anonimalamente

Post N° 46


Ancora giorno Capitolo diciottesimo Lei non capiva perché ridevamo e noi concepimmo tutti assieme che non si era vista allo specchio.-         Carichetta.- Le dissi. - Ti chiamerò così d’ora in poi. -         No basta cariche, ma cosa avete fatto alle facce?-         Niente stavamo scherzando.-         Però una carichetta noi la facciamo. Dio….-         Io ci sto.-         Anch’io.-         …-         No. Io vi ho detto basta.-         Avete sentito la risposta della Valeria?- Domandai.-         Non la faccio.- Disse lei in modo titubante.-         Dai se la fa l’Elisa la fai anche tu.- Proposi.-         Dai Elisa la faccio anch’io che non mi prende bene. Dio ….-         Ma sei fuori?-         Dai così facciamo fumare la Valeria.-         Ma sei fuori? Elisa non farlo.- Cercò di dissuaderla.-         Dai. Che la fa.- Caricai la pipa e gliela porsi. -         E’ grande.- Disse prendendo in mano la pipa.-         E’ piccola, è piccola. Non ti preoccupare.-         Non farla ti prego.-         Falla.-         FallaLa fece e sulle prime reagì bene. Presi e ne preparai una per la Valeria, facendola piccolina e le spiegammo come fare. Fumò e si sentii subito male.Noi ridevamo come matti. L’Elisa accompagnò fuori la sua amica, noi ci guardammo e alzammo le spalle. Fumammo tutti un giro e quando stavamo per iniziare il secondo entrò la Valeria che portava dentro l’Elisa che aveva vomitato e non il contrario. Noi ridemmo ancora di più dicendo sotto voce “Carichetta”, loro si guardarono e andarono a letto.-         Che ridere.-         Ma tu ti rendi conto l’Elisa.-         Vuoi dire Carichetta.-         Caricchetta. Dio…-         E’ tre giorni che la sbombardiamo.-         Mi fa troppo ridere.-         Cioè si sveglia e non da una dormita, ma da un collasso, avuto da cosa? Da una carica e tu gliene fai fare un’altra. Alle ore sei e meno un quarto.-         Dio…. Sono le sei meno un quarto?-         Sei meno un quarto.-         Oh oh, che campioncina.-         Oh no. Ragazzi...-         Cos’è successo?-         Che ora è?-         Le fottute sei meno uno stracazzo di quarto. Allora?-         Dovevo essere a casa per l’una, l’avevo promesso a mia mamma. Mi sgriderà.-         Che coglione che sei.-         Tu scherzi. Lascia stare.-         Comunque a parte tutto, vado a scrivere ai miei che sono arrivato e quando torno. Voi?-         Io mi sono dimenticato di dirgli che andavo via. Dio….-         Ma sei fuori?-         Scherzo. Scherzo. Uffa.-         Prendiamo i cellulari e vediamo se ci sono arrivati messaggi, prende appena fuori dal paese. Ci fumiamo una canna, ci tracanniamo una birra e andiamo a letto. -         Ok. Gira la canna.-         Non ciò voglia.-         Allora niente.-         Ok. Ok. La giro io.La feci in tempo zero e uscimmo mettendoci i primi giubbotti che trovammo. Io avevo quello di Carlo che praticamente arrivava fino a terra. Mentre Chicco prese quello dell’Elisa che gli arrivava appena all’ombelico e doveva tenerlo aperto perché se no si sarebbero strappate le maniche.-         Mi sento tanto fashion. Dio….Raggiungemmo la strada fuori dal paese dove erano posteggiate le macchine e ci sedemmo su un muretto. Tutti accesero i cellulari e stappammo la birra.La canna, la birra e la concentrazione da mettere per scrivere un paio di messaggi mi esaurì la forza celebrale. Il sole si alzò lentamente e fu molto bello. Luce ce n’era da un paio d’ore, ma ora vedevamo la nostra stella. Ero contento. Pensai: “Ecco qua, vista un’altra alba. Ancora giorno” “Ancora giorno”. Finimmo le birre, la canna, i messaggi da spedire e soprattutto le forze. Ce ne tornammo a casa andando come schegge a letto senza passare neanche per il via. Mi coricai e presi sonno in un nanosecondo.