IPERBOLE

EPIGRAFE TOMBALE DI UN CAPUT PENIS


 
Marito infedele, padre spergiuro e presidente puttaniere, sedicente statista d’infima tacca, affarista spregiudicato, impunito imputato, miserabile patentato involgarito da una ricchezza ostentata con spudorata arroganza, scese in campo per cancellare l’Uguaglianza e finì per trasformare un’aula sordida e grigia in un miserevole bivacco per i suoi manipoli. Politico degenere, cambiò al banco dei pegni dei diritti negati la res publica in res privata e sulla piazza dei loschi affari  incassò conflittuali interessi da usuraio senza che alcuno gli chiedesse il redde rationem. Satrapo affetto da satiriasi senile, s’infognò nel suo delirio di onnipotenza, commissionò pluriamae leges ad personam et pro domo sua ad una torma di squallidi e zelanti manutengoli che ebbero perfino l’ardire di accreditare la menzogna sol perché così volle il loro signore e padrone il quale non a caso amava circondarsi di servi, mezzani, cortigiane e puttane. Gretto riformista, ipocrita ed egoista, prevaricò il Bene Pubblico, distrusse lo Stato di Diritto e la Pubblica Istruzione, da saccente analfabeta promosse la privata ignoranza e dall’alto della sua inindagabile ricchezza fece del meretricio la sua ragion d’essere dando a tutto e a tutti il prezzo della corruzione. Novello eversore, infettò i gangli vitali dello Stato intaccando il sistema costituzionale, instaurò la dittatura della maggioranza abusando di un potere usurpato in forza di un porcellum che lo rese ancora più porco di tutti in quella fattoria degli animali dove il regime mediatico esalò i suoi mefitici afrori con estremo sollazzo di certe vacche che affollarono notissimi lupanari dove gli allupati castroni, forse presaghi dell’imminente sciagura, si unirono al coro funesto delle prefiche troie intonando quell’inno scolpito sul marmo dell’umana insipienza il cui suono ancora riecheggia sull’erettile cippo tombale che fu: “Eri glande, glande, glande; come te eri glande solamente tu!”