Sessantaquattro son le case, di avorio trentadue e di ebano altrettante. Da fronte a fronte in doppia fila e schiera stanno, sedici son quelli di bianco segnati e di egual numero son quegli altri di nero vestiti. Quattro son le torri come i punti cardinali, quattro ancor di balzo i destrieri stanno. Di egual cifra l’alfier vessillo in diagonale moto. Due le donne che regine sono, volubili, potenti e mobili alquanto. Di ostacoli sovente il lor cammino è scevro e spesso in sol due mosse qualsivoglia meta loro arride. Sedici i pedoni, avanzar soltanto possono, arretrare mai. A difesa come gli altri stanno di un bianco e nero re che di scacco sottomesso in turrito arrocco chiude o in un perpetuo pari, ma che alfin matto è. Degli scacchi la vita è specchio dal pozzo la luna cade nel secchio. Pezzo toccato, pezzo mosso: di errare più non posso.