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Capitolo 5

Post n°32 pubblicato il 23 Agosto 2005 da antislamico
Foto di antislamico

UNA sfida PER IL MONDO MUSULMANO
In Iran, islam contro islam


A due anni dalla sua elezione a presidente della Repubblica, Mohamed Khatami è partito per una tournée nel mondo arabo. La tappa più importante è stata l'Arabia saudita, una monarchia con la quale l'Iran rivoluzionario si è più volte scontrato. Il dirigente islamico ha così confermato l'intenzione di imprimere una svolta alla politica estera del suo paese. Ma è sul fronte interno, sul ruolo dell'islam e dei suoi rapporti con la politica che si gioca la dura partita tra riformatori e conservatori. L'esito di questa lotta deciderà il futuro dell'Iran, ma avrà anche pesanti ripercussioni su tutto il mondo musulmano

Dal nostro inviato speciale Eric Rouleau  ex ambasciatore in turchia ed in Iran.

Farsi cacciare sulla porta della casa di un grande ayatollah, nel pieno centro di Qom, città santa, è un evento di per sé insolito.Tanto più che questo prelato, il più influente dell'alto clero dell'islam sciita, che fu per lunghi anni il delfino designato dall'imam Khomeiny alla testa della Repubblica islamica, era solito ricevere i visitatori stranieri con grande cortesia. Hossein Ali Montazeri, 77 anni, era caduto in disgrazia nel 1989 dopo aver criticato, tra l'altro, le esecuzioni di massa di prigionieri politici. E' stato incarcerato diciotto mesi fa dopo aver messo in discussione il carattere teocratico della Repubblica islamica, l'istituzione del Velayat Faguih (letteralmente il "governo della giureconsulta"), la più alta istanza politico-religiosa dello stato. Sostiene che il faguih, la "guida suprema" della Repubblica non ha legittimità divina e dovrebbe essere democraticamente eletto con un mandato limitato nel tempo e revocabile, che la sua funzione dovrebbe essere essenzialmente di natura spirituale e che la scelta potrebbe cadere su un laico, rispettato per le sue conoscenze teologiche e le sue qualità umane, piuttosto che un chierico sprovvisto di tali requisiti.
Il suo "crimine" supremo è di avere diffamato l'attuale faguih, il successore di Khomeiny, l'ayatollah Ali Khamenei, che ritiene sprovvisto delle qualità inerenti alla sua carica.
L'ayatollah Montazeri ha numerosi emuli nell'alto e nel basso clero, a volte più radicali di lui. Almeno due altri ayatollah sono agli arresti domiciliari. Altri ancora sono stati ridotti al silenzio, minacciati di non ricevere più i sussidi di stato, aggrediti da sicari di un gruppo paramilitare, i Partigiani dell'Hezbollah (il partito di Dio). Né è stato risparmiato il basso clero, che ha fama di esser in gran parte contestatario.
Numerosi mullah, entrati in rotta di collisione con la gerarchia ecclesiastica, sono stati spretati, e languono ora nelle carceri, o rischiano di essere tradotti tra breve davanti al temibile "tribunale del clero". Privati dei favori del potere, di cui beneficia soltanto una infima minoranza di religiosi, colpiti dall'impopolarità che investe indistintamente il clero, ritenuto dall'opinione pubblica collettivamente responsabile delle malefatte del regime, questi mullah hanno aderito a una visione dell'islam diversa da quella dei potentati religiosi. Alcuni arrivano fino a sostenere che il clero debba ritirarsi dall'apparato dello stato per ritrovare il ruolo morale, anche contestatario, che gli apparteneva prima della rivoluzione del 1979.
Prendere le distanze dai testi sacri Nel maggio 1997, l'elezione a presidente della repubblica di un riformatore, l'hojatoleslam Mohamad Khatami, ha amplificato il movimento di protesta. Il caso di Mohsen Kavidar è esemplare.
Nel corso di colloqui passati questo giovane mullah (39 anni), professore di filosofia, teneva discorsi poco ortodossi, ma a condizione che non gli venissero attribuiti. Da due anni è uscito allo scoperto, e approfittando delle libertà conquistate dalle nuove pubblicazioni dell'opposizione, da filosofo si è trasformato in militante politico: ha firmato scritti polemici, denunciando la natura teocratica del Velayat Faguih e accusando i detentori del potere di aver ripristinato le pratiche totalitarie del regime monarchico. Si è richiamato a Jean-Jacques Rousseau, per invocare "un contratto sociale" che regoli i rapporti fra stato e cittadini. Ma ha superato la soglia di tollerabilità quando ha preteso che fosse "fatta piena luce" sull'ondata di omicidi politici dell'autunno 1998, lasciando intendere che fossero stati telecomandati da alti responsabili, laici o religiosi. Gli assassini del politico di opposizione Dariush Furuhar, di sua moglie e di due scrittori laici sono stati arrestati, ma l'inchiesta, segreta, è ancora in corso. Kadivar, che insisteva perché fosse rivelata l'identità degli assassini e i loro processi fossero celebrati pubblicamente, è stato condannato a diciotto mesi di prigione, nell'aprile del 1999, dall'implacabile "tribunale dei chierici".
Il clero conservatore definisce i suoi avversari "revisionisti", un termine cui si attribuisce un significato ingiurioso. I dissidenti sostengono invece che l'ijtihad (lo sforzo di interpretazione dei testi sacri) rientra in una pratica riconosciuta e incoraggiata dall'islam sciita, confessione largamente maggioritaria in Iran. Il mojtahed ha anche il diritto di emettere giudizi innovatori, dato che in linea di principio la giurisprudenza islamica non è rigida. Questo privilegio ha portato in certi casi a giustificare la separazione tra stato e religione, a una laicità de facto, se non de jure. Vari esperti di giurisprudenza islamica, teologi e filosofi, hanno varcato questa soglia senza ammetterlo pubblicamente per evitare gli strali dell'apparato repressivo.
Il concetto di laicità, (termine intraducibile in persiano), ignorato dai testi sacri, è considerato dal potere come una triplice negazione, dell'islam, della Costituzione della repubblica islamica e della stessa rivoluzione.
Lo sceicco Mohamed Shabistari, mojtahed riconosciuto e rispettato in tutto il mondo musulmano, professore di filosofia islamica all'università di Tehran, viene descritto dai suoi censori come un "liberale". Alto, agile nel suo mantello musulmano, il turbante bianco su un viso dai tratti armoniosi, un filo di barba bianca ben curata, occhiali di tartaruga, il teologo si esprime scegliendo con cura le parole: "Nell'islam non esiste nessuna forma vincolante di organizzazione statale.
Mentre un governo ispirato ai valori supremi dell'islam è legittimo, soprattutto in un paese molto credente e tradizionalista come il nostro, uno stato islamico è un controsenso alla luce dei testi sacri. L'istituzione del Velayat Faguih attiene quindi al campo della politica, non a quello della religione. La nostra Costituzione, alla quale aderisco per dovere civico, giustappone i diritti divini ai doveri dei cittadini. Questa commistione di generi è alla base di molti nostri problemi. Un giorno bisognerà pur uscire da questa contraddizione, adattandosi alle esigenze della modernità".
Ecco una delle parole chiave che appassionano l'opinione pubblica. Il filosofo musulmano Abdel Kerim Surush, pure molto influente in seno al clero e alla società civile, è un innovatore audace, che si discosta decisamente dai testi sacri in nome della modernità; dall'elezione del presidente Mohamed Khatami, le sue idee "sono al potere", come è stato detto in modo lapidario. "Basta con l'illusione che l'islam fornisca insegnamenti conformi a tutte le esigenze di una società moderna, quali la democrazia o i diritti umani. La religione del Profeta definisce soprattutto gli obblighi dei credenti, mentre la democrazia garantisce i diritti dei cittadini. Spetta a noi, intellettuali del terzo mondo, renderle compatibili".
Come? "Semplicemente, cercando di immaginare quali sarebbero le prese di posizione del Profeta se dovesse ritornare sulla terra per vivere tra i nostri contemporanei. Lui saprebbe fare la distinzione fra i pochi principi fondamentali del Corano e i numerosi giudizi congiunturali, riferiti, quattordici secoli fa, a una società ben diversa dalla nostra".
Perciò spiega a titolo di esempio le istituzioni di diritto divino (il Velayat Faguih), le sanzioni penali dette islamiche, la pena capitale per gli apostati (un'allusione, tra gli altri, al caso di Salman Rushdie) sono caduche, così come la disparità tra uomo e donna e le discriminazioni verso i non musulmani (gli jimmis) all'interno di uno stato musulmano.
Fino a poco tempo fa, Abdel Kerim Surush camminava in punta di piedi sul terreno religioso, e sosteneva di non voler affrontare temi politici. E' dunque il caso di meravigliarsi che sia stato privato della cattedra di filosofia all'università, che non possa più prendere la parola in un luogo pubblico senza essere fisicamente aggredito dagli hezbollah, che non si avventuri mai in città, se non in macchina e accompagnato, che stia pensando di espatriare? Eppure avrebbe buone ragioni per essere soddisfatto, dato che è un autore di libri di successo, la cui tiratura media è da due a tre volte superiore alla media delle opere pubblicate. E' letto soprattutto nella città santa di Qom, dove può contare, più che nel resto del paese, su molti sostenitori tra il basso clero e i seminaristi.
Le libertà pubbliche, in particolare quella della stampa, hanno conosciuto uno sviluppo senza precedenti dopo l'elezione a presidente di Mohamed Khatami, che ha fatto di questo tema il suo principale cavallo di battaglia. Ma la repressione esercitata dallo stato sotto la guida del faguih, l'ayatollah Khamenei, si è inasprita in egual misura. Il leader dei conservatori vede in Khatami il capo dell'opposizione liberale.
E questa "coabitazione all'iraniana", la cui posta in gioco è il potere supremo e forse il futuro stesso della Repubblica islamica, ha assunto le caratteristiche di una guerriglia larvata, o di una guerra di posizione, di cui le opposte interpretazioni dell'islam costituiscono solo un aspetto parziale. I media sono diventati l'arena centrale dello scontro. A fronte della radio, della televisione e delle numerose pubblicazioni controllate dai conservatori, una pleiade di riviste e quotidiani milita in favore di un aggiornamento.
I giornalisti evitano di affrontare esplicitamente questioni troppo "sensibili", quali il divieto del consumo di alcool o l'obbligo del velo per le donne, che oltre tutto sono di importanza secondaria nel dibattito in corso; mentre difendono coraggiosamente i principi che il presidente aveva posto al centro della sua campagna elettorale: lo stato di diritto, le libertà pubbliche, i diritti della persona, il pluralismo, la legalizzazione di tutti i partiti fedeli alla Costituzione (pur contestando alcune delle sue disposizioni), il funzionamento del sistema del Velayat Faguih (mentre non è sotto tiro la persona del faguih, alla quale è attribuita l'infallibilità di un papa). I giornali riformisti delle diverse tendenze, quali ad esempio Sobhe Emrouz e Khordad, vicini alla presidenza della Repubblica, Salaam (organi della sinistra islamica) Nachat e Kian (sinistra indipendente), Zanan (femminista), Hamshahri (destra modernista), pubblicano i testi e le dichiarazioni dei teologi "revisionisti", che pur rimanendo religiosi conservatori sono favorevoli alle libertà.
La risposta del potere a queste sfide ha assunto forme diverse: soppressione di pubblicazioni, che subito rinascono con nuove denominazioni; arresti di giornalisti e di cronisti, che una volta liberati tornano alla carica; campagne mediatiche di intimidazione, aggressioni fisiche, minacce di morte anonime o firmate da organizzazioni fantasma, e infine assassinii, dei quali il ministero dell'informazione è stato costretto ad attribuire la responsabilità ad alcuni suoi agenti, che avrebbero agito di propria iniziativa. "L'era degli assassinii è finita", ha esclamato recentemente in un suo discorso Mohamed Khatami; e gli ha fatto eco il suo ministro dell'informazione, Ataollah Mohajerani, il quale non si stanca di ripetere che "la soppressione della censura è irreversibile". Di fatto, ha autorizzato numerose opere letterarie e cinematografiche politicamente o moralmente "scorrette", con la sola eccezione di quelle che contengono scene sensuali. Ha riconosciuto, in attesa della sua legalizzazione, l'associazione degli scrittori iraniani, notoriamente laica e di sinistra, fuori legge sia all'epoca della monarchia che sotto la Repubblica. Mohajerani ha subito una denuncia per attività "anti-islamiche" davanti al parlamento nell'aprile scorso, ed è sfuggito per un soffio alla destituzione, grazie a una maggioranza risicata di deputati che hanno votato contro la mozione di censura, certo per timore della riprovazione popolare.
Una spada impugnata dal Signore Nell'arena del confronto, un posto d'elezione è occupato dall'istituzione giudiziaria, che rientra nell'ambito riservato del faguih, e sfugge si conseguenza al controllo dei poteri esecutivo e legislativo. "La spada del giustiziere è nelle mani dei nostri avversari", è l'amaro commento di Mohamed Atrianfar, direttore di Hamshahri, il quotidiano a più alta tiratura del paese. Una spada tanto più temibile in quanto a impugnarla è il Signore. "La giustizia è di essenza divina", spiega Assadollah Badamchian, uno dei dirigenti più influenti dello schieramento conservatore. "La giustizia non trae la propria legittimità dal popolo, bensì dall'islam", precisa l'ayatollah Mohamed Yazdi, capo dell'istituzione giudiziaria. Ma molte leggi sono talmente ambigue da consentire ogni sorta di manipolazioni. La libertà d'espressione ad esempio è garantita a condizione che "non sia lesiva dell'islam", o, meglio ancora, "quando non viene utilizzata per seminare la confusione nelle menti".
Grazie allo strumentario delle leggi in vigore e ai tribunali speciali incaricati di applicarle, il potere giudiziario ha varie corde al proprio arco. Se l'opposizione considera che i "tribunali clericali" e quelli "rivoluzionari" appartengano ormai al passato, ovviamente i detentori del potere sono di parere diverso. "Contrariamente a quanto pensano certuni, la nostra rivoluzione è permanente" spiega il dr. Hassan Ghafoorifaard, membro della presidenza del parlamento, molto vicino ai conservatori; "e noi abbiamo bisogno di questi tribunali per proseguire la lotta". Quale lotta, e contro chi?
"Abbiamo il dovere di lottare contro i nemici interni ed esterni della Repubblica, e in particolare contro l'invasione culturale dell'Occidente", risponde impassibile questo fisico nucleare, di formazione statunitense, che oltre tutto occupa in omaggio alla coabitazione la carica di consigliere per l'alta tecnologia presso il presidente Khatami. Pur essendo suo avversario e potenziale rivale alle prossime elezioni presidenziali, precisa poi, è ciò nondimeno "suo amico di lunga data".

                                         continua sotto...

per leggere questo super post, della musica come sottofondo è indicata... Annie lennox- little bird

 
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