Incontriamoci

Ricomincio da me


Lettera a un Giornale in occasione del 22°Anniversario di AA Mi chiamo ........ e sono un alcolista, una persona che a furia di bere in modo ripetitivo era diventata incapace di controllare quando avrebbe bevuto e quanto avrebbe bevuto non appena avesse incominciato a bere. Da un certo momento della mia vita in poi, non sono stato più in grado di controllare quanto avrei bevuto non appena toccato il primo bicchiere Iniziai bevendo un bicchiere ogni tanto fuori con gli amici (a casa non c'era l'abitudine di bere a pranzo o a cena), ma ben presto cominciai a dare all'alcol un significato diverso e a farne un uso diverso dal normale: non l'usavo cioè a scopo alimentare o sociale, come chi non è alcolista, ma l'usavo per sentirmi meglio, cambiare umore, tenere a bada l'ansia, far sparire la timidezza, il disagio, l'insicurezza, per sentirmi, comportarmi e agire come la persona che avrei voluto essere e non ero. Fra me e il bere si venne a creare uno specialissimo rapporto, un'associazione emotiva e mentale particolare che a un certo punto cominciò a diventare ossessiva e compulsiva. All'inizio c'era l'euforia, la gradevole sensazione di essere socievole, attraente, approvato, ammirato, l'esperienza di essere accettato. Scoprivo la magia del bere e la bottiglia diventò la bacchetta magica che mi illudeva che il mio modo di stare al mondo fosse soddisfacente e che potessi affrontare agevolmente la vita. Ma i problemi psicologici, le insicurezze, le frustrazioni, mai affrontate, restavano e intanto la tolleranza all'alcol aumentava, accompagnata dai primi segni di una dipendenza psicologica: la quantità d'alcol che riuscivo a bere aumentava sempre più, così come aumentavano le circostanze in cui bevevo. Le occasioni di festa non diventarono altro che occasioni per bere, dissimulando il disagio insostenibile nel rapportarmi con gli altri. Adesso bevevo anche da solo e tenevo una scorta d'alcol in casa. Conoscevo già da qualche tempo le conseguenze fisiche, psicologiche e mentali del mio bere eccessivo e irresponsabile: gli stritolanti mal di testa e il tremore delle mani del mattino dopo, la sensazione di nausea, il vomito sempre più frequente, l'insonnia, l'angoscia che mi schiacciava. Scoprivo adesso che queste devastanti conseguenze del mio bere venivano "curate" da un'ulteriore ingestione d'alcol. A questo punto "dovevo" bere: ero condannato a bere. Il rapporto con me stesso si era deteriorato: l'euforia di un tempo aveva ceduto il posto alla disperazione, i sensi di colpa mi avevano fatto chiudere in me stesso, non mi stimavo più. Il rapporto con gli altri era pessimo, bevevo sul lavoro, disertavo impegni importanti. Mia madre era disperata, i miei fratelli non capivano, la ragazza mi aveva lasciato, gli amici mi evitavano. Dopo dodici anni dal primo bicchiere bevevo quasi tutto il giorno, più spesso da solo. Mi ero progressivamente isolato. Di tanto in tanto cercavo di non bere, ma non riuscivo. Avevo perso la fiducia in me stesso. Era come trovarmi sul ciglio franoso di un precipizio e soltanto l'alcol rendeva sopportabile l'ansia che mi divorava. Finché mi rivolsi a un medico. Questi, una persona intelligente e sensibile, mi consigliò Alcolisti Anonimi. Prese lui stesso il numero dall'elenco telefonico. Trovai così degli amici che avevano attraversato il mio stesso calvario e che mi sono stati vicini con il loro affetto e la loro comprensione, sostenendomi con la loro esperienza e la loro forza e con la speranza che anch'io, non bevendo ventiquattr'ore alla volta, avrei trovato la loro serenità. Grazie a loro e grazie ad A. A. e al suo insostituibile Programma di recupero, sono sobrio da sei anni, non ho più provato ossessione per l'alcol e ho potuto progressivamente ricostruire la mia personalità e il miglior rapporto con me stesso e con gli altri. Oggi sono un uomo libero, migliore e consapevole, fra l'altro, di non essere stato un vizioso, ma di essere affetto da una malattia che lasciata a se stessa conduce alla demenza e alla morte. Questa malattia, l'alcolismo, può essere fermata.