Il disordine delle forze dell’ordine DI GIUSEPPE ARAGNO - Non illudiamoci. Le ennesime manganellate, quelle assestate a Trento con cieca e impunita furia sui corpi di chi legittimamente intendeva contestare la Fornero, non vivono di vita propria rispetto al Governo e anzi, a ben vedere, sono uno dei rovesci della medaglia. Col cuore in gola, preso da incomprensibili affanni, i “tecnici” eletti da Napolitano e il Parlamento dei nominati che nessuno ha mai votato portano avanti precipitosamente un progetto di legge di riforma costituzionale che promette esiti devastanti.Napolitano e Monti fingono d’ignorare che un così profondo mutamento della legge fondante della Repubblica trasforma, di fatto, in una spuria e pericolosa Assemblea Costituente la raccogliticcia banda di inquietanti figuri che tiene in piedi l’Esecutivo. Non bastasse l’anomalia della procedura, il colpo giunge senza una discussione vera, senza la partecipazione dei cittadini, convenientemente informati e messi in condizione di dire la loro. E’ la logica del “fatto compiuto”, l’esito naturale e per molti versi fatale di un dato patologico che non si è combattuto: il prepotere dell’Esecutivo, rinforzato dall’incremento della decretazione d’urgenza su temi che urgenti non sono, dalla sequela ininterrotta dei provvedimenti decisivi per il futuro del Paese, ripetutamente imposti a colpi di fiducia; per dirla tutta, di una vera e propria espropriazione delle prerogative di un Parlamento che, per suo conto, ha fatto il possibile e l’impossibile per delegittimarsi. Su binari paralleli, ormai fuori controllo, viaggiano a tutta velocità – e completano il quadro fosco – la costosa macchina degli armamenti, la scelta di tornare alla guerra ripudiata e il devastante smantellamento del sistema formativo pubblico. Non a caso, l’ineffabile Profumo vibra pugnalate, inserendo per decreto i suoi provvedimenti sulla “meritocrazia”, il cavallo di Troia di una privatizzazione che, sul limitare delle malconce porte Scee, poste a difesa di quanto sopravvive della Pubblica Istruzione, non trova neppure il monito sventurato di un Laocoonte,. Sarà pur vero che la storia non insegna nulla,
il disordine delle forze dell'ordine.
Il disordine delle forze dell’ordine DI GIUSEPPE ARAGNO - Non illudiamoci. Le ennesime manganellate, quelle assestate a Trento con cieca e impunita furia sui corpi di chi legittimamente intendeva contestare la Fornero, non vivono di vita propria rispetto al Governo e anzi, a ben vedere, sono uno dei rovesci della medaglia. Col cuore in gola, preso da incomprensibili affanni, i “tecnici” eletti da Napolitano e il Parlamento dei nominati che nessuno ha mai votato portano avanti precipitosamente un progetto di legge di riforma costituzionale che promette esiti devastanti.Napolitano e Monti fingono d’ignorare che un così profondo mutamento della legge fondante della Repubblica trasforma, di fatto, in una spuria e pericolosa Assemblea Costituente la raccogliticcia banda di inquietanti figuri che tiene in piedi l’Esecutivo. Non bastasse l’anomalia della procedura, il colpo giunge senza una discussione vera, senza la partecipazione dei cittadini, convenientemente informati e messi in condizione di dire la loro. E’ la logica del “fatto compiuto”, l’esito naturale e per molti versi fatale di un dato patologico che non si è combattuto: il prepotere dell’Esecutivo, rinforzato dall’incremento della decretazione d’urgenza su temi che urgenti non sono, dalla sequela ininterrotta dei provvedimenti decisivi per il futuro del Paese, ripetutamente imposti a colpi di fiducia; per dirla tutta, di una vera e propria espropriazione delle prerogative di un Parlamento che, per suo conto, ha fatto il possibile e l’impossibile per delegittimarsi. Su binari paralleli, ormai fuori controllo, viaggiano a tutta velocità – e completano il quadro fosco – la costosa macchina degli armamenti, la scelta di tornare alla guerra ripudiata e il devastante smantellamento del sistema formativo pubblico. Non a caso, l’ineffabile Profumo vibra pugnalate, inserendo per decreto i suoi provvedimenti sulla “meritocrazia”, il cavallo di Troia di una privatizzazione che, sul limitare delle malconce porte Scee, poste a difesa di quanto sopravvive della Pubblica Istruzione, non trova neppure il monito sventurato di un Laocoonte,. Sarà pur vero che la storia non insegna nulla,