IPERBOLE

UN PIZZICO DI RASSEGNAZIONE


               
Aspettando il partito democratico, un ibrido geneticamente modificato che non è né carne né pesce, mi chiedo se abbia ancora un senso scrivere e parlare di politica, già sapendo che il prevedibile aborto del partito in gestazione renderà ancora più forte una “casa” in cui il dominus continua indisturbato ad ampliarla, pro domo sua. Deluso? Proprio no, forse rassegnato, anche perché ci aveva pensato lo stesso dominus, l’ex presidente del consilvio con quella porcata di legge elettorale da lui fortemente voluta per rendere ingovernabile questa povera Italia, a prepararmi alla recente, prevedibile disfatta elettorale (la prima di una lunga serie) che ho vissuto solo di riflesso assistendo, mio malgrado, alla comprensibile soddisfazione di silvio & c. che, in verità non hanno fatto assolutamente niente per vincere.Il merito della “vittoria” delle destre è da attribuirsi unicamente al “governo delle tasse” alla draconiana cura tutta “lacrime e sangue” prescritta dal prof. padoa “stroppia” che ha somministrato una terapia da cavallo, senza riuscire a dosare “costi e benefici” ad un paese popolato di asini dalla memoria corta, anzi cortissima, che ha già dimenticato l’artefice unico della bancarotta morale e materiale nella quale si dibatte, giungendo finanche a premiarlo e ad  invocarne il ritorno.Un tanto peggio, tanto meglio che sa tanto di cupio dissolvi!Il populismo selvaggio predicato dai cosiddetti “salvatori della patria” che agitano il ricorso alla piazza sfruttando il malcontento popolare, è alla base di ogni deriva antidemocratica, l’arroganza e la demagogia con cui silvio e i suoi manutengoli reclamano il potere in nome di un’investitura di là da venire, seppure anticipata da una tornata elettorale amministrativa parziale, la dice lunga sulle “migliori” intenzioni che animano il teleimbonitore, fresco vincitore della coppa dei campioni (usata come specchietto per le allodole e per gli allocchi) nuovamente ansioso di scendere in campo per sgambettare e anticipare quantomeno quell’altro pericoloso concorrente confindustriale su di giri che i soliti sondaggi danno in pol position su di un cavaliere piuttosto imbizzarrito e infastidito dall’arrivo di un terzo incomodo al quale il cuneo fiscale, benché atteso e reclamato, ha dato alla testa.Il “montezuma” versione turbo, il cui eloquio flente, irriconoscente, vendicativo e diarroico ha recentemente intasato le cloache dei pennivendoli e dei politologi italioti, oltre ad essere la massima espressione di un capitalismo straccione e impresentabile che privatizza gli utili e statalizza le perdite, oltre a vivere di rendita e sugli allori di vittorie tutt’altro che sudate, oltre a guadagnare sette milioni di euro l’anno senza contare altri introiti derivanti da plus valenze e stock option, oltre a sedere in decine di consigli di amministrazione, vanta la presenza in famiglia di un principe delle chiesa cattolica.Aspetto non trascurabile, dinanzi al quale anche il potente cavaliere del biscione, sa di non poter competere, a mano che non riesca nel frattempo a “comprare” anche una berretta cardinalizia per uno della sua schiatta come un tempo usavano fare i signorotti medievali ansiosi di annoverare fra i ramoscelli del loro albero genealogico un porporato che poteva sempre tornare utile, come nel caso presente, per scalare le vette del potere.Il conte luca cordero di montezemolo ha un fratello cardinale e con i tempi che corrono, il rosso porpora ancorché simbolo di una nobiltà decadente e decaduta, è un valore aggiunto dinanzi al quale anche quelli “non negoziabili” o spacciati come tali diventano miseramente relativi, ma sempre buoni, comunque, per essere gettati sul piatto della bilancia concedendo ad un altro “unto” del signore di scendere in pista avendo alle spalle la rombante scuderia pontificia e i quarti di una nobiltà dinanzi a cui il popolo bue si inginocchia deferente.Quel che ormai più conta non è l’etica della responsabilità personale alla quale confarsi rimettendosi alla propria coscienza (ammesso e non concesso che in certi ambienti si possa ancora parlare di coscienza) prim’ancora che al giudizio degli elettori che dovrebbero almeno conoscere l’etimo del termine “candidato”.Quel che più conta non è la visione della politica intesa come “servizio” ma la capacità truffaldina che certi impostori hanno nel circuire le masse distribuendo “panem et circenses” obnubilando le menti con una propaganda in cui da una parte c’è il voto di scambio, il do ut des, il potere come mezzo usato per incrementare e salvaguardare i propri interessi in cambio di favori più o meno leciti, dall’altra l’inaffidabilità di una classe politica autoreferenziale e inefficiente, incapace “di ascoltare la gente” come si dice oggi, che non agisce “nell’esclusivo interesse della Nazione” bensì in quello del proprio orticello trovando anche il modo di crogiolarsi al sole dei privilegi e delle immunità.Il lascito del malgoverno berlusconi si riflette sull’incapacità del governicchio di romano di dar corso alle promesse rimaste sulla carta di quello che rimane un mattone di 180 e passa pagine che va sotto il nome comune di programma dell’unione, se non ricordo male il titolo era: “Per il bene dell’Italia”.Ora, a distanza di un anno, vorrei che mi si dicesse quante di quelle promesse sono state realizzate “per il bene dell’Italia” e quante di quelle sono state messe in cantiere, sempre “per il bene dell’Italia”.L’indulto, per esempio, seppure non fosse fra i punti programmatici, non è stato certo pensato “per il bene dell’Italia” ma per quello, inqualificabile come bene, di un ristretto manipolo di corrotti, uno dei quali ancora siede indegnamente in Parlamento con la complicità dei suoi onorevoli colleghi che non hanno alcuna intenzione di cacciarlo con l’ignominia e l’urgenza che il caso richiederebbe.Così come lo stesso tfr, interpretato come uno “scippo” dai lavoratori, nel nome di una previdenza integrativa che fa felici soltanto banche e compagnie assicuratrici, per non dire dei sindacati, ansiosi di trasformarsi in “sim” per gestire fondi e quant’altro, dubito che il trattamento di fine rapporto sia stato loro “scippato” per il bene dell’Italia.Per non parlare dell’extragettito fiscale, il “tesoretto”.Buon senso vorrebbe che sia destinato a risarcire le fasce sociali più deboli che hanno pagato sulla loro pelle un risanamento dei conti pubblici di cui altri meneranno vanto.Fra i punti prioritari del programma c’erano, fra gli altri, l’abolizione delle “leggi vergogna” la regolamentazione del conflitto di interessi e la riforma del sistema radiotelevisivo, argomenti molto sensibili perché toccano il nervo scoperto di una democrazia incompiuta e bloccata, facilmente manipolabile dall’impero mediatico di un tycoon senza scrupoli che ha dimostrato quale potenza di fuoco, in chiave di consenso elettorale, può avere una gioiosa macchina da guerra come la sua della quale egli è l’indiscusso deus ex machina.Al signor belusconi silvio, parlamentopulito.com ha conteggiato 374 società, molte delle quali giocano un ruolo decisivo nella formazione del consenso e della presa popolare per il podice.Le democrazie più avanzate, per prevenire un vulnus estremamente pernicioso per la sopravvivenza della stessa democrazia, hanno legiferato in modo tale da impedire ai proprietari di considerevoli patrimoni finanziari di “scendere in campo” non prima di essersi sbarazzati di un fardello così compromettente per il Bene comune, prevedendo l’incompatibilità fra cariche di governo e proprietà personali: cosa ben misera, in verità, facilmente aggirabile con qualche prestanome che, nel caso del nostro, già provvede ad aggirare “la legge Mammì”.L’ideale sarebbe l’ineleggibilità tout court, stante la condizione di estrema ricchezza in cui vengono a trovarsi questi imprenditori dell’antipolitica, i quali interpretano la politica come un hobby, uno sfizio da togliersi al pari di mille altri, dando così libero sfogo ad una megalomane concupiscenza che non conosce limiti.Visto lo scenario e i vari personaggi che aspirano a calcare le scene, sarebbe cosa buona e giusta metter mano ad una seria regolamentazione del conflitto di interessi, prevedendo per l’appunto l’ineleggibilità assoluta che renderebbe meno vulnerabile una democrazia immatura e bloccata come la nostra, in balia dei vari poteri forti (siano essi lo zio sam o herr ratzinger o altre oligarchie più o meno deviate e coperte) che a giorni alterni saccheggiano quelle poche risorse ancora rimaste nella disponibilità di uno Stato sempre più considerato il participio passato del verbo essere.Sai quanto se ne frega uno che è nato con la camicia, di un altro che è nato senza?Altro che “spirito di servizio” altro che interesse generale!Se queste sono le premesse, e le promesse non mantenute ( il governicchio del “re travicello” non arriverà a fine legislatura) non ci vuol molto a capire che l’Italia ha un futuro di repubblica “monarchica” a conduzione familiare in cui le elezioni saranno solo un pura formalità per sancire una successione dinastica che si trasmetterà di padre in figlio.Cosicché dopo silvio regnerà piersilvio con la benedizione e il placet di chi ha sempre guardato con benevolenza gli uomini della “loro” provvidenza.