A Biotech life

Il Gene irriverente (di Luca Soattin)


Appare palese la conferma di nuove scoperte scientifiche in biologia grazie alle moderne biotecnologie che esplorano sempre più in profondità l'intima costituzione del DNA e del genoma umano (in particolare). Sembra però che esista ancora oggi un insieme di concezioni meccaniciste e deterministe che rimangono ancorate al dispiegarsi delle conoscenze in campo biologico. Se ci si affaccia alla storia della biologia, s'incontreranno due grandi "rivoluzioni": la prima fu l'introduzione della biologia meccanica ad opera di William Harvey che nel 1628 pubblicò la "Exercitatio anatomica de motu cordis et sanguinis in animalibus" e di René Descartes il "Discours" del 1637. I loro manifesti dichiaravano che gli animali erano macchine; questo servì a rompere quell'olismo oscurantista della visione medievale, per cui l'uomo e le creature erano costituite da un'essenza sacra imprescindibile e imperscrutabile. La seconda rivoluzione biologica è ancora in fase di consolidamento, benchè il suo manifesto trovi i natali nel 1859 con "L'Origine della specie" di Charles Darwin. Infatti, solo negli anni '40 del '900 il darwinismo si è affermato con forza egemonica in alcune branche della biologia come la classificazione, la fisiologia, l'anatomia e la genetica; per l'appunto si trova ancora assediato dagli eserciti di restauratori del creazionismo. Gli scienziati sono infatuati dell'idea di rivoluzione; così, le nuove scoperte vengono qualificate come "rivoluzioni" anche quando non fanno altro che confermare semplicemente e allargare il potere di idee già note. Richard Lewontin, genetista di livello internazionale, direttore di ricerca alla Harvard University, scrive nel saggio "It Ain't Necessarily So: The Dream of the Human Genome and Other Illusions": "Così, per esempio, la scoperta della struttura del DNA - la materia dei geni - fatta da J. D. Watson e Francis Crick viene spesso presentata come una rivoluzione scientifica. Ma, come sottolineato dallo stesso Watson, tutti si aspettavano la scoperta di quella struttura; tutti sapevano che una volta che fosse stata elaborata, un'enorme varietà di fenomeni sarebbero stati immediatamente rapportati ad essa. (...) La scoperta della struttura del DNA è stata enormemente fruttuosa, in quanto ha reso possibile tutta la biologia molecolare e la genetica attuale, ma non ci ha fatto vedere il mondo biologico in una maniera diversa. Non ha operato alcun rovesciamento, ma ha rappresentato un compimento." Lo scienziato harvardiano oltre ad avere una posizione scomoda per le sue teorie che non seguono il comune sentiero di opinioni, produce da tempo una profonda critica al riduzionismo scientifico, che imprigiona le variabili naturali e sociali nella struttura del DNA.Sociobioloci e sociologi hanno sempre tentato, prima attraverso l'antropometria ora con i geni, di spiegare la presenza di caratteri imprescindibili in ogni genere di persona (quasi a voler ricordare l'antropologo Cesare Lombroso...); geni che andrebbero a determinare profondamente le scelte sociali, psicologiche, caratteriali di un uomo. Questa è un'ideologia ottocentesca che trova spazio tra le righe degli scrittori dell'epoca e alberga ancora in alcuni laboratori scientifici e cattedre universitarie. Nel ciclo di romanzi dei "Rougon - Macquart" di È. Zola, le teorie biologiche sul carattere trovano la loro articolazione più accurata; i Rougon e i Macquart erano le due metà di una famiglia nata da una donna, il cui primo compagno era stato il solido contadino Rougon, mentre il suo secondo compagno era stato il violento, instabile Macquart. Da queste due unioni si erano originati una linea eccitabile, ambiziosa, di successo, e il ramo depravato, alcolista e criminale. Questo è un esempio di come la sociobiologia induca in errore anche grandi scrittori e intellettuali; in modo differente, ma pur sempre meccanicista e riduzionista avviene anche ora questa traslazione delle leggi sociali in biologia. Il sociologo Sean Peter parla di atavismi racchiusi nel cuore della società, per cui sarebbe spiegato lo scoppio costante di guerre tra popoli che giustamente o ingiustamente possiedono un antico odio innato verso l'altro, a cui non possono sottrarsi. Letta in questi termini, la teoria appare sciocca e inadeguata, ma è costantemente utilizzata da ideologi d'ogni genere! Ogni giorno ci capita di udire iprovvisati oratori del foro che disquisiscono sulla natura belligerante degli Americani, o l'inesauribile rancore viscerale tra Israeliani e l'esercito di Allah. Questa è sociobiologia o meglio "socioideologia"; cioè il nascondere (sotto falso nome) la guerra di mercato in atavici odi e predisposizioni naturali di alcuni popoli.Se gli atavismi peteriani riguardavano la società, ora il DNA identifica l'individuo sciolto dalla società. Capita di leggere su varie riviste la scoperta di un qualche gene capace di incidere profondamente sulla personalità di un individuo e sui rapporti sociali che questi ha con la comunità. Un esempio è il cosiddetto "gene della violenza"; ma alcuni potrebbero scoprire per esempio il gene della gentilezza, o della simpatia, perchè no quello dell'irriverenza... e per soggetti deficitari di questo o quel carattere, studiare una terapia ad hoc! Se questo non è determinismo e riduzionismo scientifico, allora sono valide anche le strampalate teorie sociologiche sull'atavismo!La violenza, la gentilezza, la bellezza sono concezioni sociali, cioè sovrastrutture; è difficile quindi immaginarle, anche se in minima parte, dettate dall'acido desossiribonucleico. Esse infatti variano in funzione del tempo e dello spazio; sono particolari di una certa società e della storia di una certa società! La violenza che intendiamo noi oggi, non è quella che s'intende in altre parti del mondo, o in altri periodi storici. La famosa "vis grata puellis" (violenza grata alle fanciulle) dei nostri antenati Latini, sarebbe oggigiorno considerata a ridosso dello stupro!I giovani Cabrai del Togo prima di passare alla circoncisione e quindi prima di divenire adulti, devono dimostrare un coraggio ed una ferocia incredibili. Durante la loro fanciullezza hanno avuto in affidamento un cucciolo di cane che cresce insieme a loro. Esso diventa il compagno di gioco e di avventura. Se il ragazzo Cabrai vuole passare alla nuova classe di età, deve per forza strangolare il cane, poi squartarlo, prendere il suo sangue e raccoglierlo in una pentola, dove in seguito verrà messa a cuocere la carne che dovrà essere mangiata dai "maturandi" senza alcuna esitazione. Si può definire iniziazione alla violenza oppure maturità, dipende con quale concezione ci si pone innanzi a questi eventi; non interviene dunque nessuna sintesi proteica in questo fatto, esso è coscienza sociale; per l'appunto prodotto di un'interazione tra soggetti che cooperano per lo sviluppo dei mezzi di sussistenza!E' quindi chiaro come l'ambiente, la situazione storica abbiano un valore fortemente determinante e contingente; per quanto possa il patrimonio genetico di un individuo incidere sul carattere bisogna ricordare che l'essere umano è imprescindibilmente inseparabile dai suoi consimili - similia similibus curerentur -cioè l'uomo non è tale se non cresce insieme ai suoi simili, poichè essere sociale. Lo zoologo inglese Desmond Morris afferma, nel suo saggio "The Naked Ape", che il cucciolo d'uomo fonda i propri caratteri sociali sulla base dell'imitazione dei suoi genitori e del nucleo sociale in cui vive. Il DNA, da solo, non può quindi determinare totalmente un individuo; l'organismo è in rapporto dialettico con l'habitat; è scorretto assolutizzare un fattore determinante come se fosse l'unico. Edoardo Boncinelli, direttore del laboratorio di biologia molecolare del CNR, scrive riguardo al cervello, nel saggio "Genoma: il grande libro dell'uomo": "I dettagli della sua struttura e il suo modo di funzionare sono il prodotto delle istruzioni biologiche contenute nel patrimonio genetico, ma anche degli eventi della vita dell'individuo che lo possiede. Il cervello umano impiega anni per completare il proprio sviluppo e si modella anche sulla base delle nostre esperienze. Se due individui geneticamente identici fossero esposti alle stesse esperienze di vita, è assai probabile che non avrebbero esattamente lo stesso cervello." Lo scienziato spiega anche come non deve esserci unidirezionalità nello studio biologico portando una critica alla psicoanalisi che in un certo senso circoscrive la formazione della personalità ai primi momenti della vita d'un individuo: "La gente si mostra rassegnata e quasi soddisfatta di sentirsi dire che la sua personalità e il suo agire manifesto e profondo sono stati condizionati dagli eventi delle prime fasi della vita familiare infantile e tuttora dominanti da figure mitologiche quali l'Es, l'Io, il Super-Io, l'Edipo, gli Archetipi e via discorrendo." Ammettere che esista un rapporto diretto tra DNA e personalità sarebbe come assolutizzare un parziale, certamente influente ma non in modo totale. Il fatto che la biologia sperimentale si limiti a manipolare un piccolo numero di cause introducendo forti perturbazioni influisce molto sul tipo di spiegazioni che ci vengono offerte dai biologi. Lewontin nel saggio: "Gene, organismo e ambiente" afferma: "I limiti metodologici degli esperimenti vengono confusi con le spiegazioni corrette dei fenomeni. La tesi sostenuta da molti, secondo la quale sono i geni a determinare le caratteristiche degli organismi, nasce dalla facilità con cui si possono produrre importanti modificazioni genetiche nel corso degli esperimenti e dalle dimensioni degli effetti che queste modificazioni producono negli oggetti di studio. Inoltre vengono presi in considerazione solo quei fenomeni che si prestano a essere studiati con quel metodo."Il DNA ed il genoma umano offriranno sempre nuove scoperte per la scienza; è però doveroso porre attenzione agli oggetti dell'indagine perchè non diventino strumento ideologico.