C'è voluto del tempo, ma nulla è davvero perduto, a quanto pare.Vorrei davvero soffermarmi per qualche riga (mia) e qualche minuto (vostro) su ieri sera e sulla preghiera per i giovani organizzata dall'Ufficio di Pastorale Giovanile della mia diocesi (è venuta bene, forse perchè non avevo ancora messo becco nell'organizzazione).E' stato un bel momento, profondo, stimolante, costruttivo e molto altro. Non ero così convinto, all'inizio: un po' l'origine della mia presenza, dovuta soprattutto al Servizio Civile, anche se probabilmente ci sarei andato comunque. Un po' queste settimane non propriamente liete per tanti motivi. Un po' il periodo di "bassa" nel mio cammino di fede. Non erano belle premesse.Invece le alchimie hanno funzionato alla perfezione anche questa volta. Gli aggettivi per la preghiera li ho già elencati prima, non voglio ripetermi: mi soffermo, però, sulle sensazioni della serata.La cappella del Seminario Diocesano non era gremita ma la sessantina di presenti si raggiungeva, senza problemi: tutti perlopiù giovani, sotto la trentina, tranne qualche eccezione disposta tra le panche. Tutti lì per lo stesso motivo, un buon incontro e un'ora, scarsa, di preghiera. Mi ha fatto riscoprire una dimensione che prima era usuale e si stava un po' perdendo, un passare del tempo con me stesso e con i pensieri rivolti verso l'alto, attraverso l'incredibilmente terreno del mio vissuto. Preghiera, in breve. Una preghiera sull'ascolto, sul "guardarsi dentro", anche attraverso l'incontro con l'altro, se necessario (già, una bella testimonianza quella del frate...), attraverso il "fare strada" tanto caro a noi scout. "Che fai qui, Elia?".Bella domanda, che prevede, a monte, un viaggio, un fare strada, appunto. Perchè se c'è da chiedere a Elia cosa ci fa "lì", allora prima era altrove e si è mosso, si è messo in cammino, su una chiamata. Si, la chiamata. Prenderei la tangente sul silenzio e sulla necessità di tacere, di stare nel silenzio per sentire la chiamata che viene.Indicativo che la principale preghiera ebraica inizi proprio con lo "Sh'mà Israel", ascolta Israele, quasi un richiamo di attenzione, un porre l'accento e attirare...Dicevo di me, invece: ieri sera sono riemerse vecchie necessità, vecchi piaceri, vecchie usanze e nuove conoscenze, nuove persone sulla mia strada. Nuovi compagni di viaggio e nuove iniziative, come questo blog. Un anno di percorso che farò con loro (non li invidio
Estratti
C'è voluto del tempo, ma nulla è davvero perduto, a quanto pare.Vorrei davvero soffermarmi per qualche riga (mia) e qualche minuto (vostro) su ieri sera e sulla preghiera per i giovani organizzata dall'Ufficio di Pastorale Giovanile della mia diocesi (è venuta bene, forse perchè non avevo ancora messo becco nell'organizzazione).E' stato un bel momento, profondo, stimolante, costruttivo e molto altro. Non ero così convinto, all'inizio: un po' l'origine della mia presenza, dovuta soprattutto al Servizio Civile, anche se probabilmente ci sarei andato comunque. Un po' queste settimane non propriamente liete per tanti motivi. Un po' il periodo di "bassa" nel mio cammino di fede. Non erano belle premesse.Invece le alchimie hanno funzionato alla perfezione anche questa volta. Gli aggettivi per la preghiera li ho già elencati prima, non voglio ripetermi: mi soffermo, però, sulle sensazioni della serata.La cappella del Seminario Diocesano non era gremita ma la sessantina di presenti si raggiungeva, senza problemi: tutti perlopiù giovani, sotto la trentina, tranne qualche eccezione disposta tra le panche. Tutti lì per lo stesso motivo, un buon incontro e un'ora, scarsa, di preghiera. Mi ha fatto riscoprire una dimensione che prima era usuale e si stava un po' perdendo, un passare del tempo con me stesso e con i pensieri rivolti verso l'alto, attraverso l'incredibilmente terreno del mio vissuto. Preghiera, in breve. Una preghiera sull'ascolto, sul "guardarsi dentro", anche attraverso l'incontro con l'altro, se necessario (già, una bella testimonianza quella del frate...), attraverso il "fare strada" tanto caro a noi scout. "Che fai qui, Elia?".Bella domanda, che prevede, a monte, un viaggio, un fare strada, appunto. Perchè se c'è da chiedere a Elia cosa ci fa "lì", allora prima era altrove e si è mosso, si è messo in cammino, su una chiamata. Si, la chiamata. Prenderei la tangente sul silenzio e sulla necessità di tacere, di stare nel silenzio per sentire la chiamata che viene.Indicativo che la principale preghiera ebraica inizi proprio con lo "Sh'mà Israel", ascolta Israele, quasi un richiamo di attenzione, un porre l'accento e attirare...Dicevo di me, invece: ieri sera sono riemerse vecchie necessità, vecchi piaceri, vecchie usanze e nuove conoscenze, nuove persone sulla mia strada. Nuovi compagni di viaggio e nuove iniziative, come questo blog. Un anno di percorso che farò con loro (non li invidio