IPERBOLE

FRA OGNISSANTI E I DEFUNTI


Se è vero, com'è vero, che ogni giorno qualcosa muore dentro e fuori di noi, anche l'inutile affanno del vivere quotidiano si rivela per quello che unicamente è: il grande inganno ordito dal Tempo che divora senza pietà i suoi figli, generati solo per diventare polvere, nient'altro che polvere per scivolare poi come granelli di sabbia lungo la china di un'eternità che non ci appartiene.  Ancor prima del calendario, dell'umano ingegno che ha cercato di perpetuare ciò che solo in nuce reca la scintilla del Divino e di questi riti che la tradizione ha dedicato al mondo dei più, sovrapponendoli ad altri ben più antichi e radicati nell'inconscio collettivo, c'è una legge sovrana e universale, l'unica degna di essere definita tale, che governa senza emendarlo l'unico principio dal quale è impossibile transigere: quella cioè che ordina ad ogni essere vivente di nascere e di morire senza aspettare il beneplacito del soggetto interessato.Più per ventura che per caso ci si trova in questa valle di lacrime a dover spesso desiderare di non esser nati, sensazione di inadeguatezza e di inane sconforto dettati dal cupo realismo di un divenire di fronte al quale di facile, di certo e di scontato c'è solo la discesa nell'Averno. Sarà perché col passar del tempo ho perso l'entusiasmo dei giorni migliori e con quello anche la speranza di poter cambiare nel mio piccolo quel mondo che tutti ad una certa età, si vorrebbe contribuire a rendere più giusto, ma sopratutto alla luce del triste contingente che sinistramente illumina una realtà in cui non ci sono più sogni, né ideali, ma soltanto il selvaggio arrivismo prodotto dall'homo homini lupus, non rimane altro da fare che rassegnarsi senza tuttavia rinunciare a manifestare il proprio disagio e la propria arrendevole provvisorietà dinanzi al compiersi di quei "mala tempora" che con il loro esasperato corso, sembra vogliano travolgere tutto e tutti. "Campania felix" si scriveva un tempo ma se qualcuno di quel periodo dell'Antichità Classica, dovesse ora compitare sull'abbozzo di quello stesso mappale forse, considerando quel che oggi accade, cambierebbe dolorosamente idea finendo per scrivere "hic sunt leones" per dire all'antica maniera che trattasi di terre sconosciute e inesplorate, avendo purtroppo la premura e l'obbligo di allargare i confini  spingendosi ad abbracciare con la denominazione riveduta e corretta dal tragico corso degli eventi, l'intero Meridione d'Italia. Si muore e ci si sbrana per futili motivi e per sbaglio, la vita non ha più valore, è difficile fare l'abitudine alla morte, ma si muore perché qualcun altro ha deciso di essere ancora più lupo e più leone. Di reagire e di vivere con un minimo di dignità, sembra non importi più a nessuno, se non a chi ha fatto della "mors tua vita mea" il modo per imporre con la prevaricante violenza quotidiana, il proprio criminale egoismo.  Si muore a Napoli, a Bari, a Reggio Calabria, a Palermo, si muore per una guerra in cui lo Stato ha da tempo abdicato, di proclami e di buone intenzioni sono lastricate le fosse e le lapidi dei cimiteri che una volta l'anno diventano il luogo della memoria e dell'oblio. Insieme a certi monumenti alla memoria che "lo Stato grato pose per il sacrificio dei suoi servi che immolarono la propria vita per... " Per che cosa, mi domando, dinanzi ad una classe politica che ha fatto dell'impunità, dell'immunità e dell'indulto il proprio cursus honurm?Se non c'è la certezza delle pene, non può esserci neanche la certezza dei delitti e se i mammasantissima, i rais, i boss, gli imputati eccellenti trovano quasi sempre il modo di non pagare le loro pendenze giudiziarie, anche la bassa manovalanza di un crimine che alligna nel disagio sociale, si sente autorizzata a delinquere, tanto prima o poi c'è sempre un condono, un indulto, dei legulei sempre pronti a cavillare, ma sopratutto c'è una classe politica compiacente che pur di mantenere lo "status quo" è capace di scendere a patti col diavolo. Aspettativa e percezione dell'impunità, scambio di favori, connivenze, il perverso gioco delle parti in cui le mafie hanno sempre trovato l'humus adatto per seminare e raccogliere a piene mani. Dove non si muore per la cieca violenza dei clan e delle varie camorre, ndranghete, sacre corone e mafie varie, si viene lentamente uccisi dall'indifferenza, dal pressappochismo, dall'atavico fatalismo, dalla sciatteria di una classe politica che ha sempre considerato il Sud come una terra di conquista, un'appendice, una palla al piede come in certe vignette di un intollerante partito nordista, una terra al più da sfruttare al pari di chi vi abita, un ottimo serbatoio di voti,  di clientele e di laudatores per una destra e una sinistra senza più ideali che in queste lande desolate raccolgono con l'inganno suffragi e consensi. Quanti imprenditori del Nord avendo il know-ow giusto sono scesi al Sud per investire, usando i soldi dello Stato, ma una volta incassati i finanziamenti sono spariti con tutta la "cassa del mezzogiorno" !Qui vige ancora un detto che in vernacolo recita "ci ole Dio e fazza Dio" una passiva accettazione dell'ineluttabile che, per esempio, a seconda delle circostanze, diventa "se Dio vuole" troverò un lavoro, per poi aggiungere quando quella speranza sfuma "pazienza, sia fatta la volontà di Dio" ma il Buon Dio naturalmente qui, come in altre vicende del libero e umano arbitrio, si guarda bene dal dire la sua, sono sempre gli uomini ad essere gli artefici mancati di una rinascita sociale e di un risveglio morale che purtroppo tardano ad arrivare.La mia non è "suditudine" malinconica presa d'atto del fallimento di una primavera che corre verso l'autunno di un luogo in cui le speranze cadono come foglie secche ma, fiera sudità (mai sudditanza), ovvero l'orgoglio di essere figlio di un Sud che nonostante tutto fra mille difficoltà, riesce a procedere senza mai piegare la schiena.