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Critica a "I legami tra alcolismo e geni" (di Luca Soattin)Le Scienze n°466


Alla cortese Attenzione della Redazione di “Le Scienze”;scrivo riguardo all’articolo “I legami tra alcolismo e geni” di John I. Nurnberger, Jr e Laura Jean Bierut presentato nel numero 466 di Giugno.La biologia molecolare, con l’avvento delle moderne tecniche di analisi, permette sempre più l’acquisizione di informazioni rispetto alla fisiologia cellulare e quindi, per estensione, alla migliore conoscenza dei processi biologici di un intero organismo. Da studente di biotecnologie non posso, però, evitare di notare l’approccio meccanicistico adottato nell’articolo sopraccitato.       Gli autori introducono il tema della genetica dell’alcolismo descrivendo il normale metabolismo dell’alcool, diretto da specifici enzimi come l’aldeide deidrogenasi (ALDH1), nelle sue varianti alleliche e nelle diverse etnie umane; viene posta pertanto attenzione alla differente attività enzimatica in funzione delle varianti strutturali, senza tener conto della regolazione dell’espressione genica. In più viene associata la variabilità genetica, dei geni implicati, non alla quantità di alcool che può essere metabolizzata, e quindi al grado di saturazione dell’enzima, ma alla quantità di alcool che un individuo è propenso ad assumere. Con abile maestria letteraria si passa da un aspetto fisiologico – biochimico, cioè il metabolismo dell’alcool, al comportamento di un individuo nei confronti dell’alcool.       In realtà, ciò che sconcerta maggiormente non è questo sofismo così ben mimetizzato, ma l’approccio riduzionista al problema dell’ereditarietà. A leggere questo articolo sembra di rievocare il ciclo di romanzi dei “Rougon-Macquart” di Èmile Zola, dove le teorie biologiche del comportamento trovano l’articolazione più accurata, nella descrizione del ramo depravato, alcolista e criminale dei Macquart. Vengono così definite le possibili cause e controcause per cui i geni citati sono responsabili dell’alcolismo; e cioè di come il prodotto genico alterato induca la propensione ad assumere alcool o altre sostanze. Sono accusate di scatenare l’alcolismo le sequenze codificanti dei geni ADH4, ALDH1, CHRM2… gli autori relazionano l’effetto del dominante negativo nell’epilessia, in riferimento alla sequenza alterata del gene GABRG3 che codifica per una subunità del recettore GABA  (acido g - aminobutirrico), con la predisposizione all’alcolismo. Le malattie genetiche, però, sono tali in quanto sorgono spontaneamente, proprio perché derivano da un genotipo alterato, rispetto alle forme alleliche predominanti nella popolazione; è quindi difficile immaginare una malattia genetica che sia totalmente dipendente dall’assunzione di sostanze non necessarie per lo sviluppo e la sussistenza dell’organismo stesso.        Pertanto si vengono a delineare sia un approccio concettuale errato che di analisi; e cioè che la presenza di più alcolisti nella stessa famiglia è determinata non dalla situazione materiale, psicologica, economica e sociale, ma da una predisposizione genetica! Queste posizioni non sono altro che l’ideologia positivista della seconda metà dell’‘800, rispolverata e lucidata a nuovo. Non vi è nemesi storica nell’alcolismo, il comportamento degli individui non è cristallizzato nella loro costituzione genetica o nel loro EEG. Come sostiene il naturalista inglese Desmond Morris il modo di agire di un individuo è determinato da cause contingenti e dall’intricata rete di variabili sociali a cui ogni organismo sociale è sottoposto: una fra tutte l’imitazione dei genitori, cuore pulsante del trasferimento della coscienza sociale. È bene quindi evitare di cadere nella trappola dei geni che manifestano comportamenti sociali; nell’articolo viene fatto riferimento alla violenza e alla depressione come caratteristiche genetiche ereditabili; questo è un assurdo scientifico!        A suffragio di queste teorie meccanicistiche appare evidente l’utilizzo di sistemi che prendono in considerazione solo le famiglie in cui sono presenti alcolisti. Ecco dunque l’errore analitico, che determina una sorta di tautologia scientifica: in questi esperimenti vengono analizzate le sequenze ripetute di DNA all’interno di una famiglia in cui sono presenti degli alcolisti, e la presenza di queste sequenze negli altri individui indicherebbe la predisposizione genetica all’alcolismo. Queste sequenze vengono chiamate microsatelliti ipervariabili o VNTR (variable number of tandem repeat), brevi serie di nucleotidi, come GTGTGT, situate in vari loci del genoma umano. Il numero di ripetizioni varia moltissimo nell’ambito della popolazione, perché può andare da 4 a 40 nei vari individui della popolazione. A causa della variabilità di queste sequenze ogni individuo eredita quasi sempre una variante diversa dalla madre e dal padre a ciascun locus VNTR, per cui due individui non imparentati avranno molto difficilmente la stessa coppia di sequenze. È dunque facile affermare che proprio quelle sequenze lì, che possono essere limitate ad individui con parentela stretta, siano i marker della predisposizione all’alcolismo nei casi in cui siano presenti individui alcolisti nella famiglia. In fine, qual è la correlazione tra i microsatelliti e l’alcolismo? Non viene offerta alcuna spiegazione, anzi viene considerata certa. Data l’estrema variabilità dei VNTR, come è possibile inquadrare il disturbo nelle diverse famiglie di una popolazione? I dati statistici offerti non sono, per terminare, chiarificatori: da un totale di 11000 soggetti analizzati, sono state individuate 262 famiglie “gravemente colpite”; ma non viene dato alcun riferimento al numero medio di componenti di una famiglia, e quindi risulta palesemente complicato individuare l’incidenza percentuale della predisposizione all’alcolismo in riferimento alle 262 famiglie nei 11000 soggetti studiati.       La trattazione dei dati e l’utilizzo delle strumentazioni in scienza possono dare luogo a spiegazioni distorte della realtà, se utilizzate a partire da concetti scientificamente incoerenti; se è lecito il pensiero meccanicista, è doverosa la critica dialettica.