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Post n°39 pubblicato il 12 Maggio 2008 da anonimalamente
Ancora giorno Capitolo venticinquesimo Carlo guardò prima me, poi Chicco e con un movimento della testa indicò il lavabo. Ci avviammo ad aiutarlo. - Mi sembra di essere tornato a quando ero lavapiatti in ristorante. Per quattro soldi del cazzo.- Disse Carlo. - Io non capisco il sistema salariale. - Cos’ha che non va? Lavori e becchi i soldi, Chicco. - Si, lo so, ma non capisco il sistema con cui distribuiscono i soldi. Cioè perché un manager ha la possibilità di uno stipendio con aumenti fino ad arrivare a milioni su milioni e uno che lavora fisicamente non può. - Perché ci sono i contratti nazionali.- Mi venne spontaneo da dire. - Quelle cose che usano i sindacalisti per fare le gite a Roma con i nostri soldi?- Domandò lui ironicamente. - Più o meno. Dovrebbero garantire una certa equità. Poi ci sono i contratti aziendali per aumentarti lo stipendio. - Io non capisco perché invece non faccio solo quel contratto e lo lego al fatturato dell’azienda. Il fatturato sale se io lavoro tanto, e cioè gli straordinari, ma soprattutto bene. - Non hai tutti i torti Chicco. Però ci sono posti dove il costo della vita è più alto.- Obiettai. - Bene allora lo leghi anche al costo della vita della tua zona. Così finalmente chi passa le sue giornate a fare questi calcoli si sente più utile. - E per i dipendenti pubblici come fai? Non hanno un fatturato.- Gli domandai dubbioso. - Ci avevo pensato. Qui dovrebbe entrare la vera modernità. Si usa Internet. Se il mio dottore lavora bene, prende più soldi, se no il minimo. Vai sul sito del ministero e dai le tue preferenze. Il tuo comune lavora bene? Voti e l’amministrazione becca più soldi. A me sembra così logico. Senti, quando le cose non funzionano significa che qualcuno ruba, se no funzionerebbero. No? - Per filare, il discorso fila. Poi penso che non sia così facile.- Mi sentivo l’avvocato del diavolo. - Senti io sono un perito che fa l’elettricista, in più mi pongo delle domande cercando di darmi delle risposte. Secondo me deve essere così, poi saranno gli economisti a rendere pratiche le mie idee. - Quando sarai dittatore? - Logico. Chi non sogna di diventare dittatore? Dio …. - Io non capisco invece perché se ho un contratto indeterminato, e cioè a vita, non posso entrare nel consiglio d’amministrazione dell’azienda?- Disse Carlo guardandoci pensoso. -Cioè hanno la mia vita in mano, non dico di comandare, ma almeno una voce in capitolo. Così lavorerei anche meglio, aumenterei il fatturato e con il tuo ragionamento Chicco, anche il mio stipendio. Un bel circolo virtuoso. - Nella comunistissima Germania gli operai hanno un pacchetto di azioni e possono sedere nel consiglio d’amministrazione. - E perché, Chicco, in Italia i sindacati non lo propongono? - Per lo stesso motivo per cui la Lega non farà mai il federalismo. Metaforicamente si suiciderebbero. Dopo la Lega con cosa intorta la gente? Dopo i sindacati cosa servirebbero? - I sindacati servirebbero lo stesso, ma molto meno. O almeno sarebbero numericamente meno.- Dissi pensando a tutta quella gente che muore finché lavora. - Che casino questo mondo. - Vedrai Carlo che arriverà il Grande Parapiglia e sistemerà tutto. Magari ci rimarremmo secchi anche noi, ma fidati tutto tornerà a posto e qualcuno dovrà vergognarsi per un bel po’ di secoli.- Disse Chicco. - E cos’è questo Grande Parapiglia? - Il momento in cui il sistema scoppierà. A causa del clima. Oppure a causa del fallimento delle finanziarie delle carte di credito. Sai, hanno debiti per non so quanti centinaia di miliardi, e la vedo durella che ci tornino dentro. Agli americani piace tanto pagare le rate delle carte di credito con altre carte di credito, e queste ultime le paga con altre carte di credito. - Stai tranquillo che per incasinare tutto qualcuno lascerà rubare una bomba atomica in Pakistan e farà un casino. - Di chi stai parlando Carlo? - Di qualcuno che nella merda economicamente cercherà di sviare la situazione. Quasi come per le torri gemelle. Poveretti quegli innocenti. - Tranquillo, dopo il Grande Parapiglia sono convinto che si dovrà tornare all’artigianato locale. Almeno sarà contento Carlo Petrini e Mauro Corona. No? - Poi se leggo i giornali di economia mi cadono le braccia. Tutti eccitatissimi se si cresce del tot per cento. Me li immagino con il cazzo turgido dall’eccitazione. - Sono feticisti dei numeri Carlo. Semplicemente feticisti.- Dissi intromettendomi. - Come si fa a mettere nella mano dell’economia la nostra vita? Il mondo? Sono così idioti da fare a gara a chi cresce di più in un mondo finito. Cioè concettualmente non torna. Mi capite. Il mondo è questo e prima o poi finisce. - Si Carlo credo di aver capito. Anzi penso che hai proprio centrato il problema. Però voi due con sti discorsi volete cose che questa classe dirigente non riuscirà mai a fare. Siete troppo utopisti.- Dissi ai miei due amici. - Non è utopia. E’ che mi fanno incazzato nero.- Disse Chicco, come per scusarsi. Avevamo finito di lavare i piatti e prima di pulire il pavimento Chicco iniziò a schizzare acqua addosso a Carlo. Quando iniziavano a tormentarsi in questo modo tutti sapevano che si sarebbe finiti col botto. Non riuscivano mai a trattenersi, dovevano sempre sorpassare il limite e vinceva chi lo superava per primo. In un’escalation di schizzi sempre più simili a onde, si finì con Chicco che incastrava una bottiglia d’acqua rigorosamente aperta e rovesciata tra i pantaloni e la schiena di Carlo, con l’effetto di lavarlo totalmente dalla vita in giù. - Vedrai- disse Carlo, mentre andava i bagno ad asciugarsi -cosa ti combino sta notte. - Prima devi sperare che vada a letto prima di te.- Gli rispose a tono Chicco. - Vedremo se non ci vai. - Perché? - Perché mi siederò sempre di fianco a te e fidati che andrai a letto presto e bello sbronzo. Come non ti era mai capitato.- Disse andandosene. - Lascialo parlare, non c’è mai riuscito e non ci riuscirà oggi.- Mi disse Chicco mettendosi a pulire il pavimento che lui aveva reso un acquitrino. |
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