è pur sempre presente.
In ogni caso, l’interesse per la realtà e impegno politico sono caratteristiche che lo hanno sempre distinto e che hanno trovato sbocco nelle vignette per riviste e quotidiani come “Lotta continua”, presenti in mostra alla Gnam e mai esposti prima. Sono gli anni ’77-’78, nei quali l’artista abbandonò momentaneamente la pittura e si dedicò esclusivamente al giornale, all’esperienza dei cosiddetti “indiani metropolitani”, una corrente che, rifacendosi ai dadaisti, in particolare a Duchamp, Picabia e Tzara, utilizzava la fama di questi artisti e le loro forme espressive come strumento di critica della retorica politica e dei meccanismi del consenso. In questi disegni porta a compimento quel processo che aveva già iniziato in pittura, rimescolando elementi di arte “nobile” e di arte “bassa”. Come nelle vignette riprende gli stilemi dadaisti, così in altre opere ci sono dei rimandi anche a dipinti futuristi e cubisti accanto a scritte pubblicitarie e personaggi dei fumetti, azzerandone la differenza. Se una copertina di un giornale può diffondere un segno ed un’opera d’arte più “alta” invece non ne è in grado, allora la copertina è sicuramente più importante, questo è quello che dimostra l’artista attraverso le sue opere.
Del resto anche Picasso per la composizione del Guernica fu ispirato dalle immagini in bianco e nero che vide sul giornale riportante la notizia del bombardamento, a conferma che forse l’influenza tra le due forme d’arte è anche reciproca. Allo stesso modo i suoi “quadratini”, immagini inserite in dei piccoli riquadri ad acquarello, non sono semplici fumetti colorati, ma il mezzo per entrare in contatto con la realtà concreta, che rivelano la sua passione per studi quali la geologia e l’entomologia. Echaurren è un artista poliedrico che ha sperimentato un gran numero di mezzi espressivi, non solo pittura e fumetto, ma anche scultura, mosaico, ceramica, scrittura, video. Il film che ha prodotto con Francesco d’Aloja e Valerio Fioravanti, “Piccoli ergastoli”, girato nel carcere di Rebibbia con i detenuti, fu presentato al festival del cinema di Venezia. Se si volesse inquadrare o definire in qualche modo il suo stile non si potrebbe, dato il tale sconfinamento di generi e di influenze che l’artista utilizza in maniera fluida, impossibile etichettarlo o rinchiuderlo in una o più correnti.
Si possono osservare i primi collage degli inizi degli anni ‘80, momento in cui egli riprende a poco a poco la sua attività artistica. Il bianco è il colore predominante, ma quasi sbiadito, rimangono le parole chiave dell’attività del giornale, tra cubismo sintetico e minimal, si stenta a riconoscere che sia lo stesso artista dei colori accattivanti e dei disegni così vitali e decisi delle tele. L’originalità di Pablo Echaurren sta anche in questo, poiché si trovò ad iniziare la sua carriera in un periodo storico in cui si stavano sviluppando numerose correnti artistiche, ognuna con le proprie caratteristiche precise assunte in forma intellettuale attraverso trattati, come il minimalismo, l’arte concettuale o l’arte povera. Egli invece fin dall’inizio anticipò il clima artistico degli anni 2000, caratterizzato da un generale eclettismo nel quale finalmente sembrano non esserci più distinzioni gerarchiche tra le diverse forme d’arte ma, anzi, esse iniziano a coesistere nella stessa opera. L’artista non ha certo rinunciato ai suoi punti di riferimento ma li ha reinterpretati in base all’esigenza del momento, allontanandosi da qualsiasi stereotipo artistico o convenzione culturale. La produzione artistica di Echaurren, si caratterizza per la sua varietà e per mantenere dei fili conduttori tematici, come l’attenzione verso la realtà e l’interesse per la politica, più che stilistici, rinnovandosi di continuo, trovando ogni giorno un elemento diverso.dailystorm.it di Emilia Scarallo