anonimalamente

Post N° 50


Ancora giorno Capitolo quattordicesimo Mi guardavo in giro. Due tre pensieri mi ronzavano in testa. Tipo: “ma Carlo è venuto con me alla macchina e ha visto la Valeria con Filippo, come l’avrà presa?” “Bo’. Comunque spiegato il pessimo umore di questa mattina.” “Ma come ha fatto la Valeria a limonare con Carlo e finire a letto con Filippo?” “Il Jack”. L’Elisa era bella vispa dopo queste nuove notizie, io con un colpo da hacker spostai i video in una cartella scolastica di Michele e spensi il computer. D’esperienza sapevo che al pomeriggio tutti avrebbero dormito specialmente dopo una serata come quella appena trascorsa. Dovevo riempire il tempo. Senza fare danni. -         Andiamo a fare la spesa? Hai voglia?-         Ok dai.-         Aspettami qui Elisa che vado a prendermi il giubbotto.Andai in camera e svegliai, piano piano la Valeria che non aveva coraggio di guardarmi negli occhi.-         Tranquilla Valeria. Volevo solo dirti che andiamo a fare la spesa e appena usciamo tu vai a vedere i video che sono salvati nel computer, visto che ci sei anche tu e li ha visti anche l’Elisa.- A quel nome si destò completamente, ma non volevo farla preoccupare: -Tranquilla nulla di compromettente però devi vederli. Sono nella cartella “informatica-primo compitino”. Ok? Notte.Io non ricordavo nulla, forse neanche lei, per cui era meglio che vedesse i video. Mi sembrava un comportamento onesto e il pensiero di avere fatto la cosa giusta mi accompagnò per tutto il giro della spesa.Ci mettemmo un’ora e raccogliemmo un po’ di sguardi contrariati dai commessi visto che eravamo gli ultimi clienti della mattinata. Quando tornammo nella nostra alcova nulla era cambiato, dormivano tutti.Aprii spavaldo una birra e come sottofondo misi un cd dei “Tool”. Preparai nuovamente la pipa ad acqua e mi fumai una carica per stordirmi. Lei mi guardò curiosa.-         Vorrei riprovare. Quasi quasi.-         Non ti è bastato ieri sera?-         Ma voi come fate?-         E’ una questione di testa e di quanto “A” percepisci il tuo corpo , “B” di quanto lo controlli. Anch’io ora ho un mega abbassamento di pressione, ma a parte il fatto di essere abituato, controllo il mio corpo e mi concentro.-         Ma fammi riprovare?-         No, è mattina. Hai già la pressione bassa.-         Dai? Ora che non c’è nessuno ieri mi sentivo ad un rito di iniziazione.Con la mista avanzata girai una canna.-         Fuma un po’ questa mentre ti preparo le cariche che se ti facevo le mie morivi.Lei fumò, fissandomi, io intanto pazientemente le spiegavo.-         Accendi tenendo chiuso il buco che c’è qui di lato, con il dito. Devi tirare pianissimo, proprio tirare con la bocca chiusa quasi, ma aspirando in modo continuo. Poi quando vedi che la carica si è abbastanza bruciata tiri con un colpo secco e la mandi giù. Aprendo il buco di lato nel frattempo. E mi raccomando, tirare non soffiare se no ci laviamo. Un tiro continuo. Ok? Ti faccio vedere? Anzi dai falla tu.- Dissi riprendendomi il cannone dalle sue mani.Lei prese e la fumò in un tiro. Fece a tempo ad alzare lo sguardo vittoriosa e orgogliosa che iniziò a tossire per dieci minuti filati.-         Sto male.- Erano le uniche parole che le uscivano tra un colpo di tosse e l’altro.-         Macchè non stai male. Hai male alla gola, non stai male. E’ diverso.Mi sentivo un maestro e non mi piaceva. La guardai in faccia, si era seduta e si stava tranquillizzando, aveva già gli occhi rossi. Presi la Coca Cola e ne versai un po’in due bicchieri.Vedendo la sua curiosità placata andai in camera e cercando in borsa presi dei libri che mi ero portato via. Da leggere. Sapendo che non era una cosa così usuale, quando tornai in cucina e l’Elisa mi vide, mi sentii in dovere di darle delle spiegazioni.-         Mi porto sempre via dei libri da leggere la mattina quando tutti dormono. Mi sto leggendo un libro. Una figata si intitola “La versione di Barney”, una figata veramente. E’ la vita che avrei voluto fare.- Dissi mostrandoglielo.-         Ma l’hai gia letto?- Domandò incuriosita da tutte le spiegazzature.-         Si-         E lo rileggi?-         Si.-         Tu sei matto.Però si era concentrata.-         Vedi che ora stai bene.La guardai, era stordita e pian paino reclinò la testa sulla tavola e prese sonno. Io mi aprii una birra, presi il lettore mp3, mi incuffiai per bene e mi misi a leggere. Non “La versione di Barney”, ma un libro di Camus di cui non avevo ben capito il titolo visto che dentro c’erano più racconti.Uno in particolare aveva preso tutta la mia attenzione. Era un monologo di ottanta pagine. Mi misi a leggere e non vidi il tempo passare. Tra un sorso e una sigaretta lo finii, segnandomi le parti più interessanti con un piccolo orecchio in un angolo della pagina. Poi a caso riaprivo il libro e andavo al segno più vicino per rileggere la parte in questione. Continuando così per non so quanto tempo. Ad un tratto chiusi il libro di scatto e mi resi conto della necessità di pensare, mi girai una canna, d’erba, e andai fuori.Volutamente non mi ero preso nessun giubbotto. Mi sentivo caldo, bollente dentro, e la necessità di sentire un salutare freddo sulla pelle mi spinse ad andar fuori in felpa. Uscii, feci pochi passi, giusto per aprire l’orizzonte davanti a me e mi sedetti a guardare le colline ricoperte di boschi. Presi l’accendino e iniziai a fumare. Il cielo si era liberato, anche se non completamente ed era più bello così. A destra l’azzurro sfumava in blu, sempre più scuro e pensavo ad un ragazzo, a centinaia di chilometri da me che seduto, fumava e pensava “E’ già notte”. Guardavo a sinistra ed i raggi di sole erano ancora vivi, illuminavano nubi distanti, cariche di pioggia e pensavo ad un ragazzo, a centinai di chilometri di distanza che seduto, fumava e pensava “Che merda piove”.Spensi il cannone finito sul muretto e rimasi li a guardare, inebetito, ma con pensieri freschi che mi dicevano: “Guarda gli alberi, guardati attorno”, e lo feci, senza obiettivi, senza cercare qualcosa di particolare, di interessante, solo fare una scorpacciata di natura, viva, pulsante. Solo allora sentii i suoni, del vento, gli uccelli e anche una macchina lontanissima, che non disprezzavo. Mi ricordava la mia città e i suoi rumori, era come se mi dicesse: “Hai presente che casino potrei fare? Godi, ora” e godevo, volevo essere invidiato da tutte quelle persone che in quel momento avrebbero voluto essere al mio posto. Quando mi resi conto che non sentivo più i suoni della natura capii che stavo pensando a me stesso e non alla bellezza che mi circondava. Mi alzai guardandomi attorno, spaesato e pensai: “Effettivamente è proprio bello”.Cercai l’orologio. Erano le cinque passate. Mi avviai verso casa, a meta strada non riuscii a non voltarmi per osservare nuovamente il luogo dov’ero stato seduto. Quasi mi emozionai, mi vergognai e mi diressi deciso verso la nostra viuzza.Entrai in cucina, c’era la Valeria che vedendomi entrare si spaventò, ma poi reclinò lo sguardo a fissare il pavimento.Non era molto fiera di quello che aveva fatto, evidentemente, ma a me non interessava per nulla e comunque non la biasimavo, si era fatta una gran serata ed aveva fatto ciò che sentiva dentro. Per una volta nella vita e distanti da casa mille chilometri. Ci stava.Oltre a lei in cucina c’era Chicco che certamente non sapeva quasi nulla ed era meglio così. Sputtanava sempre tutti, in buona fede, da ubriaco, ma lo faceva e lo sapeva, allora se ne stava fuori dai casini. Si stava bevendo una birra e mi guardò pure lui sorpreso.-         Dove cazzo sei stato? Ti sei alzato di scatto prima. Eri tutto assorto. Nessuno aveva coraggio di avvicinarsi.-         A fumarmi una canna guardando il tramonto.-         Onesto.-         Onesto si.-         Sei tu che leggi questi libri?- Mi domandò la Valeria con fare titubante.-         Si. Mi piace leggere.-         Vecchia, lascia stare che questo qui legge cose strane. Dio….Mi sentivo imbarazzato e soprattutto mi maledissi un po’ perché non avevo gestito la situazione al meglio. Mi sentivo ancora leggermente in trance.-         Vuoi un goccio?- Disse Chicco porgendomi una bottiglia di birra.-         Certolo.-  Mandai giù un sorso e la restituii al suo proprietario, la prese in mano e la avvicinò alla Valeria che declino l’invito.“Saggia mossa” e quasi quasi la invidiavo.-         Mangiamo io ho un po’ di fame.- Nessuno mi rispose. Allora ripresi i libri e iniziai, questa volta, a leggere “La versione di Barney” che mi metteva sempre di buon umore.Chicco mi domandò informazioni su dove fosse tutto il necessario per rollare una canna e come un automa indicai col braccio. Dopo cinque minuti aveva fatto la mista, preparato il filtro, la cartina e iniziò a fissarmi. -         Dovrai imparare prima o poi.- Gliela girai, la accesi, feci un paio di tiri e la passai rimettendomi a leggere.