IPERBOLE

CIAO, ANDREA


                                   
Aveva scelto una fredda e piovosa giornata di fine novembre per volare giù dal quinto piano. Affidando alla pioggia le lacrime di una vita vissuta a metà, scelse il modo più drammatico per uscire di scena, un suicidio nel più teatrale dei luoghi: il complesso monumentale di un esclusivo quartiere borghese in cui abitò fino a quando non si seppe che lui aveva contratto l'aids. Il pregiudizio, l'indifferenza e l'emarginazione lo marchiarono a fuoco, andò ad infoltire i nuovi "untori" della peste del 2000, passò da un ospedale all'altro; sapeva tutto dell'hiv, dell'azt e dei retrovirus.  Per un po' si convinse di potercela fare.  Cominciò a frequentare associazioni di volontariato e a tenere conferenze, parlò di prevenzione, dell'importanza del test anti-hiv e dell'uso del preservativo; invitò a non sottovalutare la gravità e il rischio di contagio; spiegò che "un sieropositivo non doveva essere confinato nel lazzaretto in attesa dei monatti". All'inizio ebbe l'affetto dei suoi cari, quando però venne meno anche quel po' di calore umano, la sua condizione di "appestato" lo condusse quasi per mano nella depressione più nera. Improvvisamente si rese conto di non avere più futuro, nessuna speranza di guarigione, era diventato un terribile caso clinico dalla prognosi infausta. Era solo questione di tempo. E' solo questione di tempo, andava ripetendo. Si sentiva un "morto che cammina" una condanna forse più insostenibile della stessa colpa. Per dare più enfasi ad un gesto estremo, reso ancor più intenso da una stringente attualità che una volta l'anno si ricordava di quelli come lui, decise che il 30 novembre, giorno del suo onomastico, sarebbe stato il giorno del suo addio.Il giorno dopo avrebbero parlato anche di lui. Quattro righe in nera per un suicidio non si negano a nessuno.Un tonfo sordo sul selciato, la vita che si spegne in una pozza di pioggia rossa, l'inutile sirena dell'ambulanza, l'arrivo trafelato di noi monatti. Forse Andrea, ci vide mentre cercavamo inutilmente di ripristinare quel battito che l'aveva aiutato a volare, quell'alito di una vita vissuta in bilico era spirato nel soffio di un attimo. Aspettava solo che qualcuno pietosamente gli chiudesse almeno le palpebre e recitasse per lui una preghiera di perdono e di pace.                                                                                         Ciao, Andrea.