"Esiste un posto sull'appennino tra Bologna e Modena, dove al termine dell'ultima glaciazione si è formato un lago del tutto particolare, per diversi motivi.Questo lago è situato in provincia di Modena, all'interno del Parco del Frignano, il quale confina con il Parco del Corno alle Scale che si trova invece in provincia di Bologna.Col passare del tempo e per via delle piante acquatiche che lo ricoprono quasi totalmente sta trasformandosi in torbiera, unico ed eccezionale caso in tutto l'appennino tosco-emiliano.Altra notizia degna di nota, fra la massa torbosa del lago, nella vegetazione palustre costituita da cespi di carici, dove i fusti sommersi di trifoglio fibrino sorreggono un tappeto galleggiante di sfagni, si trova la Drosera rotundifolia rarissima pianta carnivora risalente al predetto periodo glaciale, vero fossile vivente.Quella del Lago Pratignano è l'unica presenza accertata di questa pianta su tutto l'appennino tosco-emiliano.Su questo Lago esistono molte antiche leggende.Situato sul percorso che collega l'Emilia alla Toscana si racconta di tesori gettati nel lago nel corso di cerimonie rituali officiate dai Druidi celti (per i quali questi specchi d'acqua erano sacri, al pari dei Nemeton, boschi altrettanto sacri) durante la migrazione verso sud sotto la pressione dell'avanzata romana nella Pianura Padana.Siamo all'epoca della Battaglia della Silva Litana, II sec. a.C.Purtroppo, un certo disinteresse e la cronica mancanza dei fondi necessari non ha mai permesso una ricerca scientifica sul fondo del lago.Personalmente ritengo che lacosa, se realizzata, ci regalerebbe piacevoli sorprese.Ricordiamo che fu in una torbiera che in Danimarca, a Gundestrup, venne rinvenuto il celebre Calderone d'argento,importantissima reliquia sempre d'epoca celtica.Altre leggende invece, più moderne, risalgono al periodo alto-medievale, periodo che mi sta personalmente molto a cuore.Quella che vi propongo ora è una poesia basata su una di queste leggende e che venne pubblicata inclusa in una raccolta dall'Editore Emilio Ballestri in quel di Vignola nel non lontano 1994, intitolata: Le Fate del Lago PratignanoNel grigio del tramonto un cavaliereraccoglie sotto un faggio la sua spada,da lunghi giorni ormai, da lunghe sere,dorme sull'erba fredda di rugiada;ovunque porti quell'ignota stradala percorre in contrade inospitali,sino a che l'alto sole si diradae rimontano i venti occidentali.Ora, seguendo un rivo d'altipiano,sopra le forre d'una valle scura,calca antichi sentieri, a Poggio Arcano,luogo di re, su una nebbiosa altura:ecco dinanti le goccianti muradelle rocce ventose e dei dirupi,ecco le spoglie vie dell'avventurasenza più canti, tra piane di lupi.Val Làmola, la conca dei torrenti,piegava i suoi versanti nella sera,di lato a boschi e a casolari spentisaliva la pietrosa mulattiera;l'aria soffiava, gelida e leggera,sopra il canneto di un lago montano,la bianca luna, nella sera nera,stava immota sul freddo Pratignano.Pensa alla via percorsa, il cavaliere,a verdi fiordi sopra un verde mare;pensa ai villaggi di altre primaveree alle saghe che ha udito raccontare.Le alte torri di legno, a Canevare,battute dalle raffiche crudeli,gli han ricordato le fortezze chiaretra le brume dell'Isola dei Meli.Adesso dorme, reclinato il mento,con l'elmo a lato, dentro un grigio panno,dorme il lago, che luccica d'argentoed il cavallo, in un inquieto affanno;ora sotto la luna torneranno,come ogni notte, le Dame Danzanti,mentre sul volto grigio del Normannopassano ombre, come di giganti.Ecco, dal lago un murmure possentes'erge nell'aria, tremano le fronde,e le nebbie del baratro lucentebisbigliano tra l'erba, sulle sponde.Un pallore che il buio non nascondesi perde tra i ventosi castagneti:cinque Dame, danzando sulle onde,han rapito il guerriero ai sonni lieti.Ritorna l'alba, e la sua schiera informesorge a oriente con fiamma sfavillante,il cavaliere non c'è più, non dorme,e nel giaciglio vaga un vento errante;abbandonata all'erba, tra le piantegiace la spada che conobbe il drago,giace lo scudo freddo e scintillante,mentre il destriero, fermo, guarda il lago.Le nubi, il vento, un albero spezzato,un sentiero perduto nella sera...il cavallo bardato è ritornato,ma il cavaliere accanto a lui non c'era.Dov'era il grigio principe? Dov'eramentre ai prati giungeva il temporale?Ma la Conca del Làmola, severa,tace ne l'ombra, buia e innaturale.Cresce la notte nell'antica valle,sopra gli alberi carichi di noci,cresce nei borghi, tra locande e stalle,e i grandi falchi fuggono, veloci;al Pratignano s'odono le vociche dagli antichi e solitari portigiungono al Passo delle Cento Crociscortando cinque Dame in mezzo agli orti.Fin dove vaga il luccichio svanentedella luna mutevole e nebbiosa,sul greto indisturbato del torrentesi scorge quella schiera luminosa;e gli alti pioppi, sula cima ombrosa,muovono lenti i rami al vento fioco,in una danza triste e senza posa,in un sussurro, che svanisce roco.