IPERBOLE

IN ATTESA DELLO SPARVIERO, L'IPOCRISIA REGNA SOVRANA


 
Una delle note caratteriali della “gente dipinta”, così il Sommo amava definire i sepolcri imbiancati, alias gli ipocriti, è quella di attribuire ad altri, infingimenti, colpe e difetti che, invece, sono di loro esclusiva pertinenza e perciò intimamente connaturati, per esempio, al torbido carattere del fariseume imperante e del clericalume trionfante, tutta gentaglia falsamente perbene che in Italia ogni giorno celebra l’arte del trucco e dell’inganno con l’arrogante sicumera derivante loro dall’inveterata convinzione che, purtroppo, niente e nessuno avrà mai l’ardire di scrostare quella patina di invereconda protervia e falsità dietro cui la menzogna e l’ipocrisia regnano sovrane.Tanto per dire: quando sento il duce-presidente del gran consilvio e i suoi untuosi gerarchi, riversare sugli avversari l’accusa di essere “eversori e fascisti” (inverosimile manifestazione di quel “fascismo” strisciante e militante, di cui silvio e i suoi camerati sono in realtà l’espressione patologia più evidente), è come se il cornutissimo bue chiamasse cornuto l’asino.Idem quando sento gli ayatollah catto-vaticani esprimersi in modo alquanto contorto e contrario al buon senso e al diritto naturale per imporre, come sempre, a suon di precetti e anatemi, la loro strabica morale dogmatica ad un gregge che, tanto per dire, anche in punto di morte deve chiedere ai clericali parassiti il permesso di morire: blaterano di eutanasia e di accanimento terapeutico, paragonano il coma alla vita ed hanno un’idea così sadica e innaturale dell’esistenza e della sofferenza (altrui) da portare gli inverecondi accattoni dello spirito a definire “vita” lo stato vegetativo permanente, con la risibile motivazione che “la vita è un dono, la vita è sacra e solo Dio può toglierla”.Mi chiedo allora perché il catechismo della chiesa cattolica giustifica la pena di morte, mi chiedo perché benedicono i criminali guerrafondai mascherati da statisti, i mercanti di armi e le “banche armate”, le guerre e le crociate e permettono che la gente muoia di fame, proprio loro, riccastri fra i riccastri, epuloni fra gli epuloni, che hanno reso la carità e la povertà funzionali ai loro sporchi interessi di bottega, lasciando al Lazzaro di sempre solo le briciole e, a volte, neanche quelle occupati come sono a speculare sui bisogni della povera gente e a far quadrare un bilancio che, grazie a Dio, quest’anno si è chiuso in rosso.E sapete perché? Perché hanno investito in dollari invece che in euro!Ne parlerò più approfonditamente in uno dei prossimi post.Mi domando ancora perché questi zeloti opportunisti, i “ruminanti” dell’assoluto, che al re ligere preferiscono il re legare, non abbiano manifestato lo stesso fideistico fervore, quando il paziente karol wojtyla pronunciò con estrema ed umana dignità il suo “nunc dimittis” chiedendo e ottenendo di non essere più torturato con degli inutili “palliativi” che ne avrebbero solo prolungato l’agonia senza per questo migliorare le precarie condizioni di vita né posticipare di molto l’exitus finale da molti sentito come una liberazione.Sia nel caso del defunto papa-re che in quello di Eluana c’è di mezzo un sondino naso gastrico, solo che in entrambi, come nel caso di Welby e di altri, la setta catto-vaticana ha applicato due pesi e due misure, così come d’altro canto impone la clericale ipocrisia, tanto che al “regio” criminale pinochet viene celebrato un funerale religioso officiato da un branco di prelati, mentre a quel povero cristo di Welby vengono negate le esequie religiose per una ripicca teologica che invoca l’implacabile giudizio di Dio su camillo ruini e sulla corrotta chiesa dei papi, magna meretrix, verso cui suona attualissima l’invettiva di Dante: “Di voi pastor s’accorse il Vangelista, quando colei che siede sopra l’acque puttaneggiar coi regi fu vista…Fatto v’avete dio d’oro e d’argento e che altro è da voi a l’idolatre, se non ch’elli uno, e voi ne orate cento? Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, non la tua conversion, ma quella dote che da te prese il primo ricco patre!”    Ma non sono certo il censo, la nascita, gli oboli, le indulgenze, la cosiddetta benedizione dei preti o una spruzzatina di acqua santa e un po’ d’incenso che aprono le porte del paradiso. Ci vuole ben altro e quel Ben altro, spesso abita fuori dalle chiese e rifugge dai falsi moralismi predicati dai sepolcri imbiancati che puttaneggiano coi regi e si comportano come se anch’essi fossero re.  Ho letto delle vere e proprie assurdità a proposito dell’alimentazione enterale e parenterale (come se lo stimolo della fame o della sete fossero ancora presenti e percepiti come tali da un organismo che si rifiuta finanche di vivere, un organismo senza alcuna possibilità di recupero in cui ciò che rimane del sistema neuro-vegetativo non riesce nemmeno ad assicurare le minime funzioni vitali) e non capisco perché la morte di una ragazza debba essere meno dignitosa di quella di un papa al quale il sondino naso gastrico venne rimosso senza adire le vie legali e senza scrupoli di sorta da archiatri che poi hanno anche affermato di aver agito secondo scienza e coscienza.Questi moralisti da strapazzo, invece di sputare sentenze, dovrebbero sostare per soli cinque minuti in un qualsiasi centro di rianimazione e provare a mettersi nei panni di chi ha la sventura di terminare i suoi giorni combattendo lungo quel labilissimo confine della “non vita” in cui a vincere è quasi sempre “sora nostra morte corporale da la quale nullu homo vivente po’ skappare” ma, come diceva mia nonna, chi è nato con la camicia, mai e poi mai si metterà nei panni di chi è nato senza. E in questo distillato di saggezza popolare c’è tutta una filosofia di vita in cui “ciole Diu” (se Dio vuole) le cose andranno per il verso giusto, diversamente: “fazza Diu” (così ha voluto Dio) secondo una tacita accettazione di un destino disegnato dal Fato, dove l’uomo, checché ne pensino ratzinger e silvio, recitano un ruolo molto secondario.Volendo apparire per quelli che non sono, sia il clericalume che il fariseume nostrani, amano celare la loro perfidia mostrando una rispettabilità e un perbenismo di “sola” facciata a mala pena nascosti da una maschera che ne occulta le vere sembianze, tanto che questi incalliti cultori della menzogna, per la legge del contrappasso e secondo la visione dantesca, quando passano a miglior vita, vengono condannati a sfilare in tondo e in fila indiana “taciti, soli, sanza compagnia” con indosso delle pesanti cappe di piombo esternamente luccicanti e dorate a ricordo di quel che in vita vollero sembrare senza naturalmente esserlo.Mi sembra di vederli già ora questi pagliacci imbacuccati da pesanti piviali che già ora sfoggiano mise carnevalesche al similoro, camauri, bandane e panama, si truccano come vecchie bagasce, calzano scarpette rosse e tacco tredici rinforzato, fanno il trapianto autologo dei bulbi piliferi prendendoli da dove non batte mai il sole, vestono rigorosamente di nero (o di bianco) rispolverando un guardaroba che evoca periodi bui per la democrazia in cui anche l’habitus ne celebrava (e ne certifica) il lutto e, di certo, non fa il monaco.Dante incontra gli ipocriti nella sesta bolgia dell’ottavo cerchio dell’inferno (e dove sennò) dove, nelle restanti bolgie, sono collocati i ruffiani, i lusingatori, i simoniaci, i barattieri, i ladri, i consiglieri fraudolenti, i seminatori di discordie e i falsari.Tutto un campionario di lercia umanità accomunata dal costituire la più parte di quelle che per essere delle caste, dei circoli tanto corrotti e viziosi quanto onorevoli e reverendi, hanno fatto dell’inganno, della truffa, della simonia e della menzogna la loro ragion d’essere, il loro principio di ragion sufficiente; mi riferisco naturalmente ai politici e ai preti dei quali è universalmente nota l’innata ipocrisia e la naturale propensione ad imbrogliare il prossimo sentendosi investiti di un potere, a sentir loro, esercitato nel nome di Dio e del Popolo, entità volubili quanto mai, sovente Entrambi presi a pretesto per portare acqua al mulino del silvio e del ratzinger di turno.E’ sufficiente dare uno sguardo distratto all’attualità per rendersi conto che dai tempi di Dante nulla è mutato, il copione è sempre il solito: una compagnia di guitti, nani e ballerine continua a rappresentare quel misero e spregevole affollarsi di esseri umani intorno alla “bestia trionfante” o al più attuale “caimano” o alla “iena ridens” che rappresenta pur sempre l’altra faccia, forse quella più sporca e mostruosa, ancorché travisata e imbellettata da uno spesso strato di cerone, del machiavellico potere esercitato esclusivamente pro domo sua.  E se qualcuno, in attesa della gogna, dello sparviero e della sesta bolgia osasse metterli alla berlina, così come meriterebbero a ragione del loro comportamento, delle loro azioni, opere e omissioni, ecco pronta l’accusa di vilipendio, di offesa all’onore e al prestigio.E pazienza se ogni giorno quegli stessi pagliacci sovversivi, ubriachi di potere e travestiti da statisti, calpestano i principi fondamentali di uno Stato (Ahi, serva Italia! “repubblica delle vongole” la definiva un grande meridionalista) l’onore, la dignità e il prestigio dei comuni mortali i quali, di questo passo, si troveranno a rispondere anche del reato di lesa maestà. Comuni mortali? “Comuni” sa troppo di rivoluzione francese e di comunismo, meglio abolirli, come le Province, proprio come voleva mussolini.Si nominino, piuttosto, dei podestà o dei commissari ad acta, così come hanno fatto per l’emergenza Rom; si aboliscano le garanzie costituzionali e le elezioni, così come hanno fatto con il voto di preferenza, tanto che oggi abbiamo (abbiamo?) hanno eletto un parlamento suinamente generato da una porcata, nominato dai partiti (case di in…tolleranza) e ostaggio di un presidente del consilvio, imputato impunito, che presiede l’esecutivo come se fosse un consiglio di amministrazione in cui, essendo egli il maggiore azionista, può tranquillamente instaurare la dittatura della maggioranza e, magari, contrattare uno scambio di azioni, secondo la consolidata prassi del do ut des: io premier rinuncio alla norma salva premier (fatta salva la clausola salva-preti) e tu mi dai il lodo-alfano, alfine di garantire l’immunità del premier.Volete incassare la stock option della riduzione fiscale, come da promessa elettorale?Non se ne parla prima del 2013, a meno che non la barattiamo con il pacchetto azionario del federalismo fiscale, così che in alcune Regioni, le tasse forse scenderanno e in altre saliranno, come certi listini azionari in mano a profittatori che si fanno anche chiamare “onorevoli”.Nel frattempo vogliate gradire un po’ di fumo negli occhi gustandovi la “robin tax” dell’erremosciante tremonti, quello della finanza creativa e dei paradisi fiscali, il quale poteva risparmiarsi il ricorso ad un anglicismo (vedasi la traduzione di robin) che potrebbe anche nascondere l’intenzione di mettere una tassa sull’uccello o sulla passera.   Come al solito nella manifestazione di Piazza Navona, il regime mediatico ha inquadrato il dito della satira e occultato la luna del potere (corrotto e temporale) per nascondere le vergognose pudende di un re (o di due?) nudo quanto mai, al quale i suoi manutengoli, le sue cortigiane, hanno regalato le foglie di un lodo che per essere sinonimo di caco, non certo di arbitrato, va ad aggiungersi a quella montagna di merda che sono le plurimae leges ad personam ponzate e cucite a misura di sua r…emittenza, il quale, in tal modo, si ritroverà sullo stesso piano del papa re, la cui persona in Italia è considerata “sacra e inviolabile”.Dante mandò all’inferno Bonifazio VIII, un papa re, politico avido e ambizioso, che con la plenitudo potestatis affermava la supremazia della chiesa sulle potestà laiche; non solo, il papa pappone pensava che la chiesa per mandato divino fosse al di sopra di tutto e di tutti, super reges et regna, perciò libera di ingerire negli affari interni di qualsivoglia Stato, esercitando un potere espresso dalle due spade (più chiari di così!) della bolla Unam sanctam. Alla chiesa dei papi, secondo bonifazio, spettano due poteri, spirituale e temporale, da esercitarsi ed imporre in contemporanea, con “le due spade” una, quella spirituale, brandita dalla mano dei preti, quella temporale invece deve essere impugnata dai re e dai militari sempre e comunque con il beneplacito e la supervisione dei preti, pro “ecclesia, manu regum et militum, sed ad nutum et patientam sacerdotis”. Alias, il potere civile è distinto dall’ecclesiastico, ma ad esso è subordinato.Cavour è ancora lontano e oggi è praticamente sparito, cancellato dal ritorno in auge del clericalume imperante del quale il politico ratzinger ha rispolverato anche vestimenti e finimenti.Quando c’è di mezzo l’immagine, “la gente dipinta” si trucca fino a rasentare il ridicolo!  Dante condannò bonifazio per le stesse ragioni per le quali martedì scorso Sabina Guzzanti ha mandato all’inferno papa ratzinger: l’ingerenza nella politica, la presunzione di poter esercitare con “le due spade” di bonifacio, un potere nel nome di un dio che, se non erro, affermò che il suo “Regno non è di questo mondo”.Mi verrebbe voglia di mandare le signorie loro illustrissime nel paese che tutti sanno, lo faccio volentieri e, magari, gli dedico anche una poesia di Paul Eluard il cui incipit “Odio i preti…” con tutto quel che segue è il modo migliore per sottolineare quanto un certo modo di intendere il potere sia ormai radicato in un Paese dove anche “l’immondizia” fa la sua porca figura nell’harem di un sultano ossessionato dai giudici e dalla fregna che ha fatto dell’impunità e della fogna il suo cavallo di battaglia.Tutte “doti” che vellicano le fantasie, il pecoreccio e gli appetiti inappagati del popolo bue, sempre più distratto da un regime marchettaro e da trivio, in cui il puttanesimo è diventato manifesto, religione di stato e trasforma i leccaculi in cavalier serventi e le soubrette in ministri.A proposito di manifesto, come oggi, settanta anni fa, furono promulgate dal regime fascista di benito mussolini le leggi razziali contro gli Ebrei. La svolta razzista dell’Italia di mussolini fu ufficialmente annunciata il 13 luglio del 1938 con un documento teorico “il fascismo ed i problemi della razza” meglio noto con il titolo di “Manifesto degli scienziati razzisti” che, tra l’altro, mise fascistamente al bando studiosi ed allievi ebrei dall’università e dalla scuola italiana.Scorro solo i capoversi di quegli enunciati dottrinari: “esistono grandi razze e piccole razze…il concetto di razza è concetto puramente biologico…la popolazione dell’Italia attuale è nella maggioranza ariana e la sua civiltà ariana…è tempo che gli italiani si proclamino francamente razzisti…è necessario fare una distinzione fra i Mediterranei d’Europa (Occidentali) da una parte, gli Orientali e gli Africani dall’altra…gli ebrei non appartengono alla razza italiana…Mi rifiuto di leggerli integralmente, ritrovo in essi l’eco di affermazioni legaiole (calderoli: “alcune razze sono naturalmente predisposte a delinquere”) ritrovo in essi l’impronta di certi provvedimenti legislativi adottati recentemente dal malgoverno berlusconi nei confronti degli extracomunitari e dei Rom in particolare: un nuovo manifesto della pura razza ariana-italiota.Forse essendo fascisti dentro e fuori, gli attuali governanti si sono ispirati alle leggi di settanta anni fa, ed ecco quindi le schedature dei Rom con etnia di riferimento e religione professata, le impronte digitali prese finanche ai bambini in violazione dei Diritti fondamentali dell’Infanzia e della Convenzione internazionale dei Diritti dell’Uomo.Roba che solo un malgoverno fascista, razzista e xenofobo poteva avviare. Non per niente, incuranti dell’accusa di discriminazione razziale e della bocciatura rimediata in sede europea, hanno bollato come “indegna” l’accusa di razzismo, facendo sapere di voler andare comunque avanti con il censimento-schedatura; un modo come un altro per ripetere: me ne frego!Al di là degli aspetti più controversi, come la schedatura forzata dei Rom e il prelievo delle impronte digitali su base etnica anche ai bambini, a preoccupare il Parlamento europeo è stata  la base giuridica utilizzata dal governo italiota per intervenire nei campi dei Rom. Infatti, per poter sospendere alcune delle più elementari garanzie democratiche a difesa dei diritti individuali, il malgoverno berlusconi ha addirittura invocato, per la durata di un anno, lo stato di emergenza (emergenza-Rom) previsto dalla legislazione sulla protezione civile che scatta solo nel caso di calamità naturali o di catastrofi. Tanto per capirci, si tratta della normativa che consente di introdurre il coprifuoco e la legge marziale nell’eventualità di terremoti o di alluvioni per impedire il verificarsi di atti di sciacallaggio: difficile stabilire una proporzione tale da renderla applicabile anche all’emergenza-Rom, che di certo non rientra fra le “calamità naturali”.Probabile che per qualcuno lo sia, sostengono che li schedano per aiutarli a non delinquere e intanto li ghettizzano. Comunque sia, pure in questo caso l’ipocrisia comportamentale è rivelatrice di un modo di essere che trova in generale apparente giustificazione nel salvaguardare la sicurezza e l’ordine pubblico, anche se poi tutto dimostra che le motivazioni sono ben altre (sfuggire al giudizio degli uomini, evitare di essere processati, per esempio)  con una morale della favola che mi riporta nuovamente al Canto XXIII dell’inferno, quello dedicato alla sesta bolgia dove, per l’appunto, è punita l’ipocrisia.Dante cita Esopo e la favola “de la rana e del topo”. La racconto brevemente.Avendo un topo chiesto aiuto ad una rana per attraversare un fiume, essa legò una zampa del topo alla propria fingendo così di accontentarlo, però quando fu nel mezzo della corrente, si tuffò sotto col chiaro intento di affogarlo. Lo sventurato topo, gonfio d’acqua morì e galleggiava attaccato alla zampa della rana. Intanto uno sparviero, che dall’alto aveva scorto il topo sulla superficie dell’acqua, scese giù a ghermirlo. Ma la rana, legata al topo, gli tenne dietro e lo sparviero fece di entrambi un sol boccone.Morale della favola: “Anche chi è morto ha la forza di vendicarsi; la giustizia divina, infatti, che tutto sorveglia, pesa ogni azione sulla bilancia e ne rende un uguale contraccambio”.