IPERBOLE

PER LA PACE "VEDI ALLA VOCE AMORE"


Dopo trentatré giorni di guerra l'esercito israeliano e le milizie sciite libanesi hezbollah  hanno accettato di deporre le armi, una fragile tregua ben lungi dall'essere pace, ma è sempre meglio un instabile "cessate il fuoco" invece del quotidiano orrore che su entrambi i fronti in oltre un mese di battaglia ha seminato morte e distruzione.Combattimenti furiosi fino ad un minuto prima della cessazione delle ostilità, follia allo stato testosteronico, l'incontrollabile tempesta pseudo-ormonale di un esercito, di ogni esercito, parlo in generale (senza riferirmi in particolare a Tsahal) che farebbe certo meno danni se invece di sparare, copulasse in santa pace, come fanno tutti gli uomini e le donne di buona volontà. "Fate l'amore non fate la guerra" non può essere solo il felice slogan di pacifisti francescanamente impegnati a portare la pace dove c'è la guerra, ma credo che anche Olmert, anagrammando il quale viene fuori "morte" ( nomen omen?) si sia convinto che è sempre meglio risolvere i problemi discutendo, magari anche polemizzando, come suggerisce l'etimo greco della parola "guerra" piuttosto che affidare le proprie ragioni a chi poi ha il torto di far felici i mercanti d'armi e chi, con qualche stelletta sulle spalline, pretende di illuminare il mondo intero.Intanto se avessero discusso, invece di passare alle maniere forti, Israele oggi sarebbe più ricco e certamente meno criticato. Qui non si tratta più di essere pro o contro qualcuno, qui bisogna fare i conti con la scarna realtà dei numeri e visto che già circolano i primi approssimativi bilanci, tutti per difetto, è bene sapere che in trentatré giorni di una spropositata guerra, cosiddetta difensiva, Israele che conta appena cinque milioni e mezzo di abitanti, ha speso 4 miliardi e seicentomila euro. Non so quale sia il reddito pro-capite di un cittadino israeliano ma davanti a queste cifre due sono le cose: o c'è qualcuno che dall'esterno ha buon gioco nel finanziare queste guerre, o in quello Stato c'è una esagerata imposizione fiscale con delle aliquote tali, rispetto alle quali anche quelle del fisco italico risulterebbero di favore.  Ma non è tanto il costo economico, seppur ragguardevole che incide in un conflitto armato, quanto l'inestimabile perdita in vite umane, specie quelle derivanti dai famigerati effetti collaterali.Nel tentativo di contrastare il lancio dei razzi degli ezbollah, i raid e le incursioni israeliane in Libano oltre alla totale distruzione delle infrastrutture e alla quasi paralisi delle attività produttive libanesi (danno stimato in sei miliardi di dollari), hanno provocato la morte di 1145 civili, fra cui 300 bambini e un milione di profughi.  In trentatré giorni di guerra gli hezbollah hanno lanciato sulla Galilea 4000 razzi katyusha provocando la morte di 39 civili.Israele piange anche la morte di 117 soldati fra cui il figlio ventunenne dello scrittore David Grossman che, pur appoggiando l'intervento armato, nei giorni scorsi aveva firmato insieme ad altri intellettuali, un appello per la pace.  David Grossman ha scritto fra l'altro "Vedi alla voce amore" un titolo che suona quasi beffardo se rapportato al tragico destino di un figlio che voleva fare il drammaturgo e la cui morte giunta poche ore prima di una tregua già decisa, è ancora più assurda e inutile della guerra stessa che l'ha generata.